Da qualche tempo partecipo con un banchetto ai mercatini per hobbisti.
Vendo, insieme a un amico restauratore, oggetti vintage e piccolo mobilio restaurato.
Al di là del risultato economico, è davvero un’esperienza interessante, un’immersione profonda in un mondo parallelo, abitato da persone e personaggi di tutti i tipi.
In quei lunghi week end trascorsi ai bordi delle strade ho conosciuto molte persone, condiviso lunghe chiacchierate affrontando i temi più diversi, scambiato informazioni, mangiato ottimi cibi locali, goduto di bei centri città chiusi al traffico.
Insomma, ogni mercatino è un’immersione nella società, non quella dei numeri o della televisione, non quella dei libri o dei proclami politici. Ogni mercatino è un’immersione nella società reale, fatta di carne, ossa e desideri.
Anche il 18 settembre scorso mi sono alzato di buon’ora, ho caricato la macchina e sono partito per trascorrere un’ultima domenica d’estate un po’ speciale.
Sono arrivato in piazza alle 7:30.
Mi sono messo in fila con gli altri per farmi assegnare la mia piazzola.
Arrivato il mio turno, mi hanno mostrato il posto in cui avrei potuto montare il mio banchetto, ottima posizione all’angolo tra la piazza e la via principale.
Prendo la macchina e inizio a scaricare il mio materiale.
Alla destra del mio spazio si era già installato un ambulante tunisino con la sua merce: oggettistica varia, grandi tegami di rame, vecchie scarpe… insomma oggetti diversi, raccolti qua e là.
Poco dopo, arriva anche la vicina che si installa alla nostra sinistra.
Una bella ragazza dell’Est Europa, giovane e molto contenta di essere lì.
Il suo compagno l’aiuta a montare un appendi abiti sul quale attacca una serie di magliette firmate, su un tavolo mette in mostra una serie di collane di diverso tipo e valore e, per terra, appoggia alcune scarpe e un paio di scarponcini, anch’essi di marca.

La giornata è lunga, per cui tra un cliente e l’altro, scambio qualche domanda con i miei due vicini e ne nasce una specie di intervista doppia che mette in luce due diversi mondi, due diversi modi di vivere l’immigrazione nel nostro paese.

Come ti chiami?
Maria
Da dove vieni?
Dalla Moldavia
Da quanto tempo sei in Italia?
Da tre anni, anzi da tre anni e qualche mese.
Come mai sei venuta in Italia?
Avevo bisogno di un lavoro e sono venuta per fare la badante. Un’amica di famiglia era qui da un paio di anni e mi ha trovato una famiglia che aveva bisogno. È stata una bella esperienza ma per fortuna è finita.
Adesso di cosa ti occupi?
Faccio la mamma! Mi sono fidanzata con un uomo italiano e abbiamo un bambino di sei mesi. Per ora non faccio più la badante, vivo con il mio fidanzato.
Fai spesso mercatini?
No, no! Questo è il primo. Di solito le cose che non uso più le mando in Moldavia ma alcune le ho tenute e ho pensato di venderle qui. Non so come andrà, vediamo. Qualche euro in più non fa male. Speriamo che continui meglio di come è iniziato.
Perché, cos’è successo?
Quando ero in fila c’erano delle persone che parlavano e ho sentito che se la prendevano con me. Ci sono delle persone cattive, appena vedono che sei straniera pensano male. Poi ci sono le persone gentili come te.
Ti manca il tuo paese?
[Pausa] Un po’ mi manca. Mi mancano certe zone di montagna, la casa dei miei nonni, la musica moldava. Mi mancano le mie amiche. Però sono contenta di essere qui, anche l’Italia mi piace molto. Sono stata molto fortunata, non mi è mai successo nulla di grave, ho sempre incontrato delle persone gentili, ho sempre lavorato.
In cosa ti senti italiana e in cosa, invece, non ti identifichi con questo paese?
Sinceramente, non mi sento italiana. Mi sento una moldava che vive in Italia. Forse qualcosa è cambiato da quando è nato mio figlio. Lui è sicuramente italiano perché è nato qui e crescerà qui. L’Italia sarà il suo paese, chissà cosa penserà della Moldavia.
Secondo il tuo punto di vista, c’è un problema immigrazione in Italia?
Sì, secondo me c’è. Troppe persone che vengono qui senza sapere cosa fare. Persone non per bene, con intenzioni cattive. Molte donne che vengono imbrogliate e finiscono sulla strada. Bisognerebbe che potessero venire solo le persone che hanno un lavoro altrimenti è più facile che finiscano a fare cose sbagliate.
Come immagini la tua vita tra dieci anni?
Tra dieci anni avrò trentasei anni. Avrò un altro figlio e continuerò a fare la mamma. Magari lavorerò con mio marito.

Come ti chiami?
Samir.
Da dove vieni?
Dalla Tunisia, da Tunisi.
Da quanto tempo sei in Italia?
Da undici anni.
Come mai sei venuto in Italia?
Mio fratello mi aveva trovato un lavoro come muratore, per cui mi sono trasferito. Prima io poi, dopo tre anni, mia moglie.
Adesso di cosa ti occupi?
Adesso faccio questi mercatini, ogni giorno uno diverso, io e mia moglie. I miei figli vanno a scuola, oggi stanno con mio fratello. Ho comprato un furgone e raccolgo oggetti di tutti i tipi. Anche quando vado in Tunisia raccolgo qualcosa e la porto qua. Piacciono molto le cose del mio paese. Facciamo i mercati classici e questi nei fine settimana.
Quindi è il tuo lavoro. Riesci a guadagnare abbastanza per mantenere la tua famiglia?
Insomma. Un tempo andava meglio, adesso è più difficile, le persone prima di comprare pensano, anche se le cose costano poco. Però, per fortuna, alla mia famiglia non manca nulla.
Ti manca il tuo paese?
Molto. Ci sono cresciuto, ci ho vissuto tanti anni, ci sono le mie tradizioni. Ci torno almeno due volte all’anno. Mi manca tutto… Per fortuna mia moglie cucina cibi tipici ogni giorno e passo molto tempo con la famiglia di mio fratello e la comunità tunisina.
In cosa ti senti italiano e in cosa, invece, non ti identifichi con questo paese?
L’Italia mi ha dato la possibilità di vivere in modo abbastanza tranquillo, i miei figli vanno a scuola e stanno bene. Per questo mi sento italiano. Non mi piace la maleducazione e certi atteggiamenti delle donne.
Secondo il tuo punto di vista, c’è un problema immigrazione in Italia?
Il problema dell’immigrazione c’è. Non sono gli immigrati il problema. Certo ci sono persone che vengono in Italia per rubare o per continuare a fare quello che facevano nel loro paese. Però il vero problema è la difficoltà di integrarsi, la paura che la gente ha di noi, la sfiducia. Appena vedono mia moglie con il velo, subito le persone pensano male.
Come ti immagini tra dieci anni?
[Si fa una grassa risata] Sono così impegnato a pensare cosa farò domani… Comunque tra dieci anni avrò cinquanta anni, spero che i miei figli abbiano la possibilità di studiare e crearsi un futuro migliore del mio. Io spero di poter tornare a vivere in Tunisia, ho un terreno che mi piacerebbe coltivare.

L’intervista viene interrotta dall’arrivo degli organizzatori che vengono a riscuotere la tassa di riscossione, 10 euro. Samir scopre che era necessario iscriversi e che quindi ha occupato uno spazio “abusivamente”. Chiede scusa, si giustifica dicendo che pensava che ognuno potesse prendere un posto come succede in altri mercati, paga e torna a dedicarsi a suoi clienti.