Bambini di farina
- Autore: Roberto Parmeggiani
Provate a pensare cosa succederebbe se il sud del mondo, invece di essere raggiunto dopo ore di volo e migliaia di chilometri alle spalle, ti piombasse in casa con le proprie valigie piene di sapori, odori e colori così diversi dai nostri?
Come vi sentireste, che reazioni avreste?
Mentre ci pensate mi prendo l’onere di dirvi che ciò è già successo.
E probabilmente molti di voi lo sanno già.
Basta guardarsi un po’ in giro, mentre si cammina per strada o si fa la spesa al supermercato, mentre si accompagna il proprio figlio a scuola o se viaggiamo in treno, al pronto soccorso come durante una scampagnata d’estate al parco vicino a casa.
Il sud non è più a sud.
Parte da questa considerazione l’idea di metterci alla prova e scoprire quali tipi di reazioni provoca tale esperienza, quali sentimenti e sensazioni suscita l’incontro diretto con persone e sapori del sud del mondo.
Ecco allora il progetto “Bambini di Farina” che si pone l’obiettivo di creare opportunità di comunicazione e reciproca conoscenza tra cittadini stranieri e italiani, in particolare i bambini, valorizzando le differenze culturali.
Nel concreto ciò che abbiamo realizzato è stato un laboratorio del pane condotto da animatrici straniere e animatori disabili della Cooperativa sociale Accaparlante, in tre scuole del territorio provinciale di Bologna.
Forte dell’esperienza ventennale, questo modello laboratoriale del “comprendo meglio facendo” ha favorito la realizzazione degli obiettivi del progetto attraverso il coinvolgimento della comunità locale e la valorizzazione delle rispettive risorse e diversità. L’esperienza concreta e sensoriale del “fare insieme tanti tipi di pane differenti” ha creato le condizioni per un incontro personale e diretto con la diversità, in modo piacevole e divertente, garantendo una conoscenza “dell’altro” libera da pregiudizi e paure e la costruzione di una nuova relazione integrata e inclusiva.
Valorizzare le differenze culturali come opportunità di momenti di contatto sensoriale con l’altro, inteso “l’altro” sia come persona che come cultura, ha prodotto effetti anche inattesi.
Proprio come in un viaggio, ognuno è partito con la propria valigia piena di se stesso: la propria cultura, i propri gusti e desideri, le proprie paure e difficoltà. Nei due incontri che abbiamo realizzato, le valigie sono state aperte e abbiamo messo in comune i diversi bagagli che hanno suscitato, indubbiamente, molta curiosità.
Molte, infatti, sono state le domande dei bambini coinvolti, interessati a capire e ad approfondire meglio una nuova cultura.
Abbiamo scritto le ricette del pane alla lavagna traducendo gli ingredienti in arabo ma anche in altre lingue rappresentate in classe, abbiamo visto come la farina insieme all’acqua, impastata in un modo particolare, si trasformi in pasta che poi, una volta cotta in padella diventa Msemmen, il pane che nella cultura araba viene offerto agli ospiti e che noi abbiamo mangiato con nutella o miele.
Lascio proprio ai bambini della classe 4° di Monteveglio (BO) il compito di raccontare quando avvenuto.
Sofia: A me è piaciuto molto perché impariamo delle culture nuove e il Marocco non l’ho mai visto.
Massi: È stato bello perché ho imparato un po’ l’arabo.
David: È stato bellissimo perché ho conosciuto persone nuove e mi sembra che le lingue un po’ si assomigliano e mi è piaciuto molto.
Mihaela. Mi è piaciuto imparare a pronunciare un po’ le parole arabe.
Gaia: Mi sono divertita per le parole nuove di un altro paese e perché c’erano i nostri compagni che parlavano nelle loro lingue.
Alice: Mi piace perché ci insegneranno a fare un pane che non conosciamo.
Giorgia: Mi è piaciuto perché le due signore hanno scritto nella loro lingua e perché Stefania e Lorella parlavano nel loro modo e noi abbiamo imparato a capirle.
Angelica: Mi è piaciuto perché ho imparato la parola Msemmen.
Manuel: Questo laboratorio mi è piaciuto perché ho visto le parole nuove e anche come si scrivevano.
Martina: Mi è piaciuto perché ho anche imparato delle cose nuove sui miei compagni.
Francesca: Mi è piaciuto perché ho sia imparato qualcosa sui miei compagni che delle cose nuove.
Diana: Mi è piaciuto conoscere delle persone nuove e mi è piaciuto quando Stefania faceva la radio e noi dovevamo capirla.
L’esperienza ha toccato molto i partecipanti, bambini e adulti, soprattutto perché non ci si è limitati a parlare ma si è anche fatto.
La presenza di animatori con disabilità del Progetto Calamaio ha, poi, permesso di allargare la riflessione sulla diversità, non solo a quella culturale, e di capire che in fondo siamo tutti uguali e diversi e che, come il pane, pur essendo fatto con gli stessi ingredienti ha forme diverse, così anche noi, creati con gli stessi ingredienti portiamo identità differenti.
Ancora dalla voce dei bambini, sentiamo di cosa si è “parlato” al laboratorio.
Angelica: Del pane Msemmen e per conoscerci.
Martha: Serviva a far capire che non tutte le persone sono uguali.
Sofia: Abbiamo imparato a conoscerci di più e abbiamo capito che per fare questo pane abbiamo mille difficoltà e che Stefania ne ha una in più.
Mihaela: Ci hanno insegnato che tutti abbiamo bisogno di qualcuno, ad esempio che chi è in carrozzina ha bisogno di qualcuno che lo spinga.
Irene: Abbiamo imparato gli ingredienti in arabo del Msemmem.
Jacopo: Ognuno sa fare cose diverse, non tutti siamo uguali e che ci vuole sempre l’aiuto degli altri per fare le cose.
Giorgia: Io non sarei riuscita a fare il Msemmen da sola, anche a casa ci ho dovuto pensare per rifarlo.
Michele: Nessuno nel mondo è normale, per chi viene dal Marocco noi forse non siamo normali perché non abbiamo il velo in testa. Quindi la normalità non esiste.
Martina: Se uno non sa fare una cosa e l’altro sì, questo lo può aiutare e viceversa.
Diana: Per saper fare le cose non serve solo sapere gli ingredienti, ma serve anche ascoltare e le cose fatte bene sono quelle fatte con il cuore.
Giulia: Ho imparato che noi non siamo tutti uguali e che noi siamo dei tipi di pane, ad esempio c’è il Msemmen e il pane che c’è in Italia. Io sarei un pane salato.
Francesca: Questo laboratorio parlava della diversità di tutti ed è meglio non essere tutti uguali perché ognuno sa fare una cosa meglio e può aiutare un altro che non lo sa.
Manuel: La mia “macchia” di inchiostro è stata quella di aver conosciuto queste persone.
David: Se fossimo tutti uguali nessuno imparerebbe niente. La cosa più bella di questo laboratorio è stato che ci sono state Lorella, Stefania e le signore del Marocco.
Un progetto semplice e nutriente, proprio come il pane di cui si è parlato e che i partecipanti hanno mangiato. Un’esperienza di per sé semplice e immediata ma che, forse proprio per questo, ha coinvolto attivamente i partecipanti che sono riusciti, in breve tempo, a conoscere qualcosa di diverso ma anche molto vicino, ormai.
Per molti bambini il sud del mondo è seduto in un banco della loro classe, gioca a calcio nello stesso giardino, si diverte alle stesse feste di compleanno e desidera ricevere lo stesso regalo.
Probabilmente seduto alla propria tavola mangia cibi diversi e questa è la ricchezza che i bambini che hanno partecipato al progetto hanno conosciuto e apprezzato.
Perché, nonostante le distanze siano diminuite, è ancora necessario fare un po’ di strada per riuscire a conoscere i sapori, gli odori e i colori del sud del mondo.
Quindi, buon viaggio!
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