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EUROPA EUROPA/“Dopo di noi” in Belgio. Uno sguardo nell’esperienza del servizio “Support-Ahm”

Il tema del “dopo di noi” o “dopo genitori” è sempre più avvertito dalle famiglie che includono persone con disabilità, man mano che l’aspettativa di vita di queste si allunga; tuttavia, i servizi che se ne occupano sembrano ancora poco diffusi, e le loro prassi ancora da consolidare e confrontare. Nella Vallonia, la regione francofona del Belgio, da diversi anni l’AFrAHM – Association Francophone d’Aide aux Handicapés Mentaux (Associazione Francofona di Aiuto ai Disabili Mentali) sostiene i genitori negli accorgimenti da predisporre per i loro figli per garantire al meglio la loro qualità di vita quando essi non ci saranno più, ma solo di recente questo sostegno è stato riconosciuto istituzionalmente come servizio “Support-Ahm” e ha potuto estendersi alla regione di Bruxelles. Abbiamo parlato di questo servizio con Cécile Javaux, direttrice e assistente sociale del Support-Ahm di Bruxelles.

Quando è nato il servizio, e da quali bisogni?

Il concetto di “dopo-genitori” fu pensato negli anni ’70, ed è nato dalle inquietudini dei genitori concernenti il futuro dei propri figli. Il nostro servizio di accompagnamento Support-Ahm + Bruxelles è riconosciuto in quanto tale dal 15 dicembre 2011. Esso esiste in Vallonia da più di 10 anni, e desideriamo che le nostre famiglie di Bruxelles possano beneficiare del medesimo servizio.

Come funziona oggi il servizio?

Il servizio si propone di accompagnare le famiglie nella loro riflessione, di sostenerle nelle loro decisioni, di informarle, di collaborare con i partner coinvolti nella presa in carico della persona con disabilità. Il servizio non si sostituisce ai genitori, al tutore o all’amministratore dei beni: vuole essere complementare agli attori che intervengono sul campo, e agisce in collaborazione, come un legame tra loro, garantendo un sostegno adeguato della persona che ha un deficit intellettivo; a seconda dei bisogni, è presente a riunioni differenti (progetto personalizzato, mediazione…). I desideri dei genitori e le riflessioni condotte insieme sono riprese in un contratto, che evolve lungo tutto l’accompagnamento: è dunque, per il servizio, uno strumento che permette di assicurare un sostegno personalizzato della persona, e questo per una durata di numerosi anni.

Almeno una volta all’anno, il servizio incontra l’utente nel suo luogo di vita e redige un rapporto di visita che trasmetterà alle persone designate dai genitori. Per il servizio, è l’occasione di vedere come vanno le cose per la persona e di agire di conseguenza (sostegno dei parenti, fare appello al giudice, riunire i diversi attori…).

Quante persone fruiscono del servizio? E quanti casi di persone con disabilità che hanno già perduto i propri genitori seguite oggi?

Attualmente accompagniamo 40 persone nel “dopo-genitori”. Queste famiglie sono seguita da assistenti sociali e assistenti psicologhe (se necessario).

Il numero di orfani seguiti ammonta a 8 persone, ma attenzione: occorre sapere che 18 dei nostri assistiti non hanno più che un solo genitore con più di 70 anni, e questo significa quindi che la nostra vigilanza deve essere accresciuta, sapendo che, inoltre, la maggior parte vivono in casa e non potranno purtroppo rimanervi da soli.

Quali problemi e questioni a proposito del “dopo di noi” sono più avvertite dai genitori quando sono in vita?

La questione di base è “come diventerà nostro figlio quando non ci saremo più?”. Finché sono vivi, i genitori sono inquieti riguardo all’alloggio, al sostegno affettivo, al tempo libero e alle questioni concernenti le successioni… Il servizio ha come obiettivo di rimanere una risorsa per la persona con disabilità per lunghi anni, in modo da garantirle una qualità di vita.

Quali soluzioni sono più spesso adottate alla morte dei genitori e parenti, quando la persona con disabilità viveva in casa con loro?

Le soluzioni sono nella maggior parte dei casi ricercate durante la vita dei genitori; noi tentiamo di mettere in opera una rete intorno alla persona, rete familiare e rete professionale. In questo contesto, siamo quindi portati a collaborare con gli altri servizi (centro diurno, centro residenziale, servizio di accompagnamento, ETA [cooperativa sociale di inserimento lavorativo, NdT] …). Delle 8 persone orfane che seguiamo ora, 1 è alloggiato in un centro residenziale adattato alle persone con deficit intellettivi, 3 vivono in famiglia, 3 vivono in casa di riposo per anziani e 1 vive da solo, in autonomia. Di giorno, solo la metà di loro ha un’attività, che sia in centro diurno o al lavoro; le altre sono inattive, e vivono in casa di riposo o in famiglia. Per le persone senza attività, se necessario, si mette in campo un accompagnamento educativo e/o psicologico – gli educatori e/o psicologi fanno parte del nostro servizio.

Avete rapporti con altre associazioni o istituzioni che si occupano dello stesso problema in Europa?

I contatti che abbiamo con gli altri Paesi si svolgono attraverso Inclusion Europe, Inclusion Internationale e l’EDF – European Disability Forum; penso che la problematica sia la stessa in altri Paesi, ma a mia conoscenza nessuna soluzione (simile alla nostra) è stata ancora messa in campo. Abbiamo anche presentato il nostro servizio in occasione di un congresso in Canada, sembravano molto interessati… ma non conosco il seguito.

Per informazioni:

www.afrahm.be



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