Lettere al direttore
- Autore: Claudio Imprudente
Risponde Claudio Imprudente
Con questo nuovo numero e una nuova casa editrice, “HP-Accaparlante” ha cambiato vestito, profumo e clima… E così lo faccio anch’io, rinnovando la mia ormai storica rubrica e proponendovi per cominciare uno scambio epistolare con un corrispondente d’eccezione, il giornalista Antonio Giuseppe Malafarina, tra i più amati autori di Invisibili, il blog del “Corriere della Sera” dedicato alla disabilità.
Un botta e risposta tra me e Antonio che ci racconta, tra vissuti personali e trasformazioni istituzionali, le evoluzioni dell’immaginario collettivo nei confronti dell’handicap e di come il nostro modo di affrontare la vita e di concepire la bellezza può ancora cambiare il destino di molti, dentro e fuori di noi. Grazie Antonio!
Caro Claudio,
comincio innanzitutto con il presentarmi. Chi sono io? Una persona, punto. In quanto tale ho le mie peculiarità, mi piace comunicare, conoscere, stare in mezzo alla gente, lasciarmi andare di fronte a un’opera d’arte come davanti al tetto di una casa o alla camminata di un bambino o di una donna. Mi piace il bello. Il bello vero, quello che non si ferma al solo impatto estetico. E se si ferma all’impatto estetico lo fa perché è sostanziale. Mi piace la sostanza e mi lascio andare dinnanzi alla poesia. E credo nell’universo. Nella forza della collettività, che è fatta di singoli. E in Dio, sono un credente praticante e critico. Non vedo perché le persone esteticamente brutte dovrebbero non piacermi e quelle brutte davvero, brutte dentro, mi suscitano disapprovazione. Che ne dici?
Ciao e alla prossima!
Caro Antonio,
la tua lettera mi ha colpito subito perché coglie un punto di vista molto importante legato alla cultura della disabilità ma soprattutto all’identità personale: lo sguardo, l’immagine, la nostra percezione del bello e di come questo ci condiziona nel nostro abitare. Sai, qui al Centro Documentazione Handicap di Bologna molti nostri colleghi convivono con disabilità acquisite, per malattie o incidenti, e spesso raccontano di come abbiano vissuto una vita prima e ne stiano vivendo un’altra adesso. Un cambiamento enorme e difficile ma a volte sorprendente. Cosa è cambiato nella tua vita dopo quel famoso tuffo?
Aspetto la tua risposta! Un abbraccio.
Eccoti Claudio!
Bella domanda la tua! Beh, ricordiamo che la mia tetraplegia è conseguenza di un tuffo venuto male quando avevo diciotto anni, nel 1988. Ero un ragazzo come tanti ma che credeva nella coerenza e concretezza dell’agire. Ti rispondo, allora, sottolineando una cosa che non è cambiata: il modo di affrontare la vita. Non mi sono mai perso d’animo. Ho sempre pensato di avere un ruolo nella società e di poterlo svolgere in qualche modo. A partire da questo presupposto ti dico, quindi, che dentro è cambiato poco anche se fuori è cambiato molto. Grazie a Dio ho avuto una famiglia che mi ha permesso di rendermi il più autonomo possibile quasi subito. Non posso fare quasi nulla da solo, ma ho dei genitori, degli amici e delle tecnologie che mi consentono di fare moltissimo. È cambiato l’ambiente intorno a me. È diventato impervio, ma io ci sono sempre dentro e vado avanti…
Ciao Ciao
Non male Antonio! Allora si potrebbe dire che il tuffo ti ha cambiato ma ha anche risvegliato dei nuovi lati di te, all’apparenza “invisibili”. Tra l’altro, seguo sempre il vostro blog sul “Corriere della Sera”… Con Franco Bomprezzi eravamo carissimi amici, e anche con Claudio Arrigoni che ancora scrive fruttuosamente: salutamelo, è un amico, peccato che sia Interista… A questo punto però devo proprio chiedertelo, Antonio, perché sei “Invisibile”?
Aloha!
Ehi, grazie per i saluti a Claudio e per il ricordo di Franco. Concordo con te, due persone eccellenti a parte la passione nerazzurra… Mica tutti possono essere come te e il sottoscritto, milanisti… Invisibile io? Ma sai che non credo di esserlo mai stato? Per la gente, dico. Per strada mi si nota. Sui giornali e su internet mi si legge. Persino in televisione ho fatto parlare di me, quasi un quarto di secolo fa. E devo dire che so di fare un effetto strano. Tutto elegante in carrozzina, la gente più che provar pena, come per molti ahimè accade, si confonde. Questa cosa un po’ mi diverte. E un po’ mi fa arrabbiare: i pregiudizi e l’ignoranza voluta mi irritano. Sai per chi sono invisibile, a volte? Per le istituzioni. Per loro credo d’essere invisibile perché faccio parte di una fetta di popolazione ritenuta scomoda poiché meramente equiparata a un costo… E su questa batti un cinque mio caro!
Bella sfida Antonio…Come cavolo faccio ora a darti il cinque? Ad ogni modo concordo con te, io ho sempre pensato che la disabilità potesse essere una risorsa per non dire un valore aggiunto, dalla scuola alle istituzioni fino alla socialità. Ultimamente ho letto il tuo libro Intervista col disabile. Vademecum fra cime e crepacci della disabilità… Veramente molto interessante. A quasi otto anni dall’uscita del vostro lavoro credi sia cambiato qualcosa nella mentalità collettiva nei confronti della disabilità? Fammi sapere, sono curioso.
Grazie per i complimenti vecchio! Merito anche di Minnie Luongo che ha contribuito a realizzare il testo. Sì, alcune cose sono cambiate. Penso alla sessualità, ad esempio. All’epoca mi ricordo che facemmo fatica a trovare un esperto in materia che ne parlasse, oggi ci sono persino dei film. C’è un po’ più di correttezza nell’uso dei termini e questo significa che c’è maggior conoscenza della questione. C’è più spazio sui media e non si tratta più solo di programmi di nicchia trasmessi a tarda notte. Lo sport, poi: all’epoca era un tema che iniziava a essere trainante per tutto il movimento della disabilità (noi vi dedicammo gran parte del testo) mentre oggi è argomento assodato. E poi le barriere architettoniche: oggi c’è maggior coscienza che esistano. Anche l’accesso al turismo e ai beni culturali è migliorato, all’epoca trovare un villaggio turistico accessibile era una vittoria al lotto. Il processo d’inclusione avanza ma non sono tutti allori, e infatti siamo sempre qui a parlare di risorse che mancano, di accesso agli ospedali, di famiglie abbandonate, di vita indipendente che non c’è e di caregiver lodati e non sostenuti dallo Stato, per esempio. Ciò significa che se nella mentalità collettiva le cose si muovono, nell’apparato statale, che la rappresenta, il cambiamento è lentissimo. Davvero sempre delle belle chiacchiere quelle con te, amico mio… E permettermi di dire che conoscerti oltre la fama che ti precede è un piacere assoluto. Il più bel geranio che conosca. Una persona sensibile, acuta e intelligente. Un prodigio umano. Come tanti, più di molti.
Grazie,
Antonio.
Grazie a te caro Antonio, un geranio, come accenni anche tu, ha bisogno di tanti caregiver… Chi lo annaffia, chi lo mette al sole, chi lo coltiva, chi gli parla, chi ha il pollice verde, chi lo travasa… Mica facile fare il geranio! Eppure hai ragione tu, se le difficoltà in termini assistenziali restano, dal punto di vista culturale e relazionale un cambio d’approccio c’ è decisamente stato e su diversi livelli. Per arrivare a quello più ostico, l’apparato statale che tu citi: credo che anche oggi gran parte del lavoro sia ancora in mano nostra, non dobbiamo stancarci mai di comunicare, sia in presenza come faccio io con la mia tavoletta sia attraverso l’uso delle nuove tecnologie e della rete come voi di Invisibili. Alla nascita del vostro blog, uno spazio giornalistico interamente dedicato alla disabilità, con autori con disabilità e non, finalmente ospitato non da reti associative o riviste di settore ma dal più noto quotidiano nazionale, beh, insomma, non ho potuto che provare la sorpresa e la gioia che si provano di fronte a un cambiamento epocale. Riacquistare la familiarità con le istituzioni credo che sia un passo molto importante per noi e per le generazioni che seguiranno. Arrivarci può significare anche opporsi o ritornare a riaffermare diritti che sembravano acquisiti. Dalla nostra però più informazione, più integrazione e nuovi mezzi con cui giocare, anche in politica: la forza della creatività.
A presto Antonio e buona vita!
Claudio Imprudente
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