Ai tempi del Liceo classico ho avuto modo di studiare in filosofia un certo Aristotele, che parlava dell’uomo come di un animale politico. All’Università questa accezione aristotelica assumeva in sociologia il significato più consono ai nostri tempi di animale sociale. Infatti ogni individuo è inserito in un contesto sociale nel quale interagisce con altri soggetti e realtà. Questo accade per tutti, disabili e non, uomini e donne, autisti e pedoni, commessi o negozianti e clienti, docenti e studenti, ecc. Si viene così a creare una rete di relazioni occasionali o durature che finisce col creare, nostro malgrado, legami più o meno confidenziali tra diverse persone.
È inevitabile, così, che anche il disabile incontri sul suo cammino verso qualche luogo di svago o necessità, gente che gli presti attenzione o anche uno sguardo fuggevole per imbarazzo, perché l’inclusione comprende anche uno scambio di emozioni, quali che esse siano, positive o negative. Tutto arricchisce e permette di affinare le proprie capacità di approccio verso gli altri.
L’empatia è alla base di tutto per me.
Il disabile che comprende le difficoltà di chi gli può stare di fronte e modula il suo stile d’approccio all’altra gente in base a questa sua sensibilità, aiuta a ricercare strategie utili per venirsi incontro. Così, sicuro con il mio scooter elettrico, mi reco spesso all’Ipercoop, dove non esito a chiedere aiuto al personale addetto al reparto frutta per fare la spesa, tanto che adesso mi conoscono bene quasi tutti come Mario, il pugliese. Il tutto per me non si esaurisce qui, infatti non esito a chiedere aiuto a chiunque per continuare a fare la spesa in altri reparti con la frase: “Scusi, lei che è donna, di sicuro saprà aiutarmi a cercare tal prodotto alimentare al prezzo più conveniente!”. Il baricentro del dialogo viene così leggermente spostato dalla disabilità, innegabile e tangibile, alle virtù femminili nel saper fare compere, pretesto questo per scambiare qualche battutina e rompere il ghiaccio. Si condivide e si scambia qualcosa di proprio per creare una sorta di alleanza, anche se occasionale, per superare l’impasse che ostacola. Poi si va via veloce a togliere ogni disturbo, con un grande “grazie, molto gentile, sapevo di potermi fidare di lei!”. Non soddisfatto ancora dei successi incassati, un attimo dopo sono alla “Baracca” del gelato, dove i gestori sono già pronti ad accogliermi con tanto di sorriso e scambio di commenti un po’ più confidenziali e amicali: “Grazie Mario per le cartoline che ci hai spedito da S. Giovanni Rotondo e Assisi! È stato bello lì?”. La conversazione si allarga inevitabilmente, toccando anche altri ambiti più personali e intimi, come quando si chiede se si è single oppure che incidente o malattia è occorsa fatalmente nel corso della vita: “La sclerosi multipla mi impone a tenermi sentimentalmente legato al mio scooter elettrico, ma a casa già mi aspettano le amanti nella veste di deambulatore e carrozzina manuale; purtroppo piaccio!”. Segue un sorrisino collettivo che finisce col coinvolgere anche altri clienti uditori, pronti anch’essi a prestare aiuto all’occorrenza. L’ironia e l’autoironia, condite da un largo sorriso, sono armi vincenti per abbattere ogni barriera che possa ostacolare un dialogo quanto più distensivo e piacevole. Pur non avendo amici a Bologna mi sento amico di tutti, e chi mi vuol bene mi segua!
In questo caso l’inclusione parte dal desiderio del disabile di aprirsi al mondo e trova risposte positive in ambiti conosciuti e sicuri, dove scambiare richieste di aiuto e offerte empatiche di ascolto e soccorso. In questo scambio è inevitabile che si venga a creare anche un legame di conoscenza più personale che finisce con l’aprire quella magica porta dell’inclusione, dove ognuno si può sentire un po’ più protagonista della propria vita, imparando e insegnando qualcosa di esclusivo e unico.
È quello che è accaduto anche a Lorella quando ha avuto urgenza di recarsi dal dentista per ricevere cure e trattamenti per i suoi denti. All’inizio il dentista ha da subito manifestato i suoi timori ad affrontare questa che per lui era una reale sfida: “Non posso mettere le mani su una paziente disabile, non so come gestire la cosa!”. Ma è nel carattere di Lorella non sfiduciarsi affatto e insistere, quindi con l’aiuto di suo padre e sua sorella ha saputo ben lavorare ai fianchi del dentista per convincerlo, trovando strategie per superare anche in questo caso l’impasse occorsa da entrambe le parti: “I primi trattamenti si possono benissimo fare in presenza di mio padre o di mia sorella!”. Il dentista poco alla volta ha saputo prendere le giuste misure sulla paziente, tanto da trovarsi sempre più a suo agio e senza alcun imbarazzo. Adesso s’intrattiene con la sua paziente in confidenziali e scherzosi dialoghi. La conoscenza anche in questo caso ha sortito i benefici effetti di apertura al dialogo e allo scambio.
Che gratificazione è ricercare e trovare spazi propri di libertà, dove esprimere il proprio essere, dove sentirsi in connubio il più possibile col mondo intero. Lorella esprime tutta la sua felicità, parlandoci del suo gruppo di tempo libero, grazie al quale ha la grande possibilità di recarsi in luoghi più ricreativi e distensivi, quali il cinema, pub, bar…
L’inclusione è anche sentirsi parte attiva, insieme ad altri, di un contesto accogliente, dove ci sia la possibilità di realizzare il bisogno naturale di spaziare liberi e appagare i propri desideri, concordando le proprie scelte con quelle di altri.
Danae ci offre le sue esperienze di apertura al mondo, quindi di inclusione, parlandoci del suo dottore di agopuntura col quale adesso intrattiene dialoghi a più largo spettro, toccando aspetti più personali: “Dottore, che cartone animato le piace di più?”. Dopo un attimo di esitazione, si accende un sorriso: “Ai miei tempi c’era Heidi o Remi!” una risposta del genere non può che trovare l’approvazione di tutti. Viva lo scambio, la condivisione che aprono alla conoscenza reciproca, quindi all’abbattimento, poco per volta, di ogni forma di timore o pregiudizio!
Danae sa poi che il suo giornalaio di fiducia le conserva tutti gli album che le interessano e questo le dà un grande senso di controllo sulla realtà che desidera, le dà maggiore sicurezza. L’inclusione ci viene anche dal controllo sui propri desideri esauditi, i quali ci appagano e ci aiutano a sentirci parte integrante di un tutto che ci sta attorno e non aspetta altro che incontrarci. Tutto sta a farsi conoscere con quello che di positivo ognuno possiede.
La riservatezza e il voler stare per conto proprio a osservare sono le modalità d’approccio di Andrea che, quando si reca al bar, preferisce non scambiare alcuna parola con i baristi, limitandosi a guardare il lavoro svolto all’interno del locale e chiedere: “Vorrei un cappuccino con brioche!” sperando che il nostro avventore possa avere a che fare con un cameriere stacanovista, sennò guai, potrebbe scoppiare il ’48! Ma nooo, dai! Dopo il cappuccino lo si può ritrovare al cinema, luogo prediletto dove trovare gentilezza e inclusione con i vari gestori: “Un bel film ci vuole proprio stasera!”.
L’inclusione trova anche la sua dimensione più alta nel sentirsi semplicemente soggetto attivo in un mondo che non ha necessariamente bisogno di frastornarci di allettanti proposte. Andrea, un epicureista dei nostri tempi.
Nel caso di Diego, invece, la sua modalità di inclusione avviene sempre attraverso la mediazione di suo padre, che funge da tutore dialogante al posto suo. Questo non toglie assolutamente spazio nell’animo di Diego per sentirsi ugualmente gratificato e incluso. Infatti quando il gelataio di fiducia, oltre a portargli il gelato richiesto, si intrattiene a far due chiacchiere con lui, il mondo gli si schiude tutto attorno per abbracciarlo e condirlo di protagonismo e centralità. E allora vai con stracciatella e zuppa inglese, è tempo di abbondare!
Stefania M. ricorda, con grande gioia, quando ai tempi della scuola i suoi compagni si prodigavano, in modo del tutto spontaneo, ad aiutarla nello svolgere i compiti o a mettere in ordine tutto il suo materiale di studio nella cartella. L’inclusione anche in questo caso ha aiutato a scardinare quell’antro buio dell’esclusione e della solitudine, dove la disabilità, in modo spontaneo, tende sempre a spingere chi ne è colpito. Non è il suo caso comunque che, anche se ammette di aver incontrato poche persone che le abbiano prestato aiuto e attenzione, affronta la vita regalando sorrisi e trovando nella sfera affettiva la realizzazione delle sue aspirazioni: “Ho un fidanzato e altri due spasimanti!” dice con singhiozzo nel riso contagioso.
Anche Titti ci parla spesso della pienezza raggiunta grazie all’amore del suo boy-friend. La sfera riguardante gli affetti più cari, familiari, amici, fidanzato in testa, è essenziale per sentirsi in pace con se stessi e, di conseguenza, con tutto ciò che si vive. I legami sentimentali hanno il grande potere di riempire di gioia e sicurezza il proprio animo che, di rimando automatico, investe di pace e serenità tutto ciò che appartiene alla vita.
Titti è felice quando il bagnino l’accoglie col sorriso e le chiede come sta, si sente partecipe del micro-cosmo di quell’istantanea di vita. L’inclusione molto spesso parte e si realizza in noi stessi, tanto da reclutare anche piccole attenzioni altrui e farle grandi.
L’inclusione è scambio, aiuto reciproco, complicità, un venirsi incontro per Stefania B. quando ci parla del suo rapporto esclusivo col suo medico: “Lui è sordo, quando è di spalle non riesce a comunicare e io so che devo parlargli solo quando mi guarda. Non tutti riescono a capirlo ma io sì! Ho visto gente andar via proprio perché non sapeva come fare. Non riusciva a capirlo. Io invece con lui ci parlo tranquillamente, non abbiamo difficoltà a comunicare!”.