Boccia!
Palla?
Não, Boccia!
Pallone?
Não, Boccia!
Bocce!
È più o meno il dialogo avvenuto qualche anno fa quando, in uno scambio di esperienze a livello europeo, cercavamo di capire quale sport venisse praticato all’interno della LPDMCRS (associazione portoghese di persone cerebrolese e spastiche).
Come da manuale, le nostre "barriere" mentali non ci permettevano di comprendere la cosa più ovvia, con inoltre la presenza dell’handicap di un dialogo zoppicante italo-portoghese. Il nostro collega, Mario Nuno Moreira, alle nostre domande rispondeva "boccia", ma essendo per noi impossibile che uno spastico giocasse a bocce, cercavamo di tradurre un qualcosa volendo comprensibilissimo in qualcosa di conosciuto e per noi normale.
In pratica nel giro di pochi minuti "noi esperti" eravamo riusciti a commettere l’errore tipico a cui va incontro una persona quando sente parlare di sport ed handicap: non contemplare che qualsiasi sport può essere praticato da tutti, al di là dell’handicap . Perché il fattore handicap influenza il gioco o lo sport richiedendo solo degli adattamenti di regole e l’eventuale presenza di ausili a seconda della tipologia di disabilità.
La conferma della grande scoperta è stata immediata quando alla domanda: chi può giocare a boccia, la risposta fu: todos, tutti!
boccia, in tutto uguale al gioco delle Bocce internazionale, si gioca a squadre composte da un minimo di 1 giocatore ad un massimo di 3, con l’unico vincolo che le squadre avversarie siano composte dallo stesso numero di giocatori e appartenenti alle stesse categorie:
– BC1 atleti con disabilità gravi che hanno come abilità il solo controllo dello sguardo: possono utilizzare l’auxilier che interviene solo se chiamato dallo sguardo dell’atleta e fruire della colha (una specie di rampa lunga al massimo 2,5 metri, concava, che viene appoggiata sulla spalla del giocatore il quale tiene ferma la boccia al suo interno facendo una lieve pressione del capo verso la spalla). Quando attraverso lo sguardo (unico elemento di comunicazione in suo possesso) il giocatore ha indicato al suo auxilier la direzione verso cui puntare la colha e l’altezza della stessa da terra (fondamentale per determinare la velocità delle boccia), alzando il capo dà via libera alla boccia ed alla sua azione di gioco.
– BC2 atleti con disabilità gravi che hanno come abilità il movimento di una o due braccia, ma non la forza di lanciare. Utilizzano la colha
– BC3 atleti con disabilità gravi che hanno come abilità il controllo di una o due braccia e la forza di lanciare. Non utilizzano nessun ausilio.
Ma al nostro arrivo in palestra, in campo erano presenti anche delle persone non disabili. L’entusiasmo di aver trovato un altro sport come il calcio in carrozzina, dove l’atleta disabile e lo spingitore sono un’unica unità/atleta, ci aveva immediatamente infervorato. Errore! Per saperne di più, indicando quello che per noi era un atleta normodotato, abbiamo chiesto quali erano le sue funzioni; abbiamo ricevuto una risposta inaspettata: lui? è solo un auxilier, è solo un ausilio, un attrezzo. Incredibile: il primo ausilio umano che vedevamo.
Ma qual è la differenza fra essere ausilio o compagno di squadra? L’essere ausilio comporta la passività decisionale; l’auxilier ha il compito di sistemare la carrozzina, o la "colha", solo seguendo le indicazioni visive (sguardi) dell’atleta, senza poter influire; per assicurare la neutralità l’auxilier si siede a terra di fianco all’atleta, volgendo le spalle al gioco.
Riassumendo: è forse uno dei pochi SPORT per TUTTI? Sì, ma anche dappertutto, perché come campo di gioco può essere utilizzato qualsiasi terreno liscio, all’aperto o al chiuso, che sia largo almeno 3 metri, mentre la lunghezza può essere varia e determinerà la potenza del gioco.
Vedendo le nostre espressioni, forse anormali dallo stupore, Mario Nuno Moreira si
accingeva a spiegare dalla A alla Z come si gioca a bocce, lo fermammo subito: almeno questo lo sapevamo. Tutti in Italia almeno una volta nella vita hanno avuto la possibilità di giocare a bocce! A dire il vero fino alla conoscenza di questa esperienza non proprio tutti, ma da adesso possiamo togliere il "non proprio".
Ed allora: bolas de boccia (lanciamo il boccino) con l’obiettivo di partecipare alle prossime Paraolimpiadi; perché in questi anni l’esperienza portoghese ha fatto il suo percorso ed ha raggiunto il traguardo di diventare sport paraolimpico.
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