Skip to main content

Raccontare semplicemente una storia

Intervista a Guido Quarzo, scrittore per ragazzi

Con quale atteggiamento ci si pone davanti al fatto di voler raccontare una
storia di diversità?

Non credo che sia necessario, per raccontare una storia intorno a una situazione di diversità, avere un atteggiamento particolare, diverso da quello che si ha quando si raccontano altre storie. Ogni storia in fondo nasce dalla definizione di un problema: può essere un problema soggettivo, di relazione con gli altri, o un problema più oggettivo come una situazione difficile in cui i personaggi vengono a trovarsi. Nello svolgimento delle storie poi i problemi si intrecciano e si complicano. Nel caso di "Clara Va Al Mare", alle difficoltà ”soggettive” della protagonista, si aggiungono quelle "oggettive" dovute al fatto che viaggia da sola. Ma raccontando questa storia non ho mai pensato che la ‘diversità’ di Clara richiedesse da parte mia un atteggiamento narrativo specifico. Credo anzi che la forza del racconto, se ne ha, stia proprio in questo, che ho cercato di trattare la materia senza nessun accorgimento particolare, con l’idea appunto di raccontare semplicemente una storia.

Quali sono i rischi maggiori che si corrono?

Credo che i rischi più grandi che un narratore corre con storie di questo tipo siano di enfatizzare eccessivamente i problemi della diversità o, all’opposto, di minimizzarli, quasi per negare l’assunto iniziale che una diversità comunque esiste. Ho visto per esempio il film "L’Ottavo Giorno", che parlava dello stesso problema e aveva per protagonista un ragazzo down, e non mi è piaciuto per niente: ho trovato esagerata l’insistenza sul rifiuto da parte della gente "normale" e poi altrettanto esagerata l’esaltazione della diversità come modello di confronto capace di mettere in crisi l’ipocrisia e l’egoismo.

Come e’ nata l’idea di scrivere il libro "Clara va al mare"?

Io sono prima di tutto uno scrittore di narrativa, questo è il mio mestiere e sono quindi sempre alla ricerca di storie interessanti. Molto del materiale narrativo che utilizzo lo vado a pescare naturalmente nel mio personale ‘magazzino mentale’. Ebbene, lì dentro c’erano anche alcune esperienze che, avendo insegnato per molti anni nella scuola elementare, ho avuto occasione di fare con bambini e bambine in qualche modo problematici. Tra questi, anche almeno tre casi di alunni down. L’idea di scrivere "Clara va al mare" è cresciuta un poco alla volta, da un primo abbozzo iniziale che conteneva solo l’episodio dei grandi magazzini e che pensavo di accorpare agli altri racconti del volume "Talpa Lumaca Pesciolino". Mano a mano che scrivevo però mi tornavano alla mente episodi, espressioni e atteggiamenti, arrabbiature e tutta la grande carica affettiva che quei bambini sapevano comunicare. Direi che da un certo punto in avanti il racconto di Clara è diventato una sorta di sfida con me stesso: vediamo se sei capace, mi dicevo, di raccontare quel groviglio di emozioni e di portare questa ragazzina fino al mare.

Nella storia di Clara si ritrovano quotidianità e fantasia. Come si
miscelano? C’è prevalenza dell’una o dell’altra?

Entro certi limiti si potrebbe dire che il personaggio di Clara incarna il mondo dell’immaginazione, delle pulsioni e dei desideri. Gli altri personaggi rappresentano, se vogliamo, il cosiddetto principio di realtà.
Ma non c’è una netta separazione tra i due mondi: il principio di realtà fallisce quasi ogni volta che tenta di ‘interpretare’ il pensiero di Clara e l’immaginario si trova a dover fare i conti con la realtà, nel dialogo fra il cane e Clara che, nonostante le apparenze, è uno dei momenti più realistici del racconto.

La risposta dei lettori: rispetto alle intenzioni, a ciò che si voleva
esprimere, che tipo di reazione ha suscitato la lettura di testi come
"Talpa, lumaca, pesciolino" e "Clara va al mare"?

Con Talpa Lumaca e Pesciolino ho avuto molte soddisfazioni nel corso di incontri con i lettori, sia adulti sia bambini. Ho l’impressione che sia stata ben colta l’idea che ognuno di questi racconti ha per soggetto la possibilità. La possibilità è qualcosa di diverso dalla speranza: la possibilità sta dentro di noi, è come una falda sotterranea e in qualche modo troverà uno sbocco.
Clara va al mare è un libro ancora troppo nuovo, ma finora i commenti sono stati lusinghieri. Mi piacerebbe che venisse letto come un breve romanzo, per il piacere della lettura soprattutto, senza etichette di genere o intenzioni didascaliche, questo sì.

"Clara va al mare" è un fuori collana; come è stata voluta questa
collocazione?

E’ stata una decisione di ordine puramente pratico: non si riusciva ad attribuire al racconto una precisa ‘fascia di età’ indicata per la lettura. Da una parte spiaceva all’editore proporlo come libro per ragazzi tout court, d’altro lato considerarlo un libro per soli adulti sarebbe stato un limite ingiustificato. Così se ne è fatto un fuori collana, e devo dire che Luigi Spagnol, il mio editor della Salani, ha avuto ragione: infatti Clara va al mare viene letto con interesse dalla quinta elementare alla scuola media, e anche dagli adulti.
Il mio prossimo libro, che uscirà in ottobre per Feltrinelli e sarà intitolato "Il Fantasma del Generale", avrà gli stessi problemi di "target".
Fra i temi del racconto ritroveremo ancora quello della diversità, ma essendo una storia che si svolge alla fine del XIX secolo, l’atmosfera sarà molto diversa. Uno dei personaggi è addirittura ricalcato sulla figura di Cesare Lombroso, potete quindi ben immaginare…




naviga: