Skip to main content

Maestra, immaginami…

Storie di bambini e storie di insegnanti, eroi e anti-eroi, narratori onniscienti e narratori immersi negli eventi: una “rilettura” del momento educativo come se fosse un racconto, alla ricerca di nuove prospettive e punti di vista dai quali osservare e osservarci.

Ognuno di noi vive una storia che è anche il risultato dell’intrecciarsi dialtre storie. In particolare il nostro lavoro di educatori, di insegnanti, ciporta a conoscere le storie dei nostri alunni, ad entrare in esse con un ruolomolto importante, così come esse incominciano a far parte della nostra vita.
Varie volte nei corsi di formazione condotti dalla nostra équipe abbiamoproposto alle insegnanti di scrivere una storia, di immaginare un racconto cheabbia come protagonista un bambino disabile, un loro alunno, oppure il piùdifficile, quello che più ha messo alla prova la loro professionalità, la lorocapacità di educare ed insegnare. Abbiamo chiesto loro di fare uno sforzo diimmaginazione e di provare a collocare il loro alunno in una avventura, creandouna ambientazione, creando se necessario altri personaggi e così via. Uno deiprocedimenti creativi più utili è il cercare di prendere un oggetto eproiettarlo in uno sfondo assolutamente nuovo. E’ la procedura dellostraneamento (così chiamata da alcuni poeti russi del primo novecento) cioèdello sradicamento di un oggetto da tutto quello che in modo stereotipatorichiama necessariamente. Per esempio quando Marcel Duchamp per la prima voltaha allestito una mostra con oggetti assolutamente comuni, i cosiddetti "readymade", cioè i "già fatti", esponendoli come opere d’arte hacreato una nuova attenzione su questi oggetti. Esporre in un museo un orinatoio,ad esempio, o uno scolabottiglie, ha dato un nuovo significato a quell’oggetto,liberandolo dal suo utilizzo, che impediva di guardarlo per quello che era, cheimpediva si soffermarsi sulla sua bellezza. E’ un po’ la stessa sensazione diquando andiamo all’estero, perché tutte le cose nuove che sperimentiamo ciobbligano a guardare noi stessi con occhi diversi. Quando poi si torna a casa sinotano cose di cui non ci si era mai accorti, perché nonostante le vediamo ognigiorno magari non le abbiamo mai guardate, osservate. Cambiare posizione a noistessi o agli oggetti che osserviamo getta una nuova luce, ci offre lapossibilità di capire meglio sia l’oggetto che i nostri stessi meccanismi diosservazione dell’oggetto.

Breve analisi strutturale

L’esperimento che proponiamo alle insegnanti, l’invito a creare una storiache abbia come protagonista un loro alunno, ha proprio questo intento.L’obiettivo seguente non è di interpretare questo racconto con categoriepsicologiche ma di analizzare le nostre scelte stilistiche e formali. La grigliadi interpretazione sulla quale successivamente discutere propone quattro chiavidi lettura (se ne potrebbero aggiungere molte altre ma, avendo generalmente nonmolto tempo disponibile, è meglio non complicare troppo):
1- rapporto narratore-personaggi
2- rapporto tra l’eroe principale e gli altri personaggi e rispetto all’ambiente
3- rapporto del personaggio con la storia considerata nel suo complesso e nellasua articolazione
4- coinvolgimento dello scrittore nella storia
Proviamo ad analizzarle una per una.
1) Ci sono tre principali modalità di rapporto tra narratore e personaggi:
a) il narratore ne sa più dei personaggi. Il narratore è come l’occhio di Dioche conosce perfettamente il passato, presente e futuro dell’intera storia.Pensiamo a I promessi sposi di Manzoni. Il narratore sa tutto dei personaggi,conosce i loro sentimenti più segreti, prevede già in anticipo ogni loropossibile mossa. Non esiste una focalizzazione ben precisa nel senso che lastoria, lo svolgimento degli eventi, viene raccontata da un punto di vista cheè quello di una persona che conosce già tutto.
b) Il narratore ne sa quanto i personaggi. Ciò determina una narrazione inprima persona e il punto di vista è interno alla storia. La forma è quella deldiario, del monologo interiore, ma anche i romanzi di Kafka, che pur sononarrati in terza persona, si connotano secondo questa modalità perché ilnarratore sembra non conoscere qualcosa in più rispetto ai propri personaggi.
c) Il narratore ne sa meno dei personaggi. Ciò determina una focalizzazioneesterna ed è il punto di vista verista. Il narratore cerca di fotografare larealtà per quella che è, cerca di ridurre al minimo la propria presenza, cercadi far vivere i personaggi autonomamente, dà loro il massimo spazio.
2) L’eroe è uguale, inferiore o superiore agli altri personaggi? Ci possonoessere eroi disabili? Quali sono le loro caratteristiche? Quali sono i parametriche indicano il grado di integrazione del personaggio con gli altri personaggi econ l’ambiente?
3) Il protagonista disabile è un personaggio statico o dinamico? La storiaevolve verso un finale positivo o negativo? Quali difficoltà ci sono, se cisono, ad immaginare una storia con questo protagonista?
4) Fino a che punto ci siamo lasciati coinvolgere dalla storia che raccontiamo?Vedere nel nostro alunno handicappato un personaggio che cosa ci ha suggerito?

Analogie e universi paralleli

Qualche volta, non sempre, questo esperimento è sembrato utile alleinsegnanti, ha suggerito loro qualcosa. Ad esempio nella discussione del primopunto, relativo alla modalità di narrazione, il confronto con lo stiledell’insegnante è venuto in modo spontaneo. Più volte è saltata fuoril’importanza per l’educatore di scegliere di volta in volta lo "stilenarrativo": bisogna partire dal programma e dalla programmazione, daisaperi delle insegnanti sui bambini (il narratore sa più dei personaggi, nonesiste una focalizzazione ben precisa), per poi passare al momento di mettersiin gioco (il narratore ne sa quanto i personaggi, punto di vista interno) e divolta in volta osservare distaccati, dal di fuori, l’accadere degli avvenimenti(il narratore ne sa meno dei personaggi, punto di vista esterno, verista).
Molte suggestioni-suggerimenti li hanno dati anche i successivi punti. Adesempio sul quanto le insegnanti sono state coinvolte dalla storia che hannoscritto e su quanto sono coinvolte nella quotidianità scolastica, è stato unpunto molto discusso. Ci sono in effetti grandi analogie tra la capacità delloscrittore di controllare la materia, l’emozione, attraverso la forma e l’empatiadell’insegnante nei confronti del bambino, che permette sì di sperimentare lesue emozioni ma anche di mantenere la distanza, senza perdere di vista l’armoniaeducativa.
Quello che secondo noi è molto importante è sottolineare l’operazione che stadietro a questo esperimento-gioco: cioè l’utilità ogni tanto di cambiarelinguaggio, cambiare termini, mutuandoli da altri "universi paralleli"a quello educativo. Se proviamo ad interpretare quello che avviene in classeutilizzando anche altre griglie interpretative forse questo può aiutarci avedere la scuola non come un mondo a sé stante, può aiutare a trovare sempremaggiori collegamenti tra ciò che proponiamo ai bambini e la realtà.




naviga: