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Questione di feeling

Le voci di chi vive un deficit: riflessioni sul rapporto fra operatore e disabile rispetto alla cura del corpo. Autonomia e dipendenza, agio e disagio problemi aperti per “stimolare riflessioni per cercare nuove soluzioni”. Comprendere l’altro attraverso il corpo.

La condizione di deficit fisico può portare la persona disabile a due opposti atteggiamenti nei confronti del proprio corpo. Si può arrivare o al rifiuto totale o alla cura e all’accettazione della propria disabilità. Ma in entrambi i casi il rapporto col proprio corpo è sempre mediato dalla figura dell’operatore.
La differenza che caratterizza l’esperienza quotidiana di una persona disabile rispetto a quella normale è l’assenza di privacy: tutto ciò che la maggior parte della gente fa da sola, il portatore di deficit lo fa con l’aiuto di un altro. Io parlo dal punto di vista di uno spastico. Fin da piccolo sono stato accudito dai miei genitori e mia sorella, e trovo naturale e non problematica l’assistenza fornita dai parenti.
Ma nel corso degli anni all’assistenza fornita dalla famiglia tende a sostituirsi quella procuratami parte da amici, parte da operatori. Quando l’assistente è un operatore professionale, la mia sensazione è almeno nei primi tempi quella di essere aiutato da un estraneo, di cui percepisco prima di tutto lo stato d’animo, se è una persona tranquilla o se invece è ansiosa.
Io ho maturato questa sensibilità perché sono stato cresciuto da mio padre; un uomo molto sereno che mi comunicava una grande tranquillità. Invece alcuni operatori e gli amici mi trasmettono la loro preoccupazione, l’ansia e ciò ovviamente non può farmi piacere, anche se sono amico di tutti. Si tratta di sensazioni fisiche, perché quando parlo di tranquillità o di ansia mi riferisco al rilassamento o alla tensione del mio corpo.

Un rapporto non a senso unico

Naturalmente il rapporto tra utente e operatore non è a senso unico: anche la persona assistita trasmette all’operatore i suoi stati d’animo e le sue difficoltà fisiche. Come l’operatore ha il dovere professionale di essere attento alle esigenze psicofisiche dell’utente così anche la persona con deficit ha la possibilità e anche il dovere di facilitare il lavoro del suo assistente avendo cura del proprio corpo. Il feeling tra due persone si può costruire solo se da parte di entrambe c’è la tolleranza e la disponibilità di aiutare e comprendere l’altro, prima di tutto attraverso il corpo e ciò che esso trasmette.
Messaggi che provengono dal mio corpo sono diversi così come sono diversi gli umori della persona che mi assiste e prepara ogni giorno. Ad esempio mi succede di essere molto rigido al mattino e se il mio operatore cerca di vestirmi, lavarmi in modo tranquillo e rassicurante questo mi aiuta a rilassarmi.
Se è vero che la condizione di deficit fisico non permette alla persona una vita perfettamente autonoma è altrettanto vero che proprio questa situazione può portare a formarsi un rapporto d’amicizia e di reciproco aiuto tra un’operatore e una persona assistita. 




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