Scenari delle diversità
All’incontro del 4 febbraio è stato presente anche Luciano Gallo, un attore che si occupa di teatro sociale, che era venuto a conoscenza della ricerca e che, in seguito, ha elaborato l’idea di un laboratorio teatrale intrecciando i temi dell’handicap e dell’omosessualità. Incuriosita dalla sua presenza in quella giornata e dal progetto ideato, ho contattato Luciano, perché mi sembrava opportuno che, all’interno del racconto di questa ricerca sull’omodisabilità, emergessero anche tutte le attività collaterali che dalla ricerca hanno preso spunto o motivazione a esistere.
Di cosa ti occupi esattamente?
Sono un attore e da alcuni anni mi occupo di teatro sociale e di comunità, un tipo di teatro che lavora sulle persone, le loro storie, le loro vite.
In questi anni io e alcune persone del “Teatro Popolare Europeo”, l’associazione di cui faccio parte, abbiamo lavorato in diversi contesti sociali, su ex operai Fiat, anziani delle case di riposo, badanti extracomunitarie, bulli delle scuole medie, comunità delle valli, malati degli ospedali, famiglie multiculturali, ecc. cercando di recuperare le memorie, le storie, le condizioni di ieri e di oggi delle persone che ne facevano parte e ricostruendo attraverso un lavoro drammaturgico le loro vite e i loro percorsi che spesso si intrecciano con i nostri sfiorandoli appena.
Come sei venuto a conoscenza del progetto sull’omodisabilità?
Il mio avvicinamento al gruppo che portava avanti la ricerca è avvenuto in maniera del tutto casuale. Stavo lavorando a un nuovo spettacolo con la regia di Alessandra Ghiglione, dal titolo “Senza Carità” e cercavo materiale per costruire uno dei personaggi che era disabile. Navigando in Internet a un certo punto ho letto “omodisabilità” e sono entrato in contatto con Priscilla Berardi, che era una delle responsabili del progetto. I contatti con Priscilla sono stati immediatamente molto cordiali e disponibili, mi ha fornito materiale per la mia ricerca e mi ha chiesto di partecipare a una riunione a Bologna per raccontare qualcosa sul mio spettacolo al gruppo di intervistati.
In realtà non sapevo bene cosa sarei andato a raccontare e a che scopo, non mi sentivo preparato e soprattutto ritenevo che la mia fosse una ricerca che non avesse una relazione con il progetto di Bologna.
Cosa ti ha colpito di quella giornata?
Ho partecipato alla riunione raccontando di me, rispondendo alle domande e soprattutto ascoltando quali fossero le esperienze dei ragazzi, quali i desideri e le aspettative per il futuro del progetto, del gruppo, quali le richieste da fare alla nostra società.
Mi sono reso conto che io per primo ero ignorante, che mai mi ero posto il problema della sessualità delle persone disabili, che non mi ero mai immaginato un gay disabile.
Come ti è venuta l’idea di un laboratorio teatrale sul tema delle persone disabili omosessuali?
Tornato a casa dopo quella riunione ho continuato a pensare alle persone e ai temi che erano emersi, mi sono confrontato con il mio gruppo, ho parlato con amici gay che come me ignoravano semplicemente la cosa e nella migliore delle ipotesi facevano battute scontate sull’argomento, ho sentito un amico che si occupa come formatore di teatro sociale in altri contesti e mi sono confrontato con lui.
Attraverso questo percorso mi sono sempre più convinto che anche questo fosse un contesto in cui avrei potuto affidarmi al teatro, sentivo la necessità di raccontare attraverso lo strumento del teatro queste storie a più persone possibili.
Quali sono le finalità?
La ricerca condotta dal gruppo di Bologna ha fatto emergere le storie di alcune persone di cui sapevamo poco o nulla, su cui nessuno di noi si è mai interrogato. Un disabile ha esigenze sessuali? Può essere addirittura gay? Quell’incontro mi ha fatto capire che nella nostra società spesso non si hanno gli strumenti per poter vedere, o semplicemente non interessa vedere le storie di persone differenti.
Credo che il teatro possa essere utile per accendere una luce in tutto questo, possa essere davvero un mezzo con cui creare degli interrogativi, sia tra attori e operatori, sia tra le persone che ne fruiscono in qualità di spettatori.
Chi vorresti coinvolgere?
Guglielmo Schininà e io abbiamo pensato all’utilità di un laboratorio teatrale sulla drammaturgia dell’esperienza che coinvolga persone disabili omosessuali e anche alcuni operatori esterni che si occupano di problematiche legate alla disabilità. Più in generale, il gruppo dovrebbe essere composto da persone con o senza disabilità e omo/eterosessuali. Non c’è l’intenzione di creare un circolo chiuso di persone GLB disabili.
Pensiamo a un laboratorio che porti alla creazione di un gruppo di persone che crei relazioni in cui possano emergere le storie, i racconti di ognuno, e che dia come prodotto finale uno spettacolo teatrale di laboratorio.
E riguardo alle tematiche?
I temi da sviluppare sono quelli emersi nelle interviste e nella riunione di Bologna: sessualità e stimoli culturali; sessualità e memoria; sessualità e corpo; sessualità e disabilità; visibilità, invisibilità; sessualità e realtà oppressive; dipendenza, indipendenza; la cura; l’accettazione e la consapevolezza.
Quali obiettivi vi siete dati?
Gli obiettivi del lavoro sono principalmente due: uno spettacolo teatrale che potrebbe avere una grande importanza in quanto rappresentazione di una realtà spesso non considerata; un’esperienza di relazione tra le persone disabili che partecipano al progetto, e tra disabili e alcuni operatori coinvolti nell’esperienza. Non bisogna pensare al laboratorio teatrale come a un “percorso di formazione” per diventare attori o sviluppare doti artistiche, bensì come a un percorso di conoscenza e contatto con se stessi e il proprio corpo, per conoscerlo in una dimensione nuova, per entrare più in confidenza con la propria fisicità. È anche un viaggio dentro parti di sé più profonde, non fisiche, e un mettersi in gioco diverso dal solito. Il gruppo consente inoltre il confronto e il contatto fisico ed emotivo con l’altro, l’entrare in confidenza anche con la fisicità dell’altro, lo sperimentare relazioni diverse.
Quale sarebbe la struttura del laboratorio?
Il laboratorio si articolerebbe in tre moduli. Il 1° modulo (della durata di una settimana) riguarderebbe la costruzione del gruppo, il lavoro di emersione di contenuti creativi attraverso le tecniche della dramma-terapia, della drammaturgia del gruppo, del Teatro dell’Oppresso, l’improvvisazione e la scrittura, la ricerca musicale, letteraria, filmica. Il 2° modulo (della durata di tre giorni) si baserebbe invece sull’analisi del materiale, sull’elaborazione della mappa della drammaturgia, sull’elaborazione delle scene, sulla condivisione e rivisitazione del copione. Il 3° modulo (della durata di quattro giorni) sarebbe incentrato sulla costruzione dello spettacolo, il montaggio, le prove, e l’evento/spettacolo finale all’interno di una manifestazione.
I tre moduli potrebbero essere realizzati in tre differenti città italiane, visto che gli intervistati e i partecipanti appartengono a regioni differenti.
Tra i moduli è necessario un periodo per la stesura della drammaturgia e per riflettere sul materiale raccolto.
Hai già in mente dei tempi e delle modalità?
Lo spettacolo avrebbe per il momento una sola rappresentazione, salvo diverse disponibilità date dai partecipanti. I tempi e i modi in cui si potrebbe realizzare il laboratorio teatrale e lo spettacolo sarebbero da concordare sulla base delle disponibilità dei soggetti interessati al progetto e sulla base delle risorse economiche che si riescono a mettere in campo per realizzarlo.
Ci tengo a precisare che nessuno è obbligato a dichiararsi durante lo spettacolo, nessuno deve fare un coming out pubblico.
Da chi sarebbe condotto il laboratorio?
Il laboratorio verrebbe tenuto da Guglielmo Schininà e dal sottoscritto. Guglielmo è un operatore e formatore di teatro sociale, è esperto nel lavoro psico-sociale e creativo in situazioni di grave disagio sociale, crisi migratorie e guerra, e nell’integrazione socioculturale. Inoltre è presidente di “Nemoprofeta – integrazioni sociali e culturali”, una ONG specializzata nella responsabilità sociale e nell’animazione psico-sociale. Tra l’altro, negli anni 2002-2006, ha supervisionato e formato gli operatori di “GenderDoc-M”, una ONG a tematiche GLBT moldava, nell’elaborazione di un percorso creativo, scaturito nella creazione di diversi laboratori, forum e spettacoli teatrali sul tema dell’omosessualità e di un percorso creativo sulla sessualità.
Invece io, Luciano Gallo, sono un attore, con una formazione mista che passa dal teatro alla danza alla musica. Ho approfondito la mia esperienza nell’ambito della drammaturgia della memoria e della tecnica narrativa del clown. Mi occupo di teatro con anziani nelle case di riposo con il progetto “Lo splendore delle età” legato all’Università di Torino, Facoltà di Scienze della Formazione, mi occupo di baratti culturali e della drammaturgia delle feste di comunità in Italia e all’estero in collaborazione con Odin Teatret di Eugenio Barba, ho preso parte a un progetto sulle famiglie multiculturali in Svizzera promosso da “Teatro Popolare Europeo”, e a lavori legati sul tema della cura e della narrazione della malattia. Sto lavorando ultimamente con Cesar Brie e il Teatro de los Andes a un nuovo spettacolo per il 2008.
Cosa ti aspetti da questo laboratorio?
Credo che il teatro non sia il mezzo con cui risolvere i problemi, ma certamente è uno strumento attraverso il quale si possono comprendere e affrontare molti nodi della nostra società.
Credo che questo progetto possa portare moltissime persone a riflettere sul tema della disabilità e della omosessualità sotto un’altra luce e con meno pregiudizi.
Spero che questo progetto possa incontrare l’interesse dei ragazzi disabili omosessuali, e soprattutto che si possano trovare le risorse economiche per finanziare tutte le attività previste. Sarebbe bello avere la collaborazione di Regioni, Comuni, associazioni, singoli individui, per la realizzazione pratica ed economica di questo progetto: i costi infatti sono molto alti, considerando non solo il laboratorio e lo spettacolo, ma anche le spese per gli spostamenti delle varie persone disabili che dovranno in alcuni casi viaggiare con un accompagnatore.
Per chiunque voglia saperne di più sul laboratorio teatrale di Luciano Gallo, può mettersi in contatto con i recapiti della ricerca: al cellulare 348/516.70.91, o all’indirizzo e-mail omodisabili@libero.it.
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