Quando tutto cominciò: il progetto
Le senti come chiedono realtà
scarmigliate, feroci,
le ombre che forgiammo insieme
in questo immenso letto di distanze?
Stanche ormai di infinito, di tempo
senza misura, di anonimato,
ferite da una grande nostalgia di materia,
chiedono limiti, giorni, nomi.
(Pedro Salinas, La voce a te dovuta)
Il tema della sessualità delle persone con deficit è sempre stato un tema molto presente e molto caro al Centro Documentazione Handicap di Bologna.
Con un po’ di presunzione, mi sento di dire che siamo stati tra i primissimi a parlarne, più di venticinque anni fa, quando il tema era ancora del tutto un tabù; e ancora oggi è un argomento che difendiamo e proponiamo, consapevoli e convinti del fatto che bisogna continuare a discuterne.
Può sembrare paradossale la necessità di parlare di un tema così intimo e riservato della vita: di solito non si parla di sessualità con le persone, salvo una confidenza magari con un amico o qualche scambio di battute tra colleghi di lavoro; di sicuro resta un tema di cui difficilmente si parla in famiglia, coi genitori. Una persona “normodotata” può passare la vita a tacere sulla sua sfera della sessualità e nessuno si scandalizza che non se ne parli. Anzi, il parlarne continua a creare forse un po’ di imbarazzo, anche se i messaggi relativi alla sfera della sessualità ci arrivano continuamente da ogni dove.
Una persona con deficit, invece, è in qualche modo “sotto i riflettori” per tantissimi aspetti della sua vita quotidiana: si “sbandierano ai quattro venti” i suoi certificati di invalidità, le sue lotte contro le barriere architettoniche e culturali, le sue richieste di agevolazioni fiscali, le sue necessità di assistenza, i suoi desideri di fruire degli spazi e dei contesti per lo sport e il tempo libero, il suo essere una persona speciale o al contrario una persona più sfortunata di altri, la sua ricerca di inserimento lavorativo, i suoi diritti di integrazione scolastica, e così via. Sulla sfera della sessualità però tutto tace, e se questo può essere in linea con quello che succede per i “normodotati”, paradossalmente si crea una situazione di negazione: il risultato è che la persona disabile continua a essere considerata come una persona a-sessuata.
Proporre un approccio creativo alla cultura sulla diversità, come facciamo noi, significa anche non stancarsi di proporre un tema così importante come quello della sessualità.
Con questo numero di “HP-Accaparlante” ci lanciamo su un terreno nuovo, insolito, forse (anzi probabilmente) scomodo. Parleremo infatti di persone disabili omosessuali, un tema decisamente nuovo per quanto riguarda l’informazione, ma non così nuovo per tutte le persone disabili omosessuali che da anni vivono, esistono, studiano, lavorano, hanno o non hanno storie sentimentali, litigano o non litigano con la famiglia, si appoggiano agli amici, si dichiarano o non si dichiarano, restano invisibili, sono tenute invisibili. Ma che, stanche della loro esistenza di ombre, chiedono realtà, hanno nostalgia di materia. Inoltre, parlare di persone disabili omosessuali, ci permette di evidenziare, sopra ogni ragionevole dubbio, che le persone disabili non sono certamente a-sessuate, ma persone con dei propri desideri, bisogni e orientamenti.
Il progetto
Circa un anno fa ricevetti un’e-mail da Priscilla Berardi, medico, psicologa, frequentante del Centro Bolognese di Terapia della Famiglia, dove mi si chiedeva se volevo partecipare a un nuovo progetto che stava partendo: realizzare cioè un’inchiesta su quella che avremmo poi chiamato “omodisabilità”. Il progetto era voluto da Arcigay di Bologna e vedeva già la collaborazione del Centro Bolognese di Terapia della Famiglia e dell’associazione Handygay di Roma. Ho accettato con entusiasmo e ho voluto fortemente che l’associazione Centro Documentazione Handicap di Bologna diventasse uno dei partner del progetto, valutando importante che partecipassero anche delle associazioni di categoria sull’handicap, e non solo chi si occupa di tematiche GLB (Gay, Lesbico, Bisessuale). Una cosa che mi aveva subito colpita è che questa ricerca avrebbe indagato anche sul rapporto tra le persone disabili omosessuali e le associazioni: a chi si rivolge infatti una persona disabile omosessuale? Alle associazioni di disabili o a quelle GLB? Le associazioni di disabili sono pronte ad accogliere questo tema? E quelle GLB sono pronte ad avere tra i propri associati dei disabili? I risultati avrebbero permesso di dare il via a varie iniziative di sensibilizzazione per le associazioni di entrambe le parti. Inoltre, data la nostra natura primordiale di centro di documentazione, era anche importante mantenere traccia e produrre documentazione su un tema mai trattato prima. Infine, non era escluso – e i risultati lo hanno poi confermato – che partecipare alla ricerca avrebbe permesso non solo di avere un quadro su un tema ancora molto invisibile e sommerso, ma di ottenere anche qualche considerazione in più sul tema della disabilità in sé (senza la componente della omosessualità). E anche questo è un aspetto molto importante per chi si occupa di disabilità, perché c’è spesso la sensazione (presunzione) di sapere già tutto o di avere già detto tutto.
naviga:
Ricerca libera
Argomenti
Associazione “Centro Documentazione Handicap” – Cooperativa “Accaparlante” – via Pirandello 24, 40127 Bologna. Tel: 051-641.50.05 Cell: 349-248.10.02
Continua a leggere:
- Alcune risorse, in Italia e in Europa
- Scenari delle diversità
- Il post-inchiesta: progetti per il futuro
- Le interviste, i risultati
- Svelare l'invisibile: la metodologia
- Dinamiche nuove che non sono la somma di due "problemi"
- Quando tutto cominciò: il progetto (Pagina attuale)
- Uno più uno non sempre fa due: handicap, sessualità, omosessualità