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Il progetto di “SOTTOSOPRA”

Un luogo ricreativo può spezzare i pregiudizi sulla tossicodipendenza? E poi, come bisogna intendere il “reinserimento”? Breve ma intensa storia del Centro di San Giovanni in Persiceto

Il fenomeno della tossicodipendenza penso sia uno di quelli che porta con sé il maggior numero di stereotipi: il tossicodipendente è trasandato, cammina ciondoloni, ruba gli stereo e i cellulari, chiede le 100 lire per strada, non lavora, deve andare in Comunità…
L’esperienza che presenteremo in questo articolo romperà, mi auguro, molti di questi stereotipi.
Il SERT di San Giovanni in Persiceto, A.USL Bo.Nord, grazie ai finanziamenti ai sensi dell’art. 127 del D.P.R. 309/90, ha avviato, a partire da marzo ’98, una struttura intermedia a bassa soglia per il reinserimento di soggetti tossicodipendenti, molto più semplicemente: Centro Serale SottoSopra.
Se tutti hanno più o meno idea di cosa siano le Comunità terapeutiche, in pochi forse avranno sentito parlare dei Centri Diurni. Ma che cos’è un Centro Serale?
Il nome SottoSopra è già un chiaro invito a rompere gli schemi, a guardare le cose da diversi punti di vista.
Nel territorio in cui opera il nostro SERT, "l’identikit" del tossicodipendente è ben lontano dagli stereotipi ricordati sopra. Qui il tossicodipendente lavora regolarmente (a volte fa anche carriera), è ben vestito, vive rigorosamente in famiglia, è più che integrato ma, soprattutto, è invisibile.
Quando si è invisibili uno dei problemi più grossi che ci si trova ad affrontare è la solitudine; soprattutto alla sera, quando, dopo una giornata di lavoro, cala il buio, da queste parti anche la nebbia, e il rischio è di trovare come unica compagna l’eroina.
Ecco perché un Centro Serale che apre le sue porte proprio in questa grigia ora della serata, offrendo con il suo arredamento colorato, caldo e accogliente un’oasi sicura in cui trascorrere il tempo libero. SottoSopra è infatti un luogo che anziché chiudere i tossicodipendenti al suo interno, apre le porte e costruisce un ponte con il fuori.
Uno dei concetti alla base di questo progetto è infatti quello di intermediarietà. Il termine "struttura intermedia", per quanto riguarda SottoSopra, acquista diversi significati: piace pensare al centro serale come un’altra stanza del SERT; in questo senso, la struttura sarebbe intermedia fra SERT e utenti. Il Centro è stato infatti il ponte che ha permesso di agganciare e coinvolgere in attività coloro che, all’interno dell’ambulatorio SERT, erano diffidenti a un qualunque tipo di relazione altro da quello sanitario. Incontrarsi per fare qualcosa (il giornale, la cena, il corso internet…) è risultato sicuramente più allettante di un colloquio, ed è stato proprio attraverso il fare che è stato possibile instaurare una relazione educativa di sostegno, contenimento, guida, che risulta a pieno titolo parte integrante del progetto terapeutico SERT.
Possiamo dare un altro significato all’essere struttura intermedia. Prima di attivare concretamente il Centro, i supervisori hanno invitato a una riflessione: "Che identità diamo alla struttura? Vogliamo che sia un punto di mantenimento, di cura, con una tutela della riservatezza fino all’anonimato, o vogliamo che sia un punto di rottura, un centro di incontro visibile, con un’osmosi dentro/fuori che eviti la ghettizzazione?". La scelta fatta dall’equipe del SERT è andata decisamente verso la seconda direzione, per cui oggi è possibile dire che il Centro serale Sotto Sopra è, prima di tutto, un punto di riferimento intermedio fra SERT e territorio.
Punto di riferimento, prima di tutto, per i tossicodipendenti del territorio, già in carico e non, che percepiscono il Centro come un posto dove possono andare sicuri di essere accolti. Intermedio, perché può diventare una porta di servizio per accedere al SERT, qualora fosse difficoltoso l’accesso diretto al Servizio.
Ma si è voluto essere ambiziosi: se davvero volevamo fare di SottoSopra un punto di rottura, era necessario rompere alcuni stereotipi, per questo si è pensato al Centro come punto di riferimento culturale per il territorio, e di conseguenza, i tossicodipendenti come individui portatori di cultura. Questo processo era già cominciato con la redazione del giornale "l’urlo", che aveva restituito ai redattori la possibilità di farsi sentire, di esprimere opinioni, di dare informazioni. SottoSopra permette di dimostrare che i tossicodipendenti sono, prima di qualunque altra cosa, persone, spesso ricche di esperienze di vita, di cultura, di istruzione, di opinioni. Per questo il Centro propone degli eventi di informazione, scambio, cultura, aperti alla cittadinanza.
Infine vi è un altro aspetto di intermediarietà che si vive all’interno del Centro, e cioè l’incontro fra alta e bassa soglia di tossicodipendenza.

Prima di approfondire questo concetto è forse bene chiarire qual è la tipologia di utenza che frequenta SottoSopra, in particolare è bene specificare cosa si intende per bassa soglia in questo territorio, ben diverso dal contesto metropolitano.
1. Bassa soglia come riduzione del danno: cioè utenti che non hanno intenzione di sottoporsi a disintossicazione, per i quali il SERT mette in atto una strategia tendente a limitare il danno fisico e sociale, a ridurre il rischio di devianza, di overdose; un progetto quindi che prevede interventi primari di bassa soglia (metadone a mantenimento, informazioni, fornitura di presidi sanitari, ecc.). Rispetto a questa prima tipologia SottoSopra sta realizzando interventi quali la distribuzione di fiale di narcan, preservativi e, in prospettiva, siringhe sterili.
2. Bassa soglia come presa in carico unicamente ambulatoriale: cioè utenti che non accettano comunque alcun tipo di relazione che vada oltre gli aspetti farmacologici, che non hanno quindi maturato una consapevolezza della tossicodipendenza come problema non solo organico ma anche psicologico-relazionale, o, pur essendone consapevoli non intendono affrontarlo in questi termini. Sebbene nel SERT di San Giovanni in Persiceto sia stato dato ampio spazio alla riflessione sull’Accoglienza, a come rendere flessibili gli spazi dell’ambulatorio in modo da consentire comunque un approccio informale, non strutturato, resta il fatto che si lavora non in strada ma in una Istituzione. Questo spesso non facilita un contatto significativo con queste persone, che vivono gli uffici di educatore, assistente sociale e psicologo, come troppo strutturati, non attraenti, non significativi. Sembra importante quanto Don Luigi Ciotti, del Gruppo Abele di Torino, dice a proposito del lavoro delle unità di strada: “…andare incontro alle persone. Non possiamo solo – e troppe realtà l’hanno fatto per troppo tempo – restare ad aspettare nei nostri recinti, nei nostri servizi, nei nostri ambulatori.”
3. Bassa/Media soglia come permanere di un uso periodico di sostanze pesanti: cioè utenti che, pur avendo attivato programmi articolati che prevedono anche spazi di rielaborazione, non riescono a mantenersi "drug-free". Sia nel caso precedente che in questo, l’essere struttura a bassa soglia permette agli utenti di accedere, anche se sotto l’effetto di sostanze purché non impediscano lo svolgimento della vita quotidiana, all’interno del Centro.
4. Bassa soglia come mancanza o povertà di una rete sociale significativa: poiché secondo l’equipe il livello di intossicazione o uso/abuso di sostanze non può essere l’unico indicatore che determina la bassa soglia, si è pensato di inserire anche questa fascia di utenti, che probabilmente in altri contesti sarebbero considerati ad alta soglia. Utenti quindi che potrebbero essere anche in una situazione drug-free, ma che mantengono legami di dipendenza con la famiglia, con il lavoro, tali da impedire comunque un percorso di autonomia e reinserimento. Come già detto, per alcuni degli utenti di SottoSopra la vita ruota unicamente attorno a casa, lavoro, sostanze. Nel momento in cui si tolgono le sostanze però nulla si sostituisce a queste, con il forte rischio di un isolamento e di un incistamento all’interno della famiglia non meno pericolosi della dipendenza "tossica".

Il termine "bassa soglia" offre un’altra analisi, indipendente da utenza e sostanze, una riflessione riferita invece alla soglia/ingresso del Centro, quindi bassa soglia come ingresso/soglia facile da varcare. Vediamo allora quali sono le modalità di accesso alla struttura. Questa è una delle cose che con il tempo si sono molto modificate, superando l’accoglienza prevista inizialmente, strutturata diversamente a seconda delle diverse soglie di utenza: molto strutturata per l’alta soglia, fino ad un accesso libero per la bassa soglia,
L’obiettivo che il SERT e il Centro si prefiggono è che l’arrivo a SottoSopra sia il più tutelante e accogliente possibile per la persona che si intende inviare. Per questo non ha più significato prevedere colloqui più o meno strutturati al SERT, ma si privilegia l’eventuale accompagnamento al Centro da parte dell’operatore di riferimento, una conoscenza presso il SERT degli educatori di SottoSopra, in particolare grazie alla presenza degli operatori del Centro al SERT al sabato mattina. Se il Centro Serale è considerato un’altra stanza del SERT, il momento del sabato mattina costituisce il corridoio fra le due strutture. Questo tempo vede partecipi anche i ragazzi che già frequentano il Centro, che finiscono per avere un ruolo importante con una duplice valenza.
Da un lato rafforza la relazione fra questi e le operatrici del Centro. Può essere infatti il contesto in cui, stimolati dall’essere al SERT per la terapia farmacologica, diventa più semplice parlare e confrontarsi sul proprio percorso terapeutico. È questo un aspetto che difficilmente riesce ad essere affrontato durante le attività serali a SottoSopra.
Dall’altro facilita l’aggancio fra Centro e nuovi utenti, in quanto l’invito a fermarsi a chiacchierare con le operatrici, o il racconto su ciò che viene fatto a Sant’Agata, ha una valenza diversa se fatto anche dai pari e non solo dagli educatori.
Se invece un nuovo utente arriva al Centro prima che al SERT, dopo un iniziale periodo di accoglienza/osservazione, viene proposto un incontro al Servizio con la coordinatrice del Centro con l’obiettivo di illustrare oltre all’organizzazione del Centro anche la strutturazione del Servizio.

Dopo aver visto chi frequenta il Centro e come vi può arrivare, vediamo cosa si fa, come e perché a SottoSopra.
La compresenza delle diverse soglie aumenta la complessità del lavoro educativo al Centro; gli operatori sono chiamati a modulare il loro intervento passando spesso da un’ottica di mantenimento, richiesta dalla bassa soglia, ad un’ottica di cambiamento, richiesta dalla media/alta soglia.
In ogni caso il ruolo degli operatori non è terapeutico ma educativo; le caratteristiche del Centro richiedono di lavorare con e nell’informalità, avendo sempre come principale obiettivo quello di instaurare con l’utenza una relazione significativa e di fiducia. L’informalità, tipica di SottoSopra, non deve far pensare ad una situazione semplice né tantomeno casuale, significa anzi avere:
• capacità di ascolto e contenimento attivo,
• saper cogliere i segnali,
• essere diretti,
• "provocare", nella relazione, un’apertura nei ragazzi in modo che possano raccontarsi,
• saper lavorare nel gruppo facendone emergere le risorse,
• saper stare nel mantenimento,
• mostrare prospettive,
• stimolare e profilare cambiamenti.
In ogni caso si tratta di lavorare per microobiettivi, dimostrando grande flessibilità rispetto a questi.

Lavorare contemporaneamente per il mantenimento e per il cambiamento richiede un delicato equilibrio che non faccia prevaricare un aspetto sull’altro. Lo strumento che l’equipe ha individuato a questo scopo è la contrattazione. Contrattazione significa cercare un terreno di incontro fra le tre diverse "etnie" che in questo momento abitano il Centro (operatori, bassa soglia, media/alta soglia), riguardo gli aspetti più importanti della vita del Centro quali le regole, le attività, il clima.
La ricerca di questo incontro avviene soprattutto quotidianamente, nell’informalità; è previsto anche uno spazio istituzionalizzato, di assemblea, in cui si sancisce il punto di arrivo di questo percorso.
Il possibile incontro delle tre "etnie" presuppone un lavoro educativo sulle diverse culture che ognuna porta. È così possibile ridare significato anche al termine reinserimento a SottoSopra. Solitamente inteso come parte conclusiva del progetto terapeutico, il reinserimento rischia di essere finalizzato solo al ritrovare un lavoro, un’abitazione autonoma, un equilibrio nella gestione della quotidianità sia in termini concreti che relazionali. Può dare l’idea di un inserire di nuovo un soggetto in una società che è sempre quella, che non è mai tenuta a mettersi in discussione. Il tossicodipendente si cura ,"si ripulisce" allora, e solo allora, può rientrare.
Reinserirsi attraverso SottoSopra, per un tossicodipendente, significa prima di tutto: reinserirsi nel gruppo dei pari, cioè frequentare le stesse persone della "piazza", con un comune obiettivo di benessere, questa volta "sano" e non "tossico". Questo significa riformulare i codici di comunicazione, che non possono più basarsi sull’omertà e su un piacere che, anche se agito con gli altri, resta però individuale, sulla completa assenza di regole, sulla trasgressione, con lo scopo di creare al Centro un clima accogliente e vivibile per tutti.
SottoSopra offre la possibilità di reinserirsi in un territorio non più come singolo tossicodipendente che in un qualche modo chiede riscatto, ma come gruppo che, insieme, impara ad utilizzare le risorse che il territorio offre (in termini di tempo libero, ma non solo), chiedendo anche alla società di porsi delle domande e a non restare più ad aspettare passivamente che i tossicodipendenti "rientrino", questo presuppone tutto il lavoro di rete e di promozione culturale che il Centro offre all’intera comunità locale.

Ma quali sono più nello specifico gli obiettivi che questo progetto si pone, come si cerca di realizzarli?
L’esperienza di questi anni ci ha spinto a mettere sempre più al centro della progettualità la RELAZIONE, come obiettivo generale da perseguire. Relazione intesa come luogo di svago e stimolo, spazio dove poter rispettare i tempi della bassa soglia, momento dove poter contrattare e amalgamare i tempi tra le differenti soglie, modalità di rispetto delle libertà dei tempi e dell’agire di ognuno nell’utilizzo degli spazi e delle diverse situazioni.
Questo obiettivo generale diviene premessa necessaria ad altri obiettivi quali:
• Accoglimento e accettazione dell’utente e dei suoi bisogni così come si presentano
• Contenimento delle problematiche personali correlate allo stato di dipendenza dalle sostanze
• Acquisizione della consapevolezza della propria identità sociale adulta
• Reinserimento sociale
• Ampliamento delle risorse personali e relazionali
• Visibilità del Centro e apertura di questo al territorio come risorsa culturale e ricreativa.

Gli obiettivi più specifici e già in gran parte raggiunti in questi tre anni di lavoro, sono:
• aggancio di utenti a bassa soglia che non trovavano nel SERT opportunità di relazione altra dai contatti con l’ambulatorio;
• offrire uno spazio di benessere e di riscoperta di un piacere altro rispetto all’uso di sostanze;
• il costituirsi di un gruppo di utenti stabile all’interno del Centro;
• mantenere agganci con l’utenza più grave anche al di là della reale frequentazione del Centro, connotando la struttura come punto di riferimento relazionale significativo anche nei momenti di ricaduta;
• possibilità di utilizzo del Centro anche da parte di ex utenti SERT, in un’ottica di prevenzione delle ricadute;
• contatto con l’utenza sommersa che, passando prima dal Centro, accede poi al SERT per avviare un percorso di cura;
• apertura all’esterno del Centro (frequentazione di amici, volontari, iniziative aperte alla popolazione), in un’ottica di intervento di rete che eviti la sua ghettizzazione.

Questi obiettivi delineano in maniera sempre più chiara come a SottoSopra l’intervento è fortemente educativo, il benessere e la cura passano attraverso il fare. Nella riprogettazione delle attività, abbiamo pensato di tenere cosa ha funzionato nel passato e di individuare i punti critici ripensando gli obiettivi generali e specifici del centro.
Riguardando la storia del Centro si può vedere come le prime attività svolte siano state proprio l’apertura del Centro: comprare gli arredi, arredare gli spazi, discutendo e scegliendo insieme, operatori e ragazzi, l’utilizzo dei medesimi. La partecipazione a tale "attività" era dunque dettata dal bisogno del momento. Per lungo tempo le attività svolte all’interno del Centro cadevano in quella categoria scritta nel progetto come attività quotidiane/informali (cene, ascolto musica, lettura, visione tv/film): serviva, infatti, avere TEMPO e MODO per creare una relazione allora inesistente tra operatori-utenti-Centro come spazio legittimato, lasciando a DOPO la strutturazione delle attività che rispondessero agli obiettivi generali e specifici esplicitati nel progetto del Centro.
Oggi, invece, ci troviamo di fronte ad una doppia esigenza: da un lato è necessario mantenere la relazione già esistente ed in continua evoluzione; dall’altro sviluppare attività che permettano di compiere un salto qualitativo rispetto al gruppo, alla capacità di presentarsi all’esterno, di stimolare le loro risorse. Il primo aspetto viene garantito dalle attività informali:
• Cene, caffè, ascolto musica, lettura, visione TV e film, uscite di tempo libero.
• Attività di gestione della casa (ridefinizione degli spazi, abbonamenti riviste)
• Attività di vacanza, week-end in barca o in campeggio, fino ad arrivare ad una vera e propria vacanza di almeno una settimana.
Il secondo aspetto dalle attività strutturate:
• Attività corsuali (videoripresa, computer, internet, cucina)
• Attività corporee (sport, shiatsu, yoga, animazione)
• Attività gruppali (gruppo redazionale "L’URLO", gruppi tematici, gruppo genitori)
• Attività informative (giornate seminariali su tematiche legate alla tossicodipendenza, anche aperte al pubblico)
• Attività di visibilità del Centro (progettazione e realizzazione di materiale informativo sul centro)
• Attività di apertura del Centro alla cittadinanza (cene, Cineforum, ecc.)
• Attività di laboratorio ( murales, musica).
• Assemblea, a cadenza bimestrale o a richiesta degli utenti, con l’obiettivo di dare voce ai ragazzi sulla vita del centro e sperimentare una dimensione istituzionale e democratica.

BIBLIOGRAFIA
A.A.V.V., La riduzione del danno, Ed. Gruppo Abele, Torino, 1994.
MONTECCHI L., GROSSI L. (a cura di), Intermedia Centri Diurni. Strutture intermedie per la psichiatria, le tossicodipendenze e l’handicap, Pitagora Editrice, Bologna,1997.

RIVISTE
A.A.V.V., L’intervento di rete. Concetti e linee di azione, in Quaderni di Animazione e Formazione, Collana a cura di Animazione Sociale università della strada, Ed. Gruppo Abele, TO, 1995.
CAMARLINGHI R. (a cura di) Intervista a GROSSO L., Le nuove frontiere della riduzione del danno, in Animazione Sociale, Ed. Gruppo Abele, Torino, 2000.
DEMETRIO D., Adulti che ascoltano, adulti che si ascoltano, in Animazione Sociale,
n. 8/9, 1996
ITACA, Unità di strada e riduzione del danno, Maggio-Agosto 1997, Anno 1, n.2
ITACA, La presa in carico del tossicodipendente, Settembre-Dicembre 1997,
Anno 1, n. 3

DOCUMENTAZIONE VARIA
CIOTTI Don Luigi, Conclusioni degli “Atti dell’incontro nazionale degli operatori delle unità di strada”, Bologna, 15-16 Marzo 1999, Regione Emilia Romagna.
SCARLATTI S., Tesi di Laurea "DROGA, LAVORO E FAMIGLIA: L’ANORMALITA’ DELLA NORMALITA’", Università degli studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Servizio Sociale.

LEGISLAZIONE
D.P.R. 309/90, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.




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