“Vanno sostenute quelle forme di comunicazione di base, come pubblicazioni che nascono da associazioni e gruppi, periodici del volontariato, i canali di informazione degli Enti locali che, pur operando in ambito molto più limitato rispetto ai grandi mezzi di comunicazione di massa, riescono a promuovere informazione positiva”
La Regione Emilia-Romagna s’è fortemente impegnata nel percorso disuperamento degli ospedali psichiatrici, riuscendo a rispettare nella sostanzala scadenza e l’obiettivo proposti dalla legge nazionale: è in grado diaffermare nella concretezza delle politiche, della destinazione delle risorse,dei servizi attivati che "si può" chiudere definitivamente imanicomi.
Questo rappresenta un fatto importante di civiltà, di libertà e di democrazia,oltre che un momento alto di progettualità di servizi e una scelta didestinazione di risorse: si tratta, necessariamente, di un percorso lungo,complesso, che non consente facili scorciatoie.
Superare il manicomio significa, infatti, attuare un percorso dideistituzionalizzazione: non si tratta di abbellire e rendere più vivibili levecchie strutture, di cambiare nome ad un luogo o alle persone che vi sonoospitate, non è sufficiente definire dimessi gli ammalati; è necessariocancellare l’istituzione, con la sua forza e le sue regole che prevalgono edominano la vita dei singoli, con la sua capacità di isolare, di escluderedalla società, per immettere i singoli in un’organizzazione ben strutturata efunzionante, ma senza relazioni e segregante.
Se questa valutazione è vera, come io credo, ne possiamo trarre un precisoorientamento per definire le caratteristiche e le modalità di funzionamento deiservizi alternativi agli ospedali psichiatrici, al fine di evitare il nascere ditanti piccoli luoghi di isolamento e per creare una rete di risposte e diservizi a diversa intensità di tutela a seconda dei bisogni delle persone,flessibili e mai "eccedenti" rispetto al livello di nonautosufficienza, in modo da stimolare le capacità delle persone e di nonsostituirsi ad esse nelle azioni della vita quotidiana.
In tal senso il superamento degli ospedali psichiatrici è un’occasioneimportante per sviluppare le esperienze già attivate e per progettare in modoinnovativo il sistema dei servizi, in una stretta interazione tra personalesociale e sanitario e in una forte collaborazione tra istituzioni pubbliche,volontariato e cooperazione sociali.
Se l’obiettivo è quello di non sostituire un tipo di esclusione con un altro,paradigma fondamentale di valutazione dei servizi attivati deve essere quellodella relazione con il contesto sociale, della capacità di riabilitazione e direinserimento delle persone, oltre a quello di un modello di funzionamento cheabbia a riferimento la quotidianità e la normale organizzazione della vitadelle persone.
Questa azione ha necessariamente due fronti di svolgimento: uno rivoltoall’interno dei servizi, relativo alle figure professionali prescelte, alla loroformazione specifica, alle modalità organizzative e di funzionamento delservizio; l’altro rivolto al contesto sociale, alla comunità nella quale ilservizio è inserito, che deve svolgere un’interlocuzione attenta e attiva.
La percezione sociale della malattia
Si pone qui, con grande evidenza, il tema della percezione sociale dellamalattia mentale, del disagio psico-sociale, della persona che porta difficoltàe problemi: il pregiudizio verso la persona "diversa", la paura chenasce dalla non conoscenza delle persone e dei loro comportamenti ingeneranoprocessi di rimozione, di indifferenza, se non di aperta ostilità edesclusione, da cui derivano isolamento ed emarginazione delle persone ammalate.Credo che queste dinamiche sociali siano state esperienza di molti che operanonel campo della salute mentale e più complessivamente delle politiche sociali.Il rifiuto di accogliere strutture residenziali o diurne per persone che portanodisagio sociale o malattie o "diversità" (pensiamo agli immigrati, aidisabili, agli ammalati di Aids, ai tossicodipendenti) in un determinatoquartiere, in una località o in un territorio comunale è fenomeno moltodiffuso: la paura e la diffidenza prevalgono sul senso di solidarietà e dicomprensione. Questi atteggiamenti sono superati, nella quasi totalità deicasi, quando si realizzano concretamente le comunità e la gente vi vive, quandolo sconosciuto diventa noto, quando il "diverso" è comunque il vicinodi casa, è una persona con problemi e risorse, con aspetti positivi e negativi,come tutti.
Cito queste situazioni, che ho personalmente molte volte vissuto durante la miaesperienza di assessore e di sindaco del comune di Modena, per evidenziare ilruolo centrale dell’informazione nei processi d’integrazione sociale.Informazione, conoscenza, consapevolezza sono i presupposti indispensabili perla comunicazione, lo scambio, la condivisione, la relazione sociale, lasolidarietà attiva.
L’informazione prodotta dai mass-media, è a tutti noto, tende ad evidenziare inmodo strettamente prevalente i fatti negativi, ciò che produce danno, glielementi di conflitto, i reati commessi, stigmatizza le diversità.
Varie ricerche sono state condotte sull’immagine che i mezzi di comunicazioneoffrono del malato di mente, del tossicodipendente, dell’immigrato. Innanzitutto non sono identificati come persone ma come categoria sociale, che porta sudi sé la somma delle negatività, dei reati commessi, dei danni arrecati. Ilmatto non è una persona che va curata per una malattia che porta, ma èun’immagine sociale che è collegata alla violenza, al danno, al pericolo, allapaura. Questo tipo di informazione ricade, oggi, su un cittadino meno forte, nonpiù dotato delle grandi certezze che derivavano dalle ideologie, dalla lorocapacità di costruire progetto e aggregazione; l’uomo di oggi tende a chiudersiin un ambito sempre più ristretto, fatto di interessi settorializzati,personalizzati, a volte corporativi, dove l’ambito del proprio agire, in unmondo che si globalizza e che quindi diventa troppo vasto, è il "propriogiardino".
"Il giardino", il "luogo della reale vicinanza" deve avereuna forte identificazione personale e simbolica e non può accogliere ciò chenon è omogeneo, di immediata riconoscibilità; esclude ciò che è diverso.
A fronte di queste tendenze sociali, rafforzate dai mezzi di comunicazione dimassa, occorre lavorare con forza e determinazione per produrre formazione einformazione, per promuovere una cultura dell’accoglienza, una capacità diconfronto, un’apertura al dialogo, per fare sentire che le diversità sono unvalore.
Le istituzioni, le forze politiche, le organizzazioni sociali, il volontariato,il mondo della cultura e dell’informazione debbono muoversi in questa direzione,sapendo informare, dialogare, contrastare irrazionalità, paure e fenomenid’esclusione diffusi.
Come sempre, a fronte di processi di tale complessità, si tratta di un percorsolungo, arduo, il cui fine non può mai considerarsi definitivamente raggiunto,che deve essere perseguito con tappe e progetti intermedi, con coerenza etenacia.
La scuola, le istituzioni culturali, il mondo della formazione hanno un ruoloessenziale; nei punti di aggregazione dei giovani, degli anziani possono esseresvolti interventi di grande importanza, per imparare ad ascoltare, a leggere conl’occhio dell’altro, a capire… Mostre, quali "Vite da pazzi"promosse dall’Istituzione Minguzzi, con la collaborazione della Regione, diassociazioni ed istituzioni locali, la lettura di testi di straordinariaefficacia, quali ad esempio "Si può" ed "Eppure" di ClaraSereni, "L’altra verità – Diario di una diversa" di Alda Merini,delle lettere delle persone chiuse nei manicomi (egregio è il lavoro fatto neltesto "La città proibita" – Nascita e fine dell’ospedale psichiatricodi Imola (1844-1994) e di tanti altri, rappresentano momenti di riflessioneessenziali.
Sostenere l’informazione di base
La Regione può svolgere un ruolo importante insieme con gli Enti locali econ le associazioni in questo ambito, promuovendo, finanziando, collaborando adiniziative di ricerca, quali quelle promosse dall’Istituzione Minguzzi sullapensione sociale di fronte alla malattia mentale, di formazione e dicomunicazione sociale.
Ritengo, inoltre, che vadano sostenute forme di comunicazione, qualipubblicazioni che nascono da associazioni e gruppi, periodici del volontariato,i canali di informazione degli Enti locali che, pur operando in ambito moltopiù limitato rispetto ai grandi mezzi di comunicazione di massa, riescono apromuovere informazione positiva, valorizzazione di esperienze rivendicative epositive nell’ambito di un certo territorio.
E’ una comunicazione che ha toni meno urlati, forse meno capace di condizionareimmediatamente un pubblico vasto, ma è una informazione importante che puòprodurre riflessione, approfondimento, spirito critico.
Ho già detto dell’effetto profondamente negativo svolto dalla comunicazione dimassa nel categorizzare le persone: i matti, i tossicodipendenti, gliextracomunitari. Questa modalità fa scattare in chi riceve l’informazione unsenso di estraneità (io sono diverso da loro), di separatezza e preclude ognicomprensione e umana solidarietà.
Ma ci sono altri messaggi negativi, segreganti che vengono trasmessi, con unodei quali – a titolo d’esempio – vorrei concludere questo mio intervento; pensoal pregiudizio dell’inguaribilità che accompagna la persona ammalata di mente:chi non può guarire è definitivamente escluso, è per sempre diverso, la suamalattia prevale sulla sua vita di uomo, non vale forse neppure la pena diprestargli cure, serve solo un luogo dove "metterlo"… E’ nelsuperamento di questo pregiudizio che si fonda una parte importante del percorsodi reale soppressione dei manicomi e delle istituzioni emarginanti.
(*) Presidente della Commissione Consiliare Sicurezza Sociale e Sanitàregione Emilia Romagna