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autore: Autore: Alessandra Perderzoli

Come una star, vorrei diventare famoso!

Di Alessandro Pederzoli

Ciao Antonio, qui Ale.
Da un po’ ti “conosco” perché ho visto il tuo sito e soprattutto perché ti ho ascoltato in puntata su Radio2. Eri ospite della trasmissione “L’altrolato” di Federico, mio amico. Io lavoro per “Accaparlante” una cooperativa sociale di Bologna che si occupa di fare un lavoro di tipo culturale sulla promozione della persona attraverso la costruzione di un’immagine positiva della disabilità.
Scrivo anche per la rivista “Hp-Accaparlante”, edita dalla casa editrice Erickson di Trento, di cui noi ne siamo autori. Per questa rivista curo alcune rubriche, tra cui una su “progetto di vita”. Vorrei scrivere di te e del tuo grande progetto: diventare famoso.
Dimmi se è ok…Grazie, A.

 Ciao Alessandra, piacere di conoscerti! Anche dal modo in cui scrivi assomigli molto a Federico ;-)).
È fantastico sapere del tuo interesse del mio progetto e sarei felicissimo di essere citato nella tua rubrica… fammi sapere se ti serve qualcosa. Un abbraccio e, anche se un po’ in ritardo, felice anno nuovo!
Antonio Gaddari

 È lui l’autore del sito www.wannabeavip.com la cui originalità spicca sin da una prima navigazione. Un sito con una storia tutta particolare.Questa pagina nasce dal verificarsi di una serie di eventi che hanno cambiato la mia vita e mi hanno spinto a intraprendere un percorso obbligato. Vedrò di essere un po’ più chiaro. Un incidente stradale, avvenuto nell’estate del 1989 con tutta la mia famiglia, e un susseguirsi di negligenze da parte dei medici nelle ore successive, mi causarono una lesione midollare che mi ridusse, e mi riduce tuttora, a uno stato di tetraplegia (paralisi di tutti e quattro gli arti). Dio volle che l’incidente mi capitasse all’età di cinque anni per offrirmi la possibilità di vivere la mia vita con la capacità, ormai non comune, di apprezzare tutto ciò che ci arriva senza mai dare nulla per scontato”.
Antonio da qualche anno può rimanere seduto solo poche ore, ecco perché non riesce a trovare un’occupazione neppure a regime di part-time. Antonio però può comunicare in maniera completa e lo fa tramite la voce. Grazie a un software specifico (Dragon Naturally Speaking) riesce a impartire ordini al pc; in questo modo, parlando a un microfono, può scrivere.
Antonio ha un grande progetto: diventare famoso. “Ogni giorno leggo e vedo ovunque personaggi dello spettacolo che sono famosi e pieni di soldi solo grazie al loro aspetto fisico e alle loro storie d’amore con altri personaggi celebri. Vedo decine di migliaia di persone che spendono fior di soldi per votare il loro personaggio preferito in tutti i reality show del momento, e questo mi dà da pensare”. Così ha pensato. Ha pensato come in questa società nulla valga quanto la bellezza e la perfezione fisica. Viviamo immersi in relazioni superficiali, in cui si mette in gioco solo in parte la propria persona, tenendosi fuori: cercando la via più semplice e meno impegnativa.
L’intelligenza, la capacità di comunicare, le emozioni profonde, dice Antonio, sono ai margini: non sono abbastanza importanti. Così prosegue: “L’unico modo che ho per smentire tutto questo è dimostrare che tutti possono essere tutto ciò che vogliono, saltando quei muri che noi crediamo reali ma che in realtà non esistono. Ce li creiamo noi stessi, ponendoci dei limiti che ci servono per dare una giustificazione alla nostra coscienza che altrimenti ci farebbe star male”.
L’obiettivo di Antonio stupisce e sconvolge allo stesso tempo: diventare famoso. Vuole attirare l’attenzione e l’interesse delle persone attorno a sé. Non ha un editore e decide, attraverso la rete, di farsi editore di se stesso. Da qui l’idea di questo blog/sito.
La sezione principale è un diario attraverso il quale Antonio comunica con i lettori la sua quotidianità. Lo fa tutti i giorni, nessuno escluso. Così come i personaggi famosi e importanti tengono rubriche sui settimanali o sulle loro pagine web personali, nelle quali aggiornano i lettori sulla loro vita, così vuole fare lui. Quella che comunica è la quotidianità spicciola, nella quale racconta quello che gli accade tutti i giorni, gli incontri che fa, gli amici con i quali trascorre il suo tempo. Sono giornate piene quelle di Antonio, ecco perché non si tratta certo di un angolo di tristezza del quale sono protagoniste la desolazione e la noia di spazi vuoti fatti di reclusione. Antonio si racconta con grande ironia: e questa probabilmente è la chiave di lettura di tutto il sito.
“Non ho un editore, non ho un lavoro, questo strumento mi serve per avere della visibilità. Vorrei arrivare alla televisione”.
Chi non lo vorrebbe? Siamo in un tempo nel quale approdare alla televisione, ancora di gran lunga il medium capace di raggiungere il numero maggiore di persone, perché più visto, più seguito e più presente nelle case degli italiani, significa raggiungere, in qualche misura, la notorietà.
Un blog, una vita messa in piazza attraverso questo diario quotidiano, raggiunge dunque due obiettivi evidentemente importanti per Antonio: fidelizza tanti lettori che si interessano a lui e alla sua quotidianità, e attira l’attenzione di quanti lavorino nel campo delle comunicazioni. Perché Antonio è un grande comunicatore di se stesso. Non fa filosofia, non ragiona intorno ai massimi sistemi, non si erge sul podio di chi si sente autorizzato a spiegare la vita solo perché in una condizione più “sfortunata”. Parla di sé. Questa è la lezione. Non racconta la realizzazione di grandi imprese, non fa sfoggio di grandiosi risultati raggiunti. Antonio parla di normalità, la sua vita raccontata con questa semplicità diventa incredibilmente interessante. Forse quello che incuriosisce, e attira allo stesso tempo, è proprio il fatto che Antonio non vuole diventare famoso per aver compiuto grandi opere, seppur nella condizione della disabilità: Antonio vuole che la sua vita normale diventi famosa. Ecco perché ambisce per esempio a occupare spazi sul mezzo televisivo, ecco perché spera in una qualche presenza in un reality; così come è in cerca di un editore che pubblichi una sua autobiografia.
Ironia dunque nell’approccio, ma anche molta fantasia: che in lui si traducono felicemente in spirito d’iniziativa. In una sezione del sito, chiamata Imvalid store, Antonio lancia un marchio di abbigliamento da lui ideato che gioca sui termini e sulle assonanze delle parole. Propone due magliette, versione maschile e femminile, manica corta per uomo e manica lunga per donna, che sui colori del bianco e nero fa spiccare la scritta IMVALID. “Ho deciso di provare a lanciare un marchio d’abbigliamento, chiamato IMVALID, con riferimento al significato in inglese sono valido, sono in grado, io valgo; contrapposto alla pronuncia in italiano, che assomiglia alla parola invalido”. Idea bizzarra, questa, che Antonio spiega così: “A prescindere dalla condizione in cui ci si trova, ognuno di noi è in grado di superare ostacoli e di riuscire a realizzarsi in qualsiasi campo si voglia e ci si impegni. Per cui chi indossa questo marchio può essere per esempio uno studente, che ha appena preso una bocciatura e si rimbocca le maniche per essere promosso alla prossima occasione, oppure una persona licenziata, che inizia a cercare subito un nuovo lavoro con ottimismo e tenacia, o, ancora, qualsiasi persona che ha fiducia in se stesso e non c’è nulla che lo scoraggi, a un ragazzo innamorato che cerca di far colpo su una ragazza mostrando i suoi lati migliori, fino ad arrivare all’esempio di un laureato in ingegneria che fa il barista d’estate per continuare a migliorarsi sempre più con master e tirocini d’inverno, con la consapevolezza che chi s’impegna la vince. Chi veste Imvalid è una persona che è consapevole della propria forza e non ha paura di affrontare le difficoltà della vita che, a ognuno di noi, il destino riserva”.
Così Antonio propone un gioco di parole da indossare, un’idea non certo riservata alla categoria delle persone disabili. Lo spiega lui stesso. E rientra perfettamente nella sua logica che impregna il sito di ogni suo pensiero.
Antonio è arrivato su Radio2, si è raccontato su Radio24; ha partecipato a una puntata di Screensaver (Rai 3) e a lui sono stati dedicati diversi articoli sulla stampa locale sarda. Ma soprattutto Antonio è raggiungibile facilmente da quanti abbiano il desiderio di conoscerlo. È certamente diventato un personaggio, grazie alla sua energia, ironia e fantasiosa creatività. Questo uno dei progetti per la sua vita.  

Tele Glad…30 minuti, tutti i giorni

Di Alessandra Pederzoli

Domenica 29 ottobre 2006 tra i servizi della trasmissione Report, di Rai Tre, la conduttrice e autrice Milena Gabanelli annuncia una Good news: si tratta di Tv Glad “tele contenta”, una tv danese fatta da persone disabili mentali (a esclusione dei tecnici). Il servizio di Stefania Rimini, giornalista del programma, l’intervista pubblicata sul sito e alcuni brevi articoli usciti sulla stampa specializzata (soprattutto on line), la definiscono “la prima televisione al mondo costruita e pensata in questo modo”. In questi termini, attira certo l’attenzione, perlomeno per andare a scoprire più da vicino le logiche che ne hanno determinato la costituzione e le spinte che ne organizzano quotidianamente il lavoro.
Tv Glad ha un sito (www.tv-glad.dk), strutturato in diverse sezioni nelle quali sono ben descritti il palinsesto, le puntate dei singoli programmi, i testi delle interviste giornalistiche condotte, coronate da alcune pagine contenenti le informazioni generali che la descrivono nel dettaglio. È questa l’unica sezione a essere tradotta in inglese, mentre il resto è solo in lingua danese. E da qui si ottengono preziose informazioni.
Tv Glad dunque è la prima televisione al mondo realizzata da persone disabili mentali: sono circa centotrenta le persone che vi lavorano, distribuite in sei filiali; la maggiore è quella di Copenhagen che raccoglie più della metà degli addetti ai lavori (circa settanta). I programmi prodotti vengono trasmessi in una striscia quotidiana di trenta minuti (notturna o diurna, dipende dall’emittente) in diverse televisioni locali danesi, fino a raggiungere un terzo della popolazione della Danimarca. Obiettivo imminente è quello di espandere il bacino di utenza in patria ma anche all’estero. Sono già in essere alcuni tentativi riusciti con successo; Tv Glad infatti riesce a trasmettere in diversi paesi dell’America Latina, grazie alla filiale di Madrid, e ha in corso numerose trattative per aprire studi in Lituania, Svezia, Norvegia, Spagna, Turchia, Cuba, Equador e Cina.

Libertà di espressione e di opinione
“Tv Glad vuole assicurare, incrementare e mantenere il diritto democratico della libertà di opinione e di espressione delle persone disabili mentali” – si legge nel sito – perché essere capaci di esprimere in modo autonomo la propria vita quotidiana e il saper raccontare storie, sono elementi essenziali per l’autonomia personale e per la creazione di un’identità. Il mezzo televisivo è stato scelto come strumento privilegiato, per fornire a queste persone la possibilità di comunicare il loro mondo e il mondo che tutti abitiamo, pur non sapendo né leggere né scrivere, nella maggioranza dei casi.
Il servizio mandato in onda da Report mostra bene questa caratteristica, più volte sottolineata all’interno della presentazione che si legge sul sito. Vediamo una giornalista all’opera, mentre conduce un’inchiesta sugli alcolisti. Lo fa andando a parlare con persone alcoliste in un parco di Copenhagen: non sono certo argomenti difficili a spaventare le troupe di Tv Glad! Gli operatori disabili che lavorano all’interno della testata raccontano il loro handicap alla giornalista di Report e spiegano come non sapendo leggere e scrivere, riescano a esprimersi proprio attraverso le interviste grazie alle quali possono “dire qualcosa”.
Tv Glad dunque, oltre a compiere un importante compito di natura strettamente culturale, svolge anche un’azione fortemente formativa per le persone stesse che la realizzano. Innanzitutto un’esplicita volontà di immettere questo personale nel mercato del lavoro (perché in fondo di questo stiamo parlando), proponendo loro un impiego in un settore che vi rientra a pieno titolo. Ogni mese, infatti, esiste uno stipendio che, in molti casi, va a integrare la pensione di invalidità. Non solo. Oltre a lavorare a pieno titolo nel settore delle comunicazioni televisive, tutte le persone disabili mentali che vi sono impiegate, assumono ruoli significativi e di rilievo: sono giornalisti che decidono come strutturare le interviste, le inchieste o i reportage; così come sono loro stessi a condurre, per esempio, i dibattiti o le tavole rotonde mandati in onda. Ma sono anche loro a decidere gli argomenti, le scalette e l’agenda della striscia quotidiana. Certamente è importante l’azione di supporto del personale tecnico e qualificato che si arricchisce della presenza di qualche volontario. Sono stati buoni, dunque, i risultati ottenuti finora: sia dal punto di vista “commerciale” (la striscia quotidiana infatti è vista da un grande bacino di utenza, e sta vivendo una fase di notevole espansione), ma anche e soprattutto dal punto di vista educativo per le persone disabili che vi lavorano (imparano a pieno titolo un lavoro).
È interessante concentrarsi su questo secondo aspetto che più volte gli autori del sito sottolineano: chi lavora a Tv Glad impara a fare un mestiere. Quando si pensa alla persona disabile, e disabile mentale, che sta imparando a fare un lavoro si è soliti pensare a un tipo di occupazione che abbia a che fare molto più con il concreto. Con il fare qualcosa in modo meccanico e ripetitivo, forse. Difficile pensare che la persona disabile mentale venga educata e avviata alla carriera televisiva, perché quello della comunicazione e dell’informazione è sempre un terreno delicato che si riserva ai pochi che ne abbiano le competenze.
In realtà la sfida duplice messa in atto da questa televisione danese dimostra proprio come, operando un attento lavoro sulla persona, formandola ed educandola ad aprire il proprio mondo interiore alla manifestazione dei propri interessi e alle manifestazioni del mondo, lo si operi, più o meno direttamente, sulla collettività nel suo insieme.

E gli argomenti?
Il pensare a programmi come Glad Food o Glad magazine condotti da disabili mentali è abbastanza rivoluzionario. Il primo un programma sui gusti alimentari. Sì, perché negli istituti o nei centri diurni, i disabili non hanno alcuna facoltà di scegliere il cibo e così non ne hanno mai avuto una coscienza. Non sanno in autonomia cosa preferiscono o cosa è meglio preparare; ora che i tempi sono cambiati, che molti cominciano a vivere nei gruppi appartamento, o addirittura in casa soli, diventa necessario che qualcuno sproni a questa fantasia sui gusti alimentari. Ecco il programma. Di una originalità e ironia incredibile, a pensarci bene.
Il secondo invece, un programma di dibattito sui tanti argomenti di attualità; non solo e non necessariamente legati alle tematiche o al mondo della disabilità, anzi. Essendo un programma di dibattito, sono anche ospiti esterni, esperti convocati appositamente, a parlare di temi quali l’educazione, la scuola, il mondo dell’informazione, la vita della famiglia, la cittadinanza attiva, temi legati all’andamento politico e amministrativo del paese. E, perché no, talvolta si parla anche di diritti delle persone disabili. Oppure Novotny Corner, un programma culturale in cui è soprattutto l’arte a essere protagonista, di qualunque tipo: la cinematografia, la pittura, la musica…
Quando sul sito si legge che il presupposto dal quale parte il lavoro è il riconoscimento della “normalità” di queste persone e l’affermazione del principio della liberà di espressione e di opinione, probabilmente ci si convince della positività che Tv Glad porta quotidianamente sul piccolo schermo. Tele contenta, sarebbe in italviano. Forse è contenta proprio perché cosciente, in qualità di mezzo “massa” per eccellenza, di diventarlo a pieno titolo. Nessuno escluso, dunque. Né dagli argomenti né, soprattutto, dagli studi dove, con microfono e telecamera, si arriva nelle case della gente.