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Si accendono le luci…

Sempre più grandi e importanti. Sempre più vere, più vive, più partecipate. Le Paralimpiadi invernali di Vancouver 2010 hanno acceso le luci questa notte, in Canada era ancora pomeriggio, davanti a migliaia di giovani. Sessantamila ne tiene il BC Place di Vancouver, e in sessantamila hanno applaudito, e battutto le mani, e alzato e sventolato quei buffi pompom bianchi illuminati da un lucina rossa. Migliaia di ragazzi e ragazze ben istruiti nell’indossare quel poncho colorato (uno diverso per ogni area dello stadio: blu, grigio e bianco) che si sono trovati sulle seggiole del palazzo dello sport canadese.

Una scenografia come solo le olimpiadi sanno fare, appariscente e improbabile, esagerata, allegra, grandiosa. Una festa bella e gigante: fatta di musica, balli, grida e mani alzate. Poi loro, i protagonisti, gli atleti, i paralimpici. Vederli sfilare con le bandiere nazionali è un’emozione grande, come grandi sono le storie che si tirano dietro scivolando con la sedia a ruote nello spazio coloratissimo del BC Place, in mezzo a sei ali di ragazzini festanti: per vincere, o solo per partecipare, non importa. Cifra record questo 2010 per loro: 505 atleti per 44 Paesi, più di Torino 2006, quando i Paesi in gara erano un po’ di meno e gli sportivi “solo” 485. Una festa che cresce, un binomio, quello di sport e disabilità, che fa sempre più parlare di sè. Lo dimostrano le dirette di Rai e Sky Sport, le migliaia di giornalisti accreditati, i fotografi con montati i teleobiettivi delle grandi occasioni. Vancouver ringrazia, assieme a Whistler, l’altra località sciistica dove si divideranno le gare a partire da oggi.

A “Van”, come la chiamano qui, vanno gli sport indoor (curling, ice sledge hockey), a due ore e mezza di macchina le gare di sci alpino e nordico. Le specialità dove gli italiani sono favoriti. Ecco, gli italiani: trentacinque atleti (più un atleta guida, suddivisi in nove per lo sci alpino, sei per lo sci nordico, quindici per l’ice sledge hockey e cinque per il curling in carrozzina). Quando sfilano al centro del BC Place (Argentina, Australia le prime squadre rigorosamente in ordine alfabetico, poi Hunghery, Islanda, Repubblica Islamica dell’Iran e infine…Italia) sono tra le delegazioni più colorate: Gianmaria Dal Maistro, ipovedente, già vincitore di sei medaglie tra Nagano 1998, Salt Lake City 2002 e Torino 2006, tuttora detentore dell’oro nel Super Gigante di sci alpino, fa da portabandiera. Tutti gli altri al seguito, assieme ai dirigenti del Comitato paralimpico, allenatori, tecnici. "Oltre ai risultati, mi aspetto soprattutto che i ragazzi, ciascuno nella propria individualità, possano ottenere ciò che si sono prefissati, indipendentemente da quello che verrà – si augura Luca Pancalli, presidente del Cip – . Si sono preparati al meglio per recitare su questo palcoscenico, che è il più ambito nella vita di un atleta, e l’importante è che riescano ad ottenere ciò che vogliono".

La festa continua. Passa attraverso la mascotte dei Giochi, il pupazzo gigante del piccolo Sumi, l’orsetto che a Vancouver ha volteggiato nell’aria sopra la testa dei sessantamila presenti, poi i saluti commossi di vecchie glorie dello sport Paralimpico, le autorità, le canzoni pop e la breakdance ballate sugli spalti dal popolo di questi Giochi 2010. Alla fine, solo alla fine arriva la fiaccola Paralimpica con una calda scenografia tra luci, ombre e fiamme altissime. Lo stadio è in delirio. In Italia è notte fonda quando a Vancouver si festeggia l’apertura dei decimi Giochi Paralimpici. Dimenticavamo – strano, lo si legge ovunque – lo slogan della festa: “One inspires many” , che qualcuno ha già tradotto con un italianissimo “Tutti per uno, uno per tutti”. Funziona lo stesso.

www.vancouver2010.com/paralympic-games
 




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