L’altra faccia di Vancouver: oltre 2000 homeless vivono nel centro città
di Luisa Begani
Camminando per il centro di Vancouver, la zona più ricca e il cuore finanziario della città, può capitare di voltare l’angolo e trovarsi improvvisamente catapultati in un altro mondo. Vancouver, in British Columbia, una delle regioni più ricche del Canada, è una città multiculturale e industriale, nonché il terzo polo di produzione cinematografica del nord America. Nel 2009 è stata eletta quarta nella classifica mondiale delle migliori città per qualità delle vita: l’area metropolitana, conosciuta come “Metro Vancouver”, conta oltre due milioni di abitanti. E vive le sue forti contraddizioni.
Bastano due passi da Chinatown, per finire a Downtown eastside, il quartiere più povero della città, dove si concentrano la maggioranza di homeless, prostitute, tossicodipendenti e spacciatori. A pochi metri dal BC Place Stadium, dove solo la settimana scorsa si sono accese le luci sulle decima edizione dei Giochi paralimpici. Si tratta di pochi blocks, il tratto di marciapiede tra una strada e l’altra, ma si fa fatica a credere che questa zona dimenticata da tutti faccia parte dell’altrimenti pulitissima e ordinatissima Vancouver. Tanto più che girando l’angolo di nuovo ecco ancora grattacieli e ristoranti alla moda, come il futuristico Harbour Centre, uno degli edifici più alti della città, o il Canada Place, un complesso che raggruppa alberghi a cinque stelle, e un nuovissimo cinema “imax”.
La situazione degli homeless a Vancouver è sempre più preoccupante, considerato che dal 2002 al 2005 il numero di senza tetto è raddoppiato. L’ultimo censimento ufficiale parla di 2.660 senza dimora (fonte: Metro Vancouver 2008 Homeless Count), una cifra che non comprende tutti coloro che, e sono centinaia, non sono stati censiti. Del totale degli homeless nell’area di Vancouver, il 33% è composto da nativi canadesi, ovvero le popolazioni che abitavano il Canada prima della colonizzazione europea. Molti nativi che vivono in strada sono infatti reduci delle residential schools, scuole dove fin da piccoli venivano inseriti allo scopo di essere occidentalizzati, e dopo essere stati allontanati dalle proprie famiglie: negli anni sono state svelate storie di tanti abusi ai danni di questi ragazzi. Un numero allarmante, considerato che solo il 2% della popolazione di Vancouver si dichiara nativo. Kim Keer, direttore esecutivo di Dera (Downtown eastside residents’ association), spiega che i nativi sono tuttora oggetto di pregiudizio e trattamenti discriminanti. “C’è scarsa sensibilità, se non indifferenza, verso queste tematiche sia da parte del governo che dei media – commenta Kerr -. Negli anni c’è stata una progressiva riduzione delle risorse destinate all’assistenza sociale, e la situazione di Downtown eastside ne è una prova evidente”.
I centri di accoglienza non riescono ad accogliere la vasta popolazione homeless. Inoltre, sono considerati luoghi pericolosi, dove il rischio di essere derubati o subire violenza è alto, tanto che molti homeless preferiscono la strada. Molto diffusi sono i cosiddetti “Sro”, single-room-occupancy hotels, edifici con stanze singole a bassissimo prezzo, spesso situati a Downtown eastside. Nonostante quelli gestiti dal governo o organizzazioni no-profit siano tendenzialmente meglio di quelli privati, sono spesso edifici fatiscenti con condizioni igienico-sanitarie al limite della sopravvivenza, tanto che sono in tanti ormai a chiamarle penalty boxes, celle punitive. Molti di questi edifici sono in corso di demolizione o in procinto di essere riutilizzati a scopo turistico.
“Se la ‘pulizia’ di Downtown eastside era già in agenda, le Olimpiadi e oggi la Paralimpiadi hanno sicuramente accelerato il processo” continua Kerr. Molte persone sono rimaste per strada, a causa della mancanza di posti letto a prezzi economici, e sono state introdotte leggi che di fatto criminalizzano la povertà: di recente è stata approvata una legge che consente alla polizia di obbligare gli homeless a dormire nei centri di accoglienza durante i mesi invernali.
“Pivot”, associazione che fornisce assistenza legale a persone svantaggiate, ha lanciato la campagna “Red Tent”, tenda rossa. Da circa un mese, i manifestanti hanno piantato le loro tende al numero 58 di East Hasting, Downtown Eastside, per protesta contro le manifestazioni olimpiche. Nonostante l’ordine di sgombero emanato pochi giorni fa, alcuni manifestanti resistono, accampati con una ventina di tende. D’altra parte, molti di loro sono senza dimora allontanati dai centri di accoglienza per mancanza di posti disponibili, e non hanno alternative.
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