Per illustrare l’attività di consulenza sulla documentazione educativa che MeMo, il Multicentro educativo Modena “Sergio Neri”, mette in atto per accompagnare e sostenere gli utenti che la richiedono,

 

prendiamo ad esempio la documentazione dal titolo “Simone mangiava un limone…”.
È una documentazione che risale al 1999 e, in forma narrativa, racconta i cinque anni di permanenza alla scuola elementare di un bambino psicotico con tratti autistici.
Sono proprio le docenti curricolari che hanno accompagnato il bambino per tutta la durata della scuola elementare a rivolgersi al Centro per verificare la possibilità di rielaborare in forma documentaria l’esperienza vissuta. Sono state sollecitate in questo dalla Dirigente Scolastica e dalla Responsabile dell’Ufficio del Provveditorato agli Studi, che si occupava dell’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap, le quali rilevavano nell’esperienza condotta tratti molto significativi.
È interessante notare che sono solo loro le autrici di questo materiale, non tanto perché non ci sia stata collaborazione con i docenti di sostegno che si sono alternati durante tutto il periodo, quanto perché, proprio a causa di questa alternanza, loro sono state le testimoni di una continuità di lavoro che, per utilizzare una loro metafora, le aveva sollecitate a “costruire e cucire un tessuto che non cedesse. A volte si sono riaperte certe cuciture un po’ lise, ma c’erano la volontà e l’impegno necessari per riaggiustare lo strappo e proseguire, per riaggiustare e proseguire…”.
Ciò che queste insegnanti manifestano durante il primo colloquio con il responsabile del Centro è una forte motivazione personale nel voler produrre, attraverso l’analisi del loro percorso, una documentazione che potesse lasciare una traccia affinché non si ripetesse ciò che a loro era successo durante la ricerca di esperienze simili: “Sicuramente altri hanno vissuto e hanno affrontato situazioni analoghe in modo esemplare, ma non hanno lasciato nulla, come se il loro lavoro non fosse esistito”.
Manifestano, però, anche un bisogno di sostegno, di confronto e di accompagnamento da attuare durante le fasi di lavoro sulla documentazione, sicuramente determinato dalla vastità di materiali grezzi a cui potevano fare riferimento e dalla loro “inesperienza”: infatti, era la prima volta che affrontavano un progetto di documentazione di questo tipo.
Il Centro, quindi, propone loro di usufruire dell’attività di consulenza sulla documentazione che si concretizza su due livelli di lavoro:
– uno che interessa in particolare le competenze specifiche in tema di documentazione educativa, gestito da una persona esperta esterna al Centro e dalle operatrici del centro stesso;
– l’altro che riguarda l’utilizzo delle strutture e delle attrezzature del Centro, gestito sempre da personale interno, al fine di realizzare, come prodotto finito, un fascicolo stampato in più copie che possa prevedere, quindi, un’ampia diffusione.
L’approccio consulenziale che viene attivato dalle operatrici del Centro è simile alla modalità definita “consulenza di processo” in cui l’intervento di accompagnamento rivolto alle docenti/autrici si realizza attraverso forme di supporto sul metodo e sull’analisi delle fasi salienti del lavoro, sulla strutturazione dei contenuti, sull’analisi dei problemi e delle criticità, sull’individuazione di possibili soluzioni.
Fulcro centrale, di tale approccio, è l’ascolto attivo, fatto di domande, di interazione, di reciprocità, di negoziazione, di rispecchiamento. L’ascolto attivo richiede una modalità di osservazione molto più accurata e riflessiva, attenta ai particolari e alle forme, meno soggetta all’urgenza classificatoria e all’influenza del senso comune. Un atteggiamento di questo tipo ha fatto sì che al centro del processo di costruzione della documentazione si siano trovate le autrici con i loro portati di esperienze, saperi, vissuti e problemi. Il rapporto di interazione che si è definito con le consulenti, attraverso funzioni di facilitazione, di accompagnamento e di orientamento, ha posto le condizioni affinché le insegnanti si siano sentite accolte e sollecitate a mettere in gioco tutte le loro risorse e a indirizzarle verso l’obiettivo condiviso del progetto di documentazione.
Cerchiamo ora di analizzare quali fasi di lavoro ci hanno portato alla definizione del progetto. Per rendere questo passaggio più completo ci sembra utile recuperare anche le fasi iniziali di contatto tra le docenti e le operatrici del Centro in quanto, come già espresso sopra, servono per instaurare un clima di interdipendenza reciproca, importante per la collaborazione e il rispetto dei ruoli:
– incontro tra autori e operatori;
– il racconto dell’esperienza;
– l’analisi delle motivazioni – implicite o esplicite – dei bisogni e delle aspettative delle autrici.

 

Lo spunto per un breve commento a queste prime fasi di lavoro lo recuperiamo dalle conclusioni stesse delle autrici: il voler rendere partecipi anche altre persone di un’esperienza irripetibile, dalla quale però è stato necessario prendere un po’ di distacco, soprattutto emotivo, per poter vedere i segni, le tracce di un lavoro che è stato fatto di pensieri, di ricerche, di scelte, a volte anche “forti”, ma che hanno sempre avuto l’insistente “caratteristica di voler raggiungere un obiettivo”.
Oltre a queste motivazioni, sicuramente ve ne erano anche di più personali. “Far emergere il bisogno di chi scrive può evidenziare per esempio un bisogno di gratificazione, che valorizzi il sapere professionale rendendolo visibile. La fase dell’esplorazione si traduce nell’esplicitazione di questi elementi, ed è utile che alcuni bisogni, alcuni obiettivi interni possano essere detti. Soprattutto nella dimensione del lavoro di gruppo, se più persone lavorano a un progetto è importante che impieghino del tempo per dirsi cosa le spinge, quante risorse pensano di poterci mettere, quali aspettative sono presenti. Esplorare le motivazioni significa porsi domande, andare avanti col pensiero nelle possibilità” :

– chi sono i destinatari della documentazione, coloro cioè a cui si rivolge in modo particolare;
– l’individuazione del tema centrale attorno al quale articolare il resoconto dell’esperienza. Raccontare, in questo caso, cinque anni di vita alla scuola elementare ha, per forza di cose, imposto la scelta di un nucleo tematico particolarmente significativo – la comunicazione – attorno al quale gli episodi, i resoconti potessero però restituire il profilo di quel bambino, di quella classe, di quegli insegnanti che in quel periodo di tempo hanno vissuto quella esperienza insieme;
– l’impostazione delle modalità di documentazione (la scelta della forma narrativa, la scelta dei materiali…);
– la stesura scritta da parte delle autrici;
– la lettura da parte delle operatrici e la discussione su eventuali problemi aperti;
– l’indice e la bibliografia;
– l’introduzione e le conclusioni;
– la premessa a cura delle operatrici del Centro che restituiscono, sotto forma metodologica, il percorso attivato;
– l’editing e la stampa.

Sul finire di queste riflessioni credo che si possa sostenere l’importanza del lavoro di “rifinitura” che operano coloro che si occupano delle azioni che riguardano l’editing e, successivamente, la stampa.
Obiettivo non secondario di un progetto di documentazione di questo tipo è quello di produrre un materiale facilmente leggibile e gradevole alla vista. Per questo la scelta del formato del fascicolo, del carattere di scrittura, della copertina… risultano importanti ed essenziali alla diffusione del materiale stesso. Fondamentale è infatti, soprattutto per un Centro di Documentazione, considerare le documentazioni educative come risorse utili alla diffusione, per creare occasioni di scambio e di confronto, per recuperare strategie di lavoro che spesso rimarrebbero nascoste.

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