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11-Corpi, sogni, incubi, think tank

Umano è. Come la fantascienza racconta l’universo-handicapUntitled Document11. Corpi, sogni, incubi, think tank

Accanto all’incubo – già qui – dei ricchi che "cannibalizzano" i corpi dei poveri c’è ovviamente il sogno realizzato di un Stephen Hawkins che riscrive l’astro-fisica e la stessa storia del tempo dalla sua sedia a rotelle e che può parlare muovendo gli occhi(40). Come sempre il presente-futuro cela un gran numero di possibilità e di angosce; la migliore sfi prova a costruire intorno a quest’ambivalenza laboratori onirici (think tank, serbatoi di pensiero, dicono negli Usa) e persino a essere progettuale, partendo dall’idea che in un mondo senza utopie non valga la pena di vivere. È noto che i miraggi non sono raggiungibili ma la storia insegna che le carovane e i commerci si sono messi in movimento proprio per inseguirli…
I corpi inquietanti, mutati, cyborgizzati sono tutto ciò: insieme miraggio, carovana, commercio (nel senso buono e cattivo del termine). Chirurgia e bio-genetica, persino il tecno-piercing delle mode annunciano che sarà ridisegnato il rapporto corpo-mente. Perfino gli antichissimi e ambigui sogni di super-umani o di separare l’intelletto (lo spirito?) dalla carne putrescente sembrano ora avvicinarsi. Il problema vero resta – come sempre – la definizione di umanità. Gli esclusi e gli ammessi, i sommersi e i
salvati.
Ecco come Philip Dick pose la questione, nel suo stile provocatorio quanto profetico, in una celebre conferenza-saggio(41). "Il più grande cambiamento al quale assistiamo nel nostro mondo è probabilmente la quantità di moto dal vivente verso la reificazione e allo stesso tempo dal meccanico nell’animazione (…) Un giorno forse vedremo un uomo sparare a un androide (cioè a un robot con perfette fattezze umane) appena uscito dalla fabbrica. L’androide, con grande sorpresa dell’uomo, prenderà a sanguinare. Ma l’androide sparerà di rimando e, con sua grande sorpresa, vedrà una voluta di fumo levarsi dalla pompa elettrica che si trova al posto del cuore dell’uomo. Sarà un grande momento di verità per entrambi". Per dirla con l’ironia di un grande poeta-cantautore: "Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo, piantata fra l’aorta e l’intenzione"(42).
Non c’è conclusione possibile. Definire il confine fra umano e non… può significare solo spostare sempre più avanti (o altrove?) lo scontro fra desideri/possibilità e paure/limiti. Un grande passo avanti è nello sconfiggere ogni definizione di umanità e di valore basata sull’estetica, sull’aspetto, sull’esteriorità ma anche sulle pretese di una indefinibile "normalità". Dove molti impauriti (o spaventati ad arte) scorgono qualcosa di orribile non c’è alcun pericolo ma forse c’è il muro di piombo che nasconde la paura di fare i conti con la parte buia del nostro cuore. E dove i bravi, belli, obbedienti cittadini accettano che il mondo sia diviso in umani e non… ecco i veri "mostri", capaci di uccidere il diverso (vero o presunto che sia) perché gli è stato ordinato da una "autorità" o perché tutti lo fanno: questa è la lezione del secolo che si è appena chiuso e non va riferita al solo nazismo. Un messaggio che la migliore fantascienza ci ha proiettato nel futuro ma che ovviamente torna anche nelle pieghe di altre forme del nostro immaginario. Bisogna qui almeno ricordare il fumetto Dylan Dog, in particolare nelle storie scritte da Tiziano Sclavi, più che in quelle dei suoi banali (e spesso inutilmente splatter) co-autori(43).

Affidiamo la conclusione al tante volte citato Dick (che pure fu un autore pieno di contraddizioni). Perché ha più volte ironizzato sul fatto che "Se dovessi mai incontrare un essere intelligente extra-terrestre, un alieno, mi accorgerei di avere più cose da dire a lui che al mio vicino di casa". Perché ha scritto che "La misura dell’uomo non è la sua intelligenza (…) La misura dell’uomo è questa: con quale rapidità sa reagire ai bisogni di un’altra persona? E quanto può dare di sé?"(44). Perché infine ha chiarito, meglio di chiunque altro, il dilemma scrivendo un breve racconto che, non per caso, si intitola Umano è, così con l’arroganza – ma anche la grande dolcezza come vedremo – di non avere un punto interrogativo, di pretendere che sia possibile trovare una risposta(45).
Quando il marito, Lester Herrick, violento e odioso, torna da una lunga missione spaziale, Jill lo "scopre" dolce e capace di sentimenti veri. Ma arrivano i servizi segreti per dire alla donna che "lì dentro" c’è qualcun altro: un alieno che, per sopravvivere (ma ciò lo sapremo solo alla fine) si è impadronito di quel corpo (morente, ma anche questo lo si conoscerà poi). I servizi segreti chiedono a Jill di aiutarli a cacciare l’invasore. Lei rifiuta e "tradisce la sua razza"; perché quell’alieno è infinitamente migliore dell’arrogante maschio terrestre che sino a poco prima aveva posseduto quel corpo. E così finisce il racconto, con questo dialogo fra i due.
" – Stavo pensando – dice la donna all’essere non terrestre – che forse continuerò a chiamarti Lester. Se non ti dispiace"
E lui risponde.
" – Non mi dispiace". E l’abbracciò. – Tutto quello che vuoi. Purchè possa farti felice".
Ecco come Dick si commentava: "Per me questo racconto simboleggia ciò che è, in conclusione, un essere umano. Non ho cambiato granché il mio punto di vista da quando lo scrissi, negli anni ’50. Non si tratta di avere un certo aspetto, di provenire da un certo pianeta ma di vedere fino a che punto si è gentili. La gentilezza, per me, ci differenzia dai sassi, dai pezzi di legno, dal metallo; e così sarà sempre, qualunque forma assumiamo, dovunque andiamo, qualunque cosa diventiamo. Umano è è il mio credo e mi auguro che possa essere anche il vostro".
Essere gentili dunque dà il senso all’essere umani. Ma anche (come fa Jill) tradire la propria razza, se essa non lo è. Sì tradire. Perché le appartenenze, le patrie, "l’interesse comune" sono concetti vaghi, non trovano tutti d’accordo. Perché spesso "il nemico marcia alla tua testa" come ci disse in una poesia Bertolt Brecht. Perché per qualche nazi-ariano è già "traditore" chi considera umano un handicappato, un nero oppure chi sorride a un curdo, a uno zingaro. Eppure neanche i nazi-ariani sono mostri. O perlomeno… non più "mostruosi" di quelli che ognuno porta con sé, in qualche parte buia del suo cuore, di ciò che avremmo potuto diventare in differenti circostanze. Sono mostri che crescono e si ingigantiscono ogni volta che uccidiamo qualche alieno – le tante diversità – che albergano intorno a noi, dentro di noi e oltre a noi.
Questo è anche il vero significato di yin e yang, ci ricorda – ancora lui – Sturgeon(46)."Oscurità e terra, luce e cielo. (…) Nascita e morte. (…) Insieme formano il cerchio completo, l’universo, il cosmo, tutto. (…) Non c’è nulla sotto il cielo che possa essere interamente l’uno o l’altro". Così non c’è diversità o normalità che, sotto questi nostri infiniti cieli – dei quali anche il nostro sterminato "spazio interno" è parte -, possa essere interamente l’una o l’altra. Non ci sono confini certi per la nostra umanità salvo quelli che possono porci l’arroganza, l’ignoranza, la paura.




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