EditorialeLo si indica un po’ tecnicamente con il termine di handicap acquisito e, come tutte le definizioni che si basano su poche parole, rischia di diventare un’etichetta che si appiccica a quelle persone che, nel corso della vita per via di un incidente o di una malattia, sono diventate disabili.
Persone quindi che non sono nate con un deficit, persone che hanno un prima e un dopo da confrontare. Un dopo che si presenta sempre tragico e insopportabile ma che, con il passare del tempo, può portare delle novità – può sembrare assurdo – positive.
Non per tutti. Non tutti passano per la strada dell’accettazione della diversa condizione, una strada che conduce alle parti più intime del sé e nei rapporti con gli altri.
Quando la redazione di HP in collaborazione con Alfa Wassermann, ha deciso di dedicare un numero monografico a questa tematica sapevamo già che l’avremmo fatto passando attraverso percorsi nuovi.
Come Centro di Documentazione avevamo sotto mano le pubblicazioni e le riviste di settore e avevamo un’idea chiara di quanto era stato fatto. Innanzitutto le guide e i manuali – utilissimi – fatti da medici e/o pazienti che danno indicazioni tecniche e psicologiche su come affrontare i vari aspetti del problema; come risolvere i problemi di incontinenza? E quelli relazionali? Cosa fare per la mobilità? E così via. Anche le riviste specializzate trattano soprattutto certi argomenti come la vita indipendente, la domotica, la riabilitazione, le esperienze dirette…
Partendo da queste conoscenze abbiamo progettato un numero molto particolare, che è costato molti sforzi interni ed esterni al gruppo redazionale.
Siamo partiti dalla constatazione che migliorare la qualità della vita di un disabile, non significa solo aiutarlo da un punto di vista tecnico ma anche CULTURALE; l’ausilio medico deve essere supportato anche da altro, da solo non basta, occorre aiutare la persone svantaggiata a ricostruirsi un proprio progetto di vita e questo può essere fatto passando attraverso la cultura, la relazione, la messa in discussione degli stereotipi. Questa vale anche per il sostegno psicologico che da solo non basta ma va messo in relazione a molte altre cose. Questa scelta è anche coerente con il nostro metodo di lavoro e con la nostra esperienza che ci ha portato a privilegiare l’approccio culturale piuttosto che quello medico e tecnico.
Abbiamo così deciso di parlare di handicap acquisito (ritorniamo così per comodità alla nostra etichetta) attraverso la NARRAZIONE e l’INFORMAZIONE, altri due percorsi a noi abituali.
Il narrare, si sa, può essere il mezzo attraverso cui si possono dire cose di cui si ha paura parlarne o di cui non se ne viene a capo perché sono oscure e misteriose. E le narrazioni che vi proponiamo utilizzano generi molto diversi tra loro: la letteratura, il fumetto e il cinema.
Attraverso l’analisi di una serie di scritti autobiografici (di cui vi proponiamo anche due stralci) abbiamo cercato di capire il ruolo che il corpo, il tempo, la memoria e la quotidianità giocano nella vita di queste persone. Attraverso la rassegna di una serie di film abbiamo analizzato il modo in cui il cinema ha affrontato il tema, così spesso legato alle storie dei reduci di guerra.
Se un’analisi di questo tipo attraverso il genere letterario e quello cinematografico ha già dei precedenti, quella che facciamo attraverso il fumetto è proprio originale; il fumetto così relegato nell’immaginario comune al mondo dei bambini o a quello di avventura, mostra di essere in molti casi vicino alla tematica, magari proprio quando si parla di supereroi. Le capacità del fumetto di esprimere anche solo nello schizzo di un volto tutto un "lungo racconto" sulla vita di un disabile (racconto libero oppure impermeato di pregiudizi), ci ha portato a proporre alcune strisce degli autori che si menzionano nell’articolo.
Infine l’informazione; nell’atto di informare già plasmiamo la persone che ci leggono; suggeriamo delle idee che a loro volta andranno a rafforzare o a indebolire certe convinzioni e pregiudizi. Anche se non c’è unanimità in questa affermazione, pensiamo comunque che in una società dell’informazione quale è quella in cui viviamo, dove la merce più preziosa è diventata l’informazione ed è povero chi ne è escluso, sapere che tipo di informazione viene data dai mass media sul tema dell’handicap acquisito, è un punto centrale.
Lo abbiamo fatto realizzando un monitoraggio degli articoli apparsi su cinque quotidiani nazionali per un periodo di un mese e mezzo. Abbiamo, infine, ripetuto la stessa operazione, naturalmente con modalità molo diverse, analizzando l’informazione che passa attraverso i siti web dedicati all’argomento (con un occhio anche alla padronanza dimostrata nell’uso delle nuove tecnologie).
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