La difficoltà dell’inserimento lavorativo dei disabili
Introduzione
Non è difficile, quando si parla di handicap, uno scivolone sul pietismo, o peggio, l’assunzione passiva di linee di condotta e comportamenti, condizionati dai trend culturali, sociali e politici del momento.
Oggi nel nostro paese siamo di fronte ad una situazione tipicamente “italiana”. Ci sia perdonata la semplificazione che sa un poco di retorica, ma la coesistenza contraddittoria tra stadi apicali di civiltà e integrazione, e arretratezze culturali, e vetuste logiche risarcitorie e di sommersione del problema handicap, è un dato di fatto. Contraddizione, dunque, tra l’esistente e il desiderato, tra il progettato e il realizzato.
Le leggi che regolano i diritti delle persone disabili nel nostro paese appaiono in teoria avanzatissime per civiltà giuridica. La logica dell’integrazione a parole ha decisamente prevalso, ma poi, senza neanche il bisogno di troppa indagine scopri incresciose vie crucis individuali. Uomini e donne con deficit, e ne leggerete le interviste, che hanno tentato per anni di inserirsi senza successo nel mondo del lavoro. I dati numerici e percentuali, apparentemente freddi, denunciano che in Emilia Romagna su 9580 disabili immediatamente disponibili al lavoro, nel 2001 ne sono stati collocati al lavoro soltanto 2700, e di questi 901 in regime di convenzione.
La riforma Biagi, poi, ha introdotto modifiche tali alla legge 68/99 incaricata di regolare il collocamento dei disabili, tanto da creare una sorta di mercato del lavoro parallelo e avulso da quello reale. Un mercato del lavoro chiuso, qualcuno lo chiama protetto, senza più contatti e possibilità di interscambio con il lavoro “vero”. Una situazione questa, ben conosciuta a livello istituzionale.
Mentre l’industria vede i diritti dei lavoratori disabili come fumo negli occhi, o peggio come una ulteriore tassa da pagare. E che qualche resistenza ci sia da parte dei datori di lavoro, lo dimostrano i dati sul collocamento prima presentati. La mobilità è estremamente bassa, considerando soprattutto un elemento davvero eclatante: la disponibilità di posti di lavoro complessiva è superiore alla domanda!
Le politiche legate all’integrazione rispecchiano, appunto, le tendenze dominanti dell’oggi, che vedono nello smantellamento del welfare, e nell’abbattimento della spesa pubblica una delle soluzioni alla stagnazione economica. Sotterrare Keynes è diventato un imperativo irrinunciabile.
Tutto questo si traduce per le persone disabili nel ritorno ad una logica monetarizzante e risarcitoria, che per i suoi stessi intrinseci meccanismi nega l’integrazione della persona. Il disabile allora si blandisce attraverso pseudo-diritti forse acquisiti, ma esigibili soltanto in un mondo parallelo, dove non si crea disturbo alle logiche del profitto, e sì delle belle apparenze. Dove troppo spesso, questo vale per tutti, viene dimenticata la dignità della persona.
Non è poi possibile non cogliere paradossi e contraddizioni in sé esilaranti, se non toccassero diritti e dolore di persone in carne e ossa. Per cui, come è possibile leggere nel rapporto del 2003, se siete cacciatori (avete letto bene! cacciatori… con lo schioppo) invalidi o disabili, “la Provincia… può autorizzare nuovi appostamenti fissi…”. Mentre rimane impossibile salire in autobus per chi vive in carrozzina. Oppure, suggeriamo, provate a prenotare un taxi nella civilissima Bologna… Abbiamo telefonato. Se la carrozzina è pieghevole nessun problema… soprattutto se siete accompagnati e di stazza non troppo robusta… ma se la carrozzina non accetta di restringersi, allora dovete prenotare un mezzo speciale, dotato di scivolo. Abbiamo chiamato al mattino, siamo stati invitati a ritelefonare al pomeriggio… ci sono molte richieste… chissà se il mezzo sarà disponibile…Questo è lo stato delle cose.
Sul versante scolastico e della formazione la situazione non è migliore. La legge Moratti, da applicare a suon di decreti se sarà, prevede tra l’altro di modificare i parametri per la certificazione che attesta la natura e il grado della disabilità. Può sembrare un dettaglio, ma è partendo da quella certificazione che si stabiliscono le risorse umane e economiche da mettere in campo ai fini del raggiungimento dell’integrazione. E se quei parametri si innalzano, è facile immaginare come le risorse investite si riducano ulteriormente. Non è indispensabile quindi fare discorsi complicati sull’etica, sulla storia e sul pregiudizio, per capire che quanto dal ’68 ad oggi è stato conquistato nel campo dei diritti dei disabili, rischia di venire perso se non viene difeso con forza.
È soprattutto necessario fare chiaramente intendere che non si tratta di battaglie a favore di una minoranza, ma di un dovere di difesa di valori civili e etici che riguarda tutti gli individui. L’handicap non è soltanto quello derivato dal deficit fisico e mentale. In condizione di svantaggio si trova anche chi è senza lavoro, senza casa, senza permesso di soggiorno grazie a leggi inique. Banalmente, siete in condizioni di handicap se state reclusi in carcere, o malati in ospedale.
L’economia, che a detta di alcuni si autoregola, vorrebbe mangiarseli vivi i disabili. O farli scomparire…