di Alessandra Pederzoli
Un equilibrio è sempre qualcosa di faticoso da raggiungere, in qualsiasi condizione di vita ci si trovi. Se poi deve essere un equilibrio sopra la follia, la questione sembra farsi ancora più complicata. La follia… un mondo che a tanti mette paura e genera disagio, ma a tanti, invece, muove curiosità e interesse.
Quando sono entrata in contatto per la prima volta con questa realtà, sono rimasta personalmente colpita da come un qualcosa che conoscevo solo come nominato dai giornali con il nome di follia e pazzia o psichiatria ora mi si presentava come salute mentale.
Di colpo, un cambiamento che colpisce, perché la salute è un qualcosa a cui tutti teniamo e che tutti conosciamo. La salute, e anche la salute mentale, finisce per accomunare la collettività intera.
Ecco perché parlare di salute, e non di malattia, può voler dire anche parlare innanzitutto di persone non necessariamente (e non solo) da curare attraverso la medicina, gli ospedali e le cure mediche di bravi psichiatri (peraltro ruoli e spazi fondamentali), ma con le quali mettere in atto anche, e soprattutto, processi sociali, per il miglioramento delle condizioni di vita, per la ricerca del maggior benessere. Processi il cui valore terapeutico sta proprio nel valore sociale-collettivo e non in quello strettamente “curativo”. E anche questo, del resto, ritorna a essere qualcosa che accomuna.
La storia, anche non molto lontana ci insegna però quanto tutto il mondo che ruota intorno alla salute mentale sia in movimento; quanto siano differenti tra loro le tappe e i momenti attraversati nei secoli e nei decenni. Tappe che hanno conosciuto realtà terribili quali la reclusione coatta e i manicomi. Ecco perché non si può raccontare e vivere il presente senza attraversare quello che è stato, per poter oggi assaporare la qualità e il valore dei cambiamenti messi in atto.
Nella scelta se parlare di malattia mentale o di salute mentale, abbiamo preferito seguire la seconda scia, lasciando le malattie ai medici, indubbiamente più esperti. Le due esperienze oggetto di questo numero sono semplici, se vogliamo; ma sono due esempi di pratiche non strettamente mediche messe in atto con persone seguite dai Centri di Salute Mentale, e non solo. Pratiche che in misura diversa e con strumenti differenti operano per il benessere delle persone, riconoscendo competenze, abilità e attribuendo importanti ruoli alle persone, per farle così diventare protagoniste del loro fare e del loro essere.
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