di Antonio Pascale, scrittore
Novembre 2005: sera, verso le 20. Un freddo vento di maestrale su Roma. Torno a casa in moto, ho mio figlio dietro. Non trovo nemmeno un posto per strada e metto la moto sul marciapiede.
– Papà? Ma la metti sul marciapiede?
Premessa. Qualche giorno prima ero andato a dialogo nel buio. Per un’ora diventi cieco. Ti danno un bastone e ti muovi – accompagnato da guide – al buio completo attraverso un percorso che ricostruisce vari paesaggi: la città, il parco, il bar, il porto, il mare. Un’esperienza sensoriale intensa. Bellissimo. Durante la passeggiata – mi stavo muovendo in un percorso cittadino, sentivo le macchine che sfrecciavano accanto e i clacson – sono sbattuto contro qualcosa.
– Cos’è?
– Una moto – rispose la mia guida – ecco cosa ci capita quando camminiamo sul marciapiede, sbattiamo contro le moto.
Porca miseria, pensai, ero venuto con la moto e l’avevo messa sul marciapiede. Da allora mai più, anzi dicevo sempre in famiglia: vedete quelle moto sul marciapiede? Sono tutte persone incivili, le parcheggiano lì, occupano uno spazio pubblico e poi un cieco finisce che ci sbatte e si fa male.
Per questo quando mio figlio mi chiede della moto sul marciapiede io rispondo:
– Un attimo amore, adesso andiamo a casa che fa freddo, poi papà scende e la sposta.
Ovviamente me ne guardo bene, c’era pure una cosa interessante in televisione, mi cambio, mi stendo sul divano, sento il vento che fa tintinnare i vetri. Nemmeno 15 minuti arriva mio figlio e mi chiede della moto.
– Amore a papà, non ti preoccupare tanto i ciechi a quest’ora non escono.
Cinque minuti ancora rieccolo:
– Ma se i ciechi vedono sempre buio, allora possono uscire anche di notte? Non cambia niente, no?
Comincio a sudare, ho detto una cosa stupida, mia moglie mi guarda, ho l’impressione che pure i ciechi mi guardino.
– Amore a papà sì certo è così, però adesso è tardi, non c’è nessuno in strada con questo freddo poi… non ti preoccupare i ciechi se ne stanno a casa.
– Ma se un cieco deve fare un servizio? Deve prendere il latte, tu a volte scendi dopo cena per prendere il latte.
– Questi cazzo di ciechi a papà, non tengono niente da fare alle dieci di sera di novembre? Con questo freddo, ma perché non vai a dormire invece di pensare ai ciechi.
Sono sceso. E per le scale ho odiato i ciechi, poi per strada mi sono sentito uno stronzo, ho spostato la moto: che vento quella sera. Spazzava tutto. Sì, mi sono detto: è bello il marciapiede libero, libero da quelli come me, libero per tutti.
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