14. Benvenuti alla fine del mondo
- Autore: Valeria Alpi
- Anno e numero: 2017/ 8 (monografia su educare includere all’aria aperta)
di Valeria Alpi, giornalista e viaggiatrice con disabilità
“Luogo d’eccezione che attira ogni anno un gran numero di visitatori, la Pointe du Raz è la punta più occidentale di Francia, tra ripide scogliere e mare di smeraldo. […] Bella e selvaggia, classificata come Grand site national di Francia, la Pointe du Raz s’innalza a circa 70 metri di altezza. Scolpita dal mare, battuta dai venti, per la sua magnificenza la Pointe vale da sola una visita alla regione. Di fronte ad essa si staglia il faro quadrato dell’Île de la Vieille. Acceso nel 1887, il faro fu automatizzato nel 1995; fino ad allora, intrepidi guardiani si succedevano in condizioni climatiche spesso difficili.
Benvenuti alla fine del mondo
Questo sito, un tempo temuto dai marinai, richiama oggi escursionisti e surfisti, invitando sia all’attività sportiva che alla contemplazione. I primi apprezzeranno il sentiero segnato e messo in sicurezza che costeggia il bordo delle falesie. Per i secondi, appuntamento alla Baie des Trépassés (baia dei trapassati) per scivolare sulle onde. I curiosi e i temerari potranno spingersi fino al versante Nord all’Enfer de Plogoff (inferno di Plogoff), dove, secondo la leggenda, la principessa Dahut si sbarazzava dei suoi amanti. Uno stretto sperone di roccia che domina le onde. Attenzione alle emozioni forti!”.
Con queste parole mi accoglieva il sito Tourisme Bretagne, il sito ufficiale del turismo in Bretagna, una regione a Nord-Ovest della Francia, mentre programmavo il mio viaggio da sola in Normandia e Bretagna e cercavo informazioni sulla Pointe du Raz. V’invito a cercare su Google questo nome, per vedere quanto impervia può apparire la zona dalle immagini presenti sul web. Le parole di Tourisme Bretagne confermavano che non si trattava di una passeggiata molto accessibile … “ripide scogliere”… “intrepidi guardiani”… “fine del mondo”… “trapassati”… “inferno”…
Era il mio primo viaggio vero da sola; fino a quel momento ero andata da sola nelle mie amate Dolomiti, dove avevo affrontato sentieri facili che conoscevo da anni dopo esserci andata tante volte con mia madre; oppure ero stata in grandi città come Berlino e Parigi, e girare una città può avere per me gli stessi problemi o non problemi di quando mi muovo per lavoro o per piacere a Bologna, dove abito.
Per la prima volta, invece, avevo deciso di addentrarmi da sola in un viaggio nella natura, tra le scogliere di alabastro dei pittori impressionisti a Étretat, in Normandia, le spiagge dello sbarco, sempre in Normandia, il Mont Saint-Michel, la costa di granito della Bretagna, il Finistère…
La differenza con le Dolomiti era che in queste località francesi non ci ero mai stata, dunque non avevo assolutamente idea di quanto sarei riuscita effettivamente a vedere. A essere sincera pensavo poco o niente. Al limite pensavo: “Quella costa la vedrò da lontano”. Adoro fotografare la natura, ma ero quasi certa che non sarei riuscita a portarmi a casa le stesse inquadrature che vedevo da internet. Il problema è che affrontare la natura con una disabilità motoria, come nel mio caso, può volere dire rinunciare a tanti panorami.
E invece…
Le scogliere di Étretat, da un lato, sono anche accessibili con l’auto e non solo tramite scalinate di centinaia di gradini. Quando si arriva su c’è un bel parcheggio in uno spiazzo di prato, e poi c’è questo enorme prato che copre tutte le scogliere: a quel punto si è sopra, a oltre cento metri d’altezza, a strapiombo sul mare, in un comodo prato battuto (perché ormai le tante persone che ogni giorno ci vanno hanno scavato un sentiero), senza dislivelli perché le scogliere sono tutte alla stessa altezza e creano chilometri di percorso praticamente in piano. Ovvio, c’è una parte raggiungibile solo con la scalinata, ed è anche un’inquadratura di un quadro di Monet. Però tutte le altre, e dico tutte, inquadrature sono fruibili anche da chi ha problemi di mobilità. Certo forse in questo caso la natura ha aiutato. Ma negli altri siti naturalistici famosi del Nord della Francia è l’uomo che ha attivato delle soluzioni per rendere i percorsi accessibili a tutti. In particolare sono rimasta davvero colpita dalla Pointe du Raz, perché davvero era l’unico posto in cui avevo deciso di provare ad avvicinarmi senza nessuna sicurezza di successo. “Vado lì e se me la vedo male torno indietro”. Non avevo informazioni, a parte le righe del sito. Non c’erano sezioni dedicate ai disabili, come ad esempio per il Mont Saint-Michel dove avevo trovato già sul web, prima di partire, tutte le indicazioni utili, dal parcheggio alla navetta per disabili. Per la Pointe du Raz avevo letto solo che il sito naturalistico è protetto e vietato alle auto, quindi non avevo neppure idea di dove avrei potuto parcheggiare e quanta distanza ci sarebbe stata dall’auto alle scogliere.
Arrivata alla Pointe du Raz mi accorgo subito che il parcheggio è parecchio lontano persino dal punto informazioni da dove sarebbe partito il sentiero… Ma gli addetti al parcheggio, appena accortisi del contrassegno disabili sulla mia auto, mi spiegano che il mio posto è attaccato al punto informazioni. Agli addetti alle informazioni chiedo come è il sentiero, per capire se posso farlo. Mi spiegano che da lì parte un sentiero asfaltato ma molto in salita lungo più di 800 metri, che porta al punto in cui inizia davvero il sentiero roccioso. Mi dicono che chi ha problemi di mobilità può prendere una navetta elettrica completamente accessibile ed evitarsi intanto i primi 800 metri. Poi mi mostrano una mappa con due sentieri paralleli, e mi spiegano che una volta scesa dalla navetta, prendendo il sentiero a sinistra avrei trovato tutte rocce, mentre a destra un sentiero battuto che mi avrebbe portata fino all’estremo punto panoramico possibile – possibile nel senso naturalistico del termine. Oltre quel punto le rocce continuano per altri 20 o 30 metri, e chi vuole può inerpicarsi fino all’ultimo sasso a strapiombo sul mare, ma se anche ci si ferma prima, dove finisce il sentiero battuto, si gode dello stesso identico panorama di chi arriva fino in fondo. Si vedono lo stesso tutti i fari e tutti gli speroni, e si provano le stesse “emozioni forti” che indica il sito.
Ancora oggi, che sono passati quattro anni, riguardo le foto di quella giornata e mi sembra incredibile di essere arrivata fino lì. In una maniera accessibile, senza rovinare la natura, e senza rovinare l’aspetto così selvaggio. So bene che in molti posti non è possibile arrivare per chi ha problemi motori, e che non si possono trovare soluzioni a tutto. Le famose Due Torri della mia città rimarranno per sempre inaccessibili per me, e d’altronde non mi aspetto che in torri così antiche, strette e storte venga messo un ascensore! Né mi aspetto di trovare sentieri accessibili in Perù o in Tibet, o di vedere colate di cemento sui sentieri dolomitici. Però certe volte la natura permette degli aggiustamenti, e tra il rispetto dell’ambiente e l’immaginazione umana si possono raggiungere pezzi di mondo e pezzi di se stessi. E per la cronaca, quel giorno, complice il forte vento bretone, il sentiero a speroni di sinistra era davvero poco frequentato, mentre quello comodo di destra era affollato da tutti i tipi di diversità umana.
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