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3. Libero da cosa?

di Sandra Negri

“A vivere nell’incertezza, senza sicurezze, senza programmi mete, lasciandomi trasportare come un uccello sospinto dalla brezza, ecco cosa ho imparato nei miei pellegrinaggi. Ti stupisce che a sessantadue anni possa partire di nuovo all’improvviso per vagare senza itinerario né bagaglio, come un ragazzo in autostop, che me ne vada per un tempo imprecisato e non ti chiami ti scriva e che al ritorno non ti possa dire dove sono stato. Non c’è nessun segreto, Alma. Cammino, tutto qui. Per sopravvivere ho bisogno di pochissimo, quasi nulla. Ah, la libertà!”.
(Isabel Allende, L’amante giapponese)

Tempo libero: libero da cosa? Arriveremo forse a una risposta solo dopo avere raccolto e messo al centro i pensieri e le idee dei protagonisti di questa nostra riflessione: le persone con disabilità che usufruiscono dei servizi di tempo libero o che vorrebbero usufruirne ma per varie ragioni non possono, o che scelgono di uscire da alcuni servizi perché non si identificano nelle loro proposte…
“Il tempo libero è quando puoi fare delle cose in autonomia, quando non hai delle regole, delle cose che altri ti obbligano a fare”. Francesca
“Per me il tempo libero non c’è senza aiuto; o meglio, c’è un pochino”. Diego “Uscire fuori con gli amici. Ultimamente sono andato a cena con i miei compagni di classe che non vedevo da 30 anni. Siamo andati in un ristorante in collina. Uno di loro è venuto a prendermi in macchina a casa e abbiamo passato una bella serata in compagnia. Mi sono divertito un casino! E lo rifarei! Mi brillano gli occhi se ci penso!”. Ermanno
“Mi piace fare teatro, ma non lo considero tempo libero perché è impegnativo”. Diego

Subito, dalle prime risposte che abbiamo ricevuto, abbiamo sentito il bisogno di cambiare il punto di vista. Stavamo parlando sì di tempo libero, ma non secondo la logica della maggior parte delle persone, non secondo modalità e meccanismi della balotta del sabato sera. Era chiaro che stavamo parlando di qualcosa di molto più complesso, molto più articolato e, soprattutto, molto meno facile di come lo possiamo percepire nella nostra consuetudine. Ma quindi si tratta di un’altra cosa? Dobbiamo dargli un altro nome? Dipende… forse, a volte, sì.

Per me Tempo Libero è…
Tempo per me.
Uscire.
Spazio per coccolarsi.
Divertimento.
Tempo in cui non ho niente da fare e posso gironzolare. Fare le cose che mi piacciono.
Fare ciò che ho voglia di fare al di fuori del lavoro.
Quando sto in casa da sola perché non ho i miei genitori e posso fare quello che mi pare.
Difficile.
Ecco… se fino alla penultima risposta si poteva pensare a qualcosa di comune a tutti noi, l’ultima ci porta su un altro livello, ci mette di fronte a un aspetto che non prendiamo spontaneamente in considerazione, che conosciamo e, allo stesso tempo, ci spiazza. Proseguiamo con l’intervista.

In che cosa il tempo libero è difficile?
Organizzazione: orari dei volontari, distanza km dell’evento, quante persone, orari di rientro.
Tempo necessario per progettare. Trovare volontari.
Trasporti.
Costi.
La famiglia: potrebbe ostacolare.

Pare abbastanza chiaro che le persone con disabilità hanno una lunga serie di ostacoli da superare prima di raggiungere il risultato “tempo libero”. Mi ricordano un po’ le Dodici Fatiche che Ercole dovette affrontare per espiare il fatto di essersi reso colpevole della morte della sua famiglia. E quali colpe dovrà mai espiare il nostro “eroe” per essere obbligato ad affrontare tutte queste prove?

Tempo libero: da chi, da che cosa?
Dal lavoro.
Dalla famiglia.
Dalla quotidianità.
Dai vincoli, programmi, impegni, orari. Da ciò che decidono gli educatori per me.
Da quando è cambiata la coordinatrice del gruppo appartamento, decido io.

Ancora una volta le prime risposte ci illudono di trovarci in un terreno comune, fino a quando non arriva l’ultima che parla di decisioni prese da altri. E troviamo una grande contraddizione: tempo libero nel quale non sono libero di decidere come spenderlo. Mmmm… l’analisi si fa complicata.

Chi decide il vostro tempo libero?
Gli altri. A volte sono obbligata. Provo fastidio e non mi diverto.
La mia famiglia. Senza la loro approvazione io non posso organizzarmi in autonomia.
I servizi socio educativi, che mi hanno proposto un gruppo con un programma già definito.
Gli educatori del mio centro. Non è possibile pensare a proposte diversificate per tutti. Siamo in troppi.
Lo decido io. Questo mi fa sentire più libera, più tranquilla, più contenta, più soddisfatta, più grinta, più adulta, più responsabile.

Questa volta l’ultima risposta ci stupisce in modo positivo. Ci riporta a una dimensione conosciuta: quando siamo in grado di prendere decisioni che ci riguardano, di qualunque genere siano, stiamo bene, ci sentiamo a nostro agio, padroni della nostra vita e delle nostre scelte. Siamo motivati a metterci in gioco, a rischiare situazioni nuove. Ha un senso crescere.

Se tu fossi un/una referente del servizio socio educativo cosa faresti?
Organizzerei dei gruppi misti.
Darei alle persone la possibilità di decidere se fare o no le attività proposte. Proporrei sia attività fisse che sporadiche: alcune potrebbero essere fisse, altre si potrebbero decidere di volta in volta.
Ascolterei i desideri delle persone con disabilità e farei in modo che possano fare ciò che desiderano.
Organizzerei dei fine settimana di vacanza.
Verificherei se le strutture sono attrezzate e accessibili. Farei fare esperienze a contatto con animali e con la natura.

Che ruolo hanno le persone con disabilità nell’organizzazione di servizi e progetti per il tempo libero? Quanto vengono coinvolte nella progettazione? Secondo la nostra esperienza, questo accade di rado, nonostante abbiano le idee molto chiare su ciò che desiderano, ciò che a ognuno di loro piace o non piace. Se io entro in un’agenzia di viaggio, la prima cosa che mi viene chiesta è quando e dove voglio andare. Se questo avvenisse anche all’interno dei servizi per il tempo libero nascerebbero idee nuove, originali e adeguate alle persone a cui questi servizi sono rivolti.

Questo avrebbe un senso, sia per le persone interpellate rispetto alle loro scelte, ma probabilmente anche per chi, a quelle scelte, dovrebbe dare risposte. Questo richiederebbe certamente un cambio di prospettiva, uscire da schemi consolidati e entrare in un’organizzazione flessibile e creativa. Una fatica iniziale che verrebbe ripagata da un sistema maggiormente gratificante, a misura delle persone che vi lavorano e che usufruiscono di quel lavoro, che potrebbero diventare parte attiva di quel sistema, esserne uno degli ingranaggi.

Quando hai del tempo libero cosa fai?
Vado a cavallo.
Faccio fisioterapia.
Vado al ristorante con il volontario. Vado nel cortile del centro che mi ospita. Chiacchiero con amici.
Vado a vedere concerti con il gruppo del tempo libero. Gioco con il papà.
Sto da sola.
Organizzo il lavoro.
Coloro.
Faccio shopping con mamma. Faccio foto.
Esco con gli amici.
Guardo la tv.
Ascolto la musica.
Faccio passeggiate.
Cucino.
Attività organizzate dal gruppo. Faccio le parole crociate.
Guardo video e foto di quando ero piccola.

A questo punto della chiacchierata emerge un altro aspetto molto importante e che rappresenta un nodo complesso: le relazioni. Le risposte a questa domanda mettono in evidenza come il tempo libero, il riposo, il divertimento, siano spesso associati o alla solitudine oppure alla condivisione “forzata” del tempo e delle attività in contesti quali la famiglia e realtà strutturate come il gruppo educativo, quello del tempo libero o dei volontari. Il vuoto delle amicizie spontanee, scelte e gestite fuori da organizzazioni di altri, affonda le sue radici nel lungo e difficile percorso verso la vera inclusione delle persone con disabilità. Con tale termine intendiamo una reale autonomia per muoversi e spostarsi, per frequentare contesti non necessariamente afferenti alla disabilità; una efficace rete di servizi accessibili a tutti; un processo culturale al cui interno la collettività, le famiglie, il mondo del lavoro, le persone con disabilità stesse sentano sempre di più familiarità e confidenza con l’amalgama delle tante differenze che vivono le nostre città e i nostri contesti di vita.

L’inclusione può avvenire anche tramite il tempo libero?
Sì, ti permette di non stare tra le quattro mura e scappare dalla quotidianità e dalla monotonia.
No, se si tratta di un’uscita con disabili, sempre vincolata ai contesti della disabilità, dove si segue il gruppo in modo obbligato e senza possibilità di scelta.
Sì, se ci sono anche i volontari, altre persone con cui posso parlare d’altro e con cui posso confrontarmi ed esprimere i miei gusti e le mie preferenze.
Sì, perché i luoghi per tutti, come i teatri, facilitano l’incontro fra le persone.

Una questione di libertà
“Per me tempo libero è quando puoi fare delle cose in autonomia, quando non hai delle regole, delle cose che sei obbligato a fare. Non lo considero libero quando sono gli altri a dire quello che devo fare. Quando sono io a organizzare delle cose che mi fanno stare bene, tipo: una cena con gli amici. Possono essere delle cose che mi vengono spontaneamente, tipo: disegnare. Fare delle passeggiate per me è tempo libero, fermarmi a guardare un tramonto, andare al cinema e scegliere io quello che voglio vedere. Una cosa che mi piacerebbe, ma che purtroppo non riesco tanto perché nessuno mi accompagna è andare a teatro. In estate mi diletto a scrivere testi di film e poi in famiglia li rappresentiamo, scegliendo anche le colonne sonore. Quando vado nella casa di campagna mi piace nuotare in piscina e mi rilasso, è un modo di alleggerire le mie tensioni. Mi piace fotografare, mi organizzo con qualcuno della mia famiglia, scelgo i posti. Questo capita spesso in viaggio, uso una macchina fotografica piccolina che mi lego al braccio. Passo del tempo libero con il mio fidanzato, guardando film al computer, giochiamo a carte, andiamo a cena fuori, andiamo in biblioteca, a fare shopping”. Francesca
“Tempo libero è fare delle cose piacevoli, tipo andare al mare sia con i miei genitori che con un gruppo organizzato. Andare a visitare i musei. Esco spesso con mio pa- dre e andiamo nei pub, in discoteca, a prendere un gelato. Sono cose che propongo io e lui mi aiuta ad attuarle. Viaggiare per me è tempo libero”. Diego
“Felicità, passare del tempo con la mamma, andiamo a mangiare un gelato, a fare shopping”. Federica
“Un tempo per distrarsi. Uscire fuori con gli amici. Per me la vacanza è un tempo libero. Quando vado in soggiorno mi diverto e sto bene in compagnia degli educatori. Il venerdì pomeriggio con l’educatore vado in Montagnola, in sala borsa, al cinema, ai Giardini Margherita, a mangiare un gelato, a fare la spesa. Passo del tempo libero anche con mio fratello Davide che è l’unico disponibile della famiglia. Andiamo in campeggio, a mangiare una pizza o la piadina ci divertiamo”. Ermanno
“Intendo Tempo Libero quando esco con il mio gruppo appartamento perché spesso posso scegliere cosa fare. Quando gli educatori sono pochi e non si riesce a uscire è tempo stracciaballe. Io non sono dell’idea che le persone disabili non abbiano tempo libero. Sono dell’idea che bisogna anche crearselo. Per esempio, tempo libero è anche uscire senza la mamma, con chi considero amico”. Tiziana
Molte delle persone con cui abbiamo parlato sottolineano l’aspetto della libertà legata alla possibilità di scelta. Il tempo è libero se e quando posso scegliere cosa, dove, come, quando e con chi. La libertà è uno dei beni fondamentali di ogni uomo. Ma la possibilità di esprimersi, di determinare autonomamente le proprie scelte, di agire senza costrizioni non è poi così scontata. Anche scelte meno impegnative, come quelle legate al tempo libero, non sono per molti soggetti sinonimo di gioia, allegria, ma di costrizioni, impedimento, impossibilità.
Il pedagogista americano Wehmeyer definisce l’autodeterminazione come “l’agire come agente causale primario nella propria vita e compiere delle scelte e prendere decisioni riguardanti la propria qualità di vita, libere da indebite influenze esterne o da interferenze”. Fra le quattro caratteristiche essenziali del comportamento autodeterminato, egli individua l’autonomia comportamentale, che riguarda l’individuazione, il prendersi cura di sé, l’agire in accordo con le proprie preferenze, con i propri interessi, con le proprie abilità, l’agire in maniera autonoma, liberi da indebite influenze nelle diverse attività che si effettuano e nei diversi contesti di vita (casa, tempo libero, lavoro, attività sociali).
Le attività che svolgiamo nel nostro tempo libero ci coinvolgono in maniera globale, influendo sulla nostra vita non solo ricreativa ma pure sociale, culturale, intima.
Avere la libertà di… significa vivere in maniera gratificante, contribuendo alla piena realizzazione personale. Gli incontri, le amicizie, il prendersi cura, sono spesso le maglie più gratificanti della rete di relazioni che ci costruiamo. Non agevolare o reprimere tali possibilità, crea invece occasione di esclusione, emarginazione e solitudine.
Il tempo libero è ancora troppo spesso un problema e questo è un segnale tangibile del fatto che il percorso verso l’inclusione sociale della persona con disabilità è ancora lungo e ricco di ostacoli da affrontare e superare. Il salto di qualità che le persone con disabilità desiderano è quello di un tempo libero dove davvero siano liberi di…, fuori dalla famiglia e con un’ampia gamma di possibilità. Chiedono di poter frequentare le persone con cui stanno bene, negli ambienti “di tutti”, durante le normali attività che chiunque svolge per divertirsi e rilassarsi. In queste condizioni riescono a rapportarsi con gli altri al pari, sentendosi non più “diversi”, ma persone che, nello scambio, danno e ricevono. Pur essendoci grosse difficoltà strutturali (ad esempio le barriere architettoniche) e ancora parecchie problematiche culturali, la persona con disabilità può avere oggi maggiori opportunità e maggiore capacità di “far sentire la propria voce”, anche nelle scelte legate al tempo libero. Accanto alle esperienze “ghettizzanti” rivolte solo a persone specifiche, in alcune realtà territoriali, si iniziano finalmente a promuovere esperienze di tempo libero integrato. Un tempo libero, non solo possibile ma soprattutto preferibile, non creato ad hoc per il soggetto disabile, ma dove egli abbia la possibilità di essere libero di scegliere e partecipare a qualsiasi attività, insieme ai propri amici, disabili e non.
Essere liberi di divertirsi, socializzare, interagire, amare, non far nulla, sbagliare, sognare… è vivere.



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