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7. La consapevolezza come vocazione. Appunti per nuove prospettive

Le persone hanno bisogno in primo luogo di un’ancora mentale ed emotiva. Hanno bisogno di bellezza e di valori con il cui aiuto giudicare se i cambiamenti nel lavoro, nei privilegi e nel potere sono buoni. In breve hanno bisogno di una cultura.
(Richard Sennett, La cultura nel nuovo capitalismo)

Quella che vi abbiamo proposto finora è un’analisi di alcune tendenze in atto, su cui sicuramente si tornerà a discutere e che di certo non esauriscono la complessità di un tema denso come l’accessibilità culturale. Restano fuori dalla nostra analisi, ad esempio, altri importanti luoghi d’aggregazione e cultura come i cinema, le biblioteche, le aree dedicate alla musica e ai concerti che meritano anch’essi di essere ripensati nell’ottica di nuove invasioni, ai quali si cercherà di dedicare ulteriori approfondimenti. Partire da piccoli passi, dai soli teatri e musei, ci ha già permesso tuttavia di verificare alcune linee di un processo più generale in ordine di crescita e sviluppo: l’acquisizione di competenze come indice d’autonomia per le persone con disabilità.
Acquisire delle competenze non significherà ora trasformarsi in critici o educatori museali e mettersi a studiare l’intera storia dell’arte e del teatro significa semplicemente essere consapevoli di quello che si guarda, si dice e si fa.
Essere a conoscenza di quello che andremo a vedere a teatro, del lavoro che l’artista ha compiuto dietro l’opera d’arte, di che cosa veramente si sta parlando è sicuramente una delle occasioni più importanti che le persone con disabilità hanno per affermare la propria autonomia e mantenere la propria libertà di pensiero e di scelta, una scelta libera da condizionamenti esterni anche quando viene fatta a partire dal puro divertimento e dalla seduzione di vivere un momento di aggregazione. Ciò vale anche per le disabilità cognitive e psichiche, una per tutte l’esperienza del GAM di Torino cui sopra abbiamo accennato.
Da questo punto di vista il primato dell’iniziativa spetta soprattutto ai musei; i teatri, come sottolineavano Nicola Bonazzi e Cristina Valenti, sono sicuramente ancora alle prime armi, eccellenti dal punto di vista spettacolare e della fruibilità sensoriale ma carenti in termini di approccio alla visione. Qui la riflessione è appena cominciata, addirittura, si potrebbe dire, è iniziata con noi. Il confronto diretto e l’incontro tra i mondi e le professionalità costituiscono infatti l’altro requisito indispensabile per avviare un percorso di relazione condiviso tra tutti i soggetti che metta davvero al centro la persona con disabilità. Ne sono la dimostrazione i manifesti, i tavoli e i progetti di rete nati negli ultimi anni cui hanno aderito una molteplicità di partner finora concepiti come separati o peggio ancora legati ad ambiti differenti.
Proprio lì la disabilità è entrata in campo con la forza delle sue personalità e con il suo sguardo ne ha ribaltato le fondamenta, rivolgendo il suo invito: “sono proprio le differenze, le difficoltà e le contraddizioni che avverto in me stesso (così come le avverto in te) a consentirci di stare bene insieme. Siamo diversi l’uno dall’altro, così come siamo divisi nel nostro animo: dunque, parliamo”



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