In termini evolutivi la situazione di fratelli e sorelle di bambini con disabilità non comporta fattori di rischio di per sé ma richiede da parte degli adulti di riferimento, in particolare i genitori, qualche cautela e attenzione in più. Questi fratelli, infatti, affrontano, nel proprio percorso di sviluppo, sfide diverse rispetto a quelle in cui incorrono bambini che hanno fratelli e sorelle a sviluppo tipico (Dondi 2008).
Parlando in specifico di Disturbi dello spettro Autistico, dobbiamo necessariamente considerare che le difficoltà primarie di queste persone nell’ambito dell’interazione sociale e della comunicazione hanno una ricaduta anche all’interno della relazione tra fratelli. In particolare, da uno studio condotto confrontando fratrie nelle quali era presente un soggetto con sindrome di Down, si è osservato che nelle coppie di fratelli con un membro con Autismo i soggetti coinvolti trascorrevano meno tempo insieme, vi era un repertorio più ristretto di iniziative rivolte all’altro e meno comportamenti di imitazione reciproca (Knott et. al. 2005).
In effetti, le stesse caratteristiche sintomatologiche dei soggetti con Autismo potrebbero esporre i fratelli a sviluppo tipico a sofferenze peculiari dovute ad alcuni fattori concomitanti (Witgens e Hayez 2005): oltre alle importanti difficoltà nello scambio, le bizzarrie comportamentali possono esporre a situazioni di stigma sociale, facendo percepire nel tempo il contatto con gli altri, in presenza del fratello, come imbarazzante; inoltre è talvolta possibile assistere a processi di “parentificazione” (di fronte a bambini che mostrano profili di sviluppo estremamente complessi e bisognosi di cure, come nell’Autismo, è possibile osservare momenti nei quali un fratello, maggiore o minore, accudisce l’altro come se fosse un piccolo genitore, mettendo in secondo piano i propri bisogni e le proprie emozioni).
Sebbene i dati di letteratura mostrino quadri sfumati e talvolta non concordanti, gli studi ci indicano la tendenza a un adattamento positivo delle fratrie di bambini con Autismo (Lanners e Lanners 2005). Ove si presentino difficoltà specifiche, la richiesta di intervento da parte dei genitori ai professionisti è rivolta all’ambito psicosociale, per difficoltà di adattamento (Rodrigue et al. 1993).
In termini protettivi è sicuramente importante che, dove possibile, i genitori si ritaglino momenti da trascorrere in attività con il fratello a sviluppo tipico, nei quali dare spazio ai sentimenti che possono essere legati alla quotidianità familiare (Witgens e Hayez 2005). I genitori possono, inoltre, dare maggiore prevedibilità alle situazioni cercando di spiegare, secondo modi e tempi propri di ogni bambino e della sua età, quali sono le caratteristiche del disturbo del fratello, per esempio, come viene diagnosticato e trattato. Ugualmente è importante che i genitori consentano ai siblings, qualora ne venga manifestato il bisogno, la partecipazione a percorsi individuali o di gruppo nei quali esplicitare le proprie difficoltà e incontrare altri fratelli che vivono esperienze quotidiane simili alle loro.
In somma sintesi, sembra importante mantenere una prospettiva multidimensionale che tenga conto delle molte variabili che intervengono nello sviluppo, in stretto collegamento con la famiglia e i genitori, elementi centrali nella vita di ogni bambino. In continuità con questi temi, il progetto in essere presso l’Ambulatorio Specialistico PRI-A del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda U.S.L di Bologna intende offrire uno spazio di ascolto psicologicamente orientato a fratelli e sorelle, di età compresa fra 6 e 18 anni, di bambini e ragazzi con diagnosi di disturbo dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders, di seguito ASD), già seguiti dal Servizio di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Azienda U.S.L di Bologna; inoltre, lo spazio dedicato nell’ambito delle attività dell’Ambulatorio desidera offrire un sostegno anche per i genitori dei bambini con ASD che possono mostrare preoccupazioni per lo sviluppo emotivo dell’altro figlio. All’interno dello spazio proposto, la nostra maggiore attenzione è rivolta a quelle che sono le strategie per fronteggiare le situazioni ad alto impatto emotivo che questi giovani utilizzano, individuando, nel contatto diretto e continuo con i genitori, i fattori di rischio e protettivi di ciascun individuo. Obiettivo ultimo del lavoro è offrire alla famiglia un riferimento nel tempo di fronte a momenti eventualmente critici della crescita del figlio a sviluppo tipico.
Dalla nostra esperienza, così come appare dagli studi sull’argomento, non sembra rilevabile un andamento univoco relativo alla presenza di profili psicopatologici nei bambini fratelli di persone con Autismo. Senz’altro la delicatezza delle interazioni tra fratelli è ben espressa dalle parole di Giada (7 anni):
“Tu lo sai che mio fratello non riesce a parlare? Lui va da una dottoressa per imparare a parlare, a giocare, a rispettare le regole dei giochi, a fare di tutto. È un problema bello grosso che non sa parlare.
La cosa difficile quando sono con lui è giocare, perché lui non è tanto abituato a giocare con gli altri, anzi lui proprio picchia e graffia quando lo facciamo arrabbiare. A lui piace solo giocare con gli animali del mare, allora posso giocare con lui a questo gioco qui: il delfino, i pesci, lo squalo”.
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