di Giulia Ventura, teatro ITC di San Lazzaro di Savena (per Le Parole e la Città, Bologna/San Lazzaro di Savena, 14-20 luglio 2014)
Da alcuni anni il lavoro della cooperativa Accaparlante si intreccia con quello di altre realtà della nostra città, tutte impegnate in ambito educativo e culturale, e si è realizzato un percorso formativo sperimentale che ha avuto come tema centrale l’accessibilità alla cultura. Si tratta di musei, teatri, l’Università, enti pubblici e associazioni private. Insieme abbiamo voluto creare occasioni di formazione per noi e per la città attorno al tema della accessibilità alla cultura, e insieme, utilizzare i diversi strumenti e linguaggi di ognuno di noi per parlare di diversità. La Compagnia Teatro dell’Argine/ITC Teatro è uno dei soggetti che compongono la rete e il progetto “Cultura Libera Tutti”.
Lettera strana, ambigua e balzana è questa povera Acca italiana. Lo si imparava da subito a scuola, l’Acca è diversa, l’Acca non suona. L’Acca non è che una lettera muta triste e depressa, nessuno la aiuta. Povera me, non conto per niente, piagnucolava la lettera fiacca, quando mi leggono non mi si sente, io voglio uscire dall’anonimato, farmi sentire in tutto il parlato, fare le doppie, far l’iniziale, fare dei suoni da TRaSeCoLaRe.
Quasi una lettera, quasi una lettera! Cantilenavano le altre iniziali, chiusa nell’angolo per la vergogna di non essere neanche una lettera degna. Poi un bel giorno la lettera Ci le si avvicinò un po’ incuriosita: Che cosa brontoli rinchiusa così? – chiese – Perché quella faccia smarrita? Credi sia facile essere un’Acca? – rispose tosto la nostra amica – Sono diversa, nessuno mi vuole, se continua così la faccio finita. Ma diverso non è meglio, né peggio, né brutto, né bello, né male, né bene, diverso in effetti è solo diverso, quindi non chiuderti in queste catene. Guarda me per esempio che son la Ci: un pezzo in più a destra e hai fatto una Gi! E se mi schiacci ancora un bel po’? Ecco che nasce la lettera O! Ma se mi guardi più attentamente vedrai che son Ci e Ci solamente. Non ci credo, non mi incanti disse l’Acca indispettita tu fai suoni belli e canti, così è comoda la vita! Ma io non suono, sono muta sembro quasi un cimitero: ora basta, sono stufa, me ne vado per davvero. Ma hai pensato a che succede alle chiese del paese? Giù navate, giù soffitti, Campanili non più dritti! E i biccieri? Poveretti, frantumati in sei pezzetti. Anche il grancio e la sua cèla restan poi in brage di tela. Vedi ora, amica mia, con le altre consonanti è importante che ci sia anche l’Acca là davanti. Io da sola sono Ci, e con te divento K e con altri suoni ancora noi formiamo la parola. E anche l’handicap diventa una parola assai contenta di spiegare al mondo intero la bellezza di un pensiero.