15. Un contagio socialmente trasmissibile
- Autore: Sandra Negri
- Anno e numero: 2016/7 (monografia sui 30 anni del progetto Calamaio)
di Sandra Negri, coordinatrice Progetto Calamaio
I compleanni sono spesso momenti di riflessioni e bilanci. In occasione del nostro trentesimo compleanno, una mattina abbiamo fermato le attività e ci siamo guardati con l’occhio degli altri, quelli che ci incontrano a scuola, ai convegni, o che fanno con noi un pezzo di strada attraverso esperienze condivise. Oppure con il nostro occhio di 10, 20 o 30 anni fa. E abbiamo riguardato il nostro gruppo e il suo percorso. Ci siamo chiesti a che punto siamo e quale sia oggi la caratteristica più avvincente del Progetto Calamaio. Questo un estratto del nostro lungo incontro.
A livello di contenuti, l’aspetto per noi più avvincente è rappresentato dalla sfida di fare diventare interessante una realtà – la disabilità – che di per sé non è interessante.
Sul piano della nostra professionalità ci sembrano interessanti e significative caratteristiche quali:
- il contatto diretto tra animatori disabili con bambini e insegnanti;
- ognuno si può sperimentare con le proprie capacità, e le proprie abilità con i propri tempi;
- sentirsi protagonisti del proprio lavoro, potendosi reinventare e continuare a esprimere la propria professionalità, anche nei cambiamenti personali;
- rendere felici i bambini con il nostro lavoro e vedere felici noi stessi;
- le cose che facciamo ci danno tante soddisfazioni – anche se gli obiettivi che ci poniamo non sono obiettivi semplici – che fanno bene alle persone e a noi.
Le relazioni tra noi, sia sul piano umano che professionale portano in sé aspetti importanti:
- rapporto alla pari tra disabili e normodotati e ruolo attivo dell’animatore con disabilità;
- ironia e autoironia data dalla consapevolezza e che permette di relazionarsi con l’altro in modo leggero, senza perdere di vista la realtà;
- conoscenza e consapevolezza di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse;
- gruppo unito tra disabili e non, nella leggerezza.
Fra tutti, ci sono alcuni termini a me molto cari: capacità, cambiamenti personali, consapevolezza…
Ogni percorso è fatto di passaggi e cambiamenti. Anche il nostro è stato ricco di momenti e occasioni che hanno portato sempre qualcosa di nuovo: persone, competenze, idee, opportunità. Fin dai primi passi il gruppo è stato il terreno fertile per riflessioni, approfondimenti dei contenuti a partire dalle esperienze di relazione fra noi. Era ed è importante vivere sulla nostra pelle l’esperienza delle relazioni che porta alla consapevolezza. Questo ci permette di non impostare i nostri incontri di animazione e formazione solo su basi teoriche ma soprattutto su una base di solida e ricca esperienza che prima di tutto ha modificato in noi atteggiamenti e vissuti.
Il Progetto Calamaio è stato avviato da un piccolo gruppo di giovani uomini e donne con disabilità che nel proprio percorso di vita avevano avuto numerose occasioni di lavorare sui propri strumenti personali e sulle proprie autonomie. Per loro la consapevolezza di ciò che volevano e potevano chiedere e dare era una delle tappe della strada che stavano e stanno tuttora percorrendo. Nel tempo però ci siamo resi conto che queste tappe non sono presenti nel percorso di tutte le persone con disabilità. Questo può accadere per fattori personali, sociali, familiari, tipologia di deficit. Ci siamo dovuti chiedere se lavorare all’interno del Progetto Calamaio fosse possibile solo per qualcuno. Domanda che si tradurrebbe in un interrogativo ancora più difficile: l’inclusione, la valorizzazione delle proprie abilità – quali e quante esse siano – la possibilità di giocare un ruolo attivo nella propria vita e nella vita collettiva è solo per qualcuno o può concretamente essere per tutti?
Cosa succede se arriva nel nostro gruppo una persona con disabilità che ha una scarsa o assente consapevolezza di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse? Se non si conosce, se non è abituata a parlare di sé… Cosa succede se i bambini o gli adolescenti le fanno domande scomode e delicate sulla sua disabilità che rischiano di metterla in crisi?
La prima volta in cui Lorella venne in una scuola elementare come osservatrice la rassicurammo dicendole che nei primi incontri non avrebbe avuto un ruolo attivo, ma che era possibile che i bambini la coinvolgessero con le loro domande e curiosità, che all’interno dei nostri incontri vengono appositamente sollecitate perché la disabilità non sia un tabù e se ne possa parlare apertamente. Lei rispose che non aveva nessuna intenzione di rispondere ad alcuna domanda dei bambini perché fin da quando era piccolina ricordava di essere stata guardata dagli altri in modo strano e curioso e non ha mai vissuto bene l’essere oggetto di attenzione per via della sua diversità. Come partenza non fu delle migliori. Ma per capire se ci fossero margini di lavoro con lei, dovevamo farle toccare con mano il ruolo educativo che l’animatore con disabilità del Progetto ha in classe. Le abbiamo così assicurato che non avremmo lasciato che i bambini la coinvolgessero. E così è stato. Lei si è sentita al sicuro e, osservando la collega Stefania mentre si relazionava con i bambini attraverso le attività, si è letteralmente tuffata nell’incontro e ha sentito di potersi esporre da protagonista in un contesto che le riconosceva un ruolo attivo importante, per lei e per i ragazzi.
Il Progetto Calamaio deve essere per tutti. Ma allo stesso tempo, quando siamo a scuola e incontriamo i bambini, i ragazzi, gli insegnanti e i genitori dobbiamo garantire professionalità, qualità del lavoro e un contesto emotivo sicuro sia per i colleghi con disabilità che per i partecipanti.
C’è stato un momento in cui abbiamo cominciato a lavorare in modo specifico sul percorso che ognuno di noi deve fare per acquisire le competenze necessarie allo svolgimento di questo lavoro. Abbiamo cominciato a puntare molto su una formazione professionale che passasse da una formazione personale che ci portava tutti a familiarizzare con i contenuti del progetto ma anche con i vissuti legati al rapporto con la disabilità nostra e degli altri, con i tabù e i non detti legati ai deficit e agli handicap, compagni di strada e di lavoro di ognuno di noi.
Ci siamo piano piano accorti che il progetto Calamaio aveva in sé un’ulteriore grande risorsa. Il lavoro finale nelle scuole comportava un lavoro personale di consapevolezza e di accettazione di chi la disabilità la vive in prima persona, sulla propria pelle: le persone con disabilità, le famiglie, le strutture che essi frequentano, i servizi socio sanitari del territorio…
Ha preso forma così un percorso educativo specifico mirato alla consapevolezza di sé, di chi siamo, cosa vogliamo, cosa ci piace e cosa non ci piace. Cosa sappiamo, cosa vogliamo, cosa possiamo e cosa no.
Da diversi anni abbiamo così strutturato il nostro tempo del lavoro su attività diverse. A fianco dei momenti di progettazione, programmazione degli incontri, contatti e collaborazioni con le scuole e con le realtà del territorio, hanno preso posto momenti laboratoriali in cui lavoriamo su di noi; ci raccontiamo a noi stessi e al gruppo, per vivere e aggiornare l’esperienza che poi proponiamo a scuola.
Succede così che, come qualcuno ama dire, il Calamaio macchia di persona in persona. Un lavoro svolto dentro le quattro mura del Cdh diventa socialmente trasmissibile attraverso le relazioni familiari, amicali, lavorative.
naviga:
Ricerca libera
Argomenti
Associazione “Centro Documentazione Handicap” – Cooperativa “Accaparlante” – via Pirandello 24, 40127 Bologna. Tel: 051-641.50.05 Cell: 349-248.10.02
Continua a leggere:
- 12. I volontari del Servizio Civile: come l'esperienza del Calamaio incide sulla loro formazione
- 22. Un orizzonte
- 21. Sei Lustri. Il Progetto Calamaio e il lavoro nelle scuole… anno dopo anno
- 20. Per una didattica dell’inclusione. Il libro modificato e la collaborazione con le scuole medie “Saffi”
- 19. L’alternanza scuola-lavoro. Le ragazze del Liceo “Da Vinci” in stage al Calamaio
- 18. La messa alla prova. Il gruppo educativo incontra il servizio di Giustizia Minorile di Bologna: l’esperienza di Elia
- 17. Acca, racconto teatrale con Abbecedario
- 16. La Quinta Parete. Lo spettatore è uno sguardo che racconta
- 15. Un contagio socialmente trasmissibile (Pagina attuale)
- 14. Un'esperienza di tirocinio
- 13. Il mio anno al Calamaio
- 1. Sostenere il cielo
- 11. Tanto è ancora possibile
- 10. Normalizzazione
- 9. Il rapporto con i servizi socio educativi del territorio
- 8. Pensieri di animatori: i protagonisti del Progetto Calamaio
- 7. Intervista con la "Marchesa"
- 6. E' ancora azzurro l'inchiostro sul Calamaio
- 5. Perché a scuola. L'esperienza di un maestro
- 4. Un'idea forte
- 3. Il nostro Calamaio. Dialogo tra due animatori vecchia data
- 2. I Fab Four