10. Ripensare un nuovo modello di welfare. Le clausole sociali e l’esperienza del Comune di Bologna
- Autore: Francesco Errani
di Francesco Errani, consigliere comunale
L’inserimento delle clausole sociali negli appalti pubblici
Gli enti locali sono chiamati a promuovere la responsabilità sociale d’impresa delle aziende del territorio ma anche ad agire in modo diretto, dando un chiaro indirizzo sociale alla spesa pubblica, attraverso la stipula di convenzioni con associazioni e cooperative di tipo B e l’inserimento di clausole sociali negli appalti per favorire l’inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio. Si tratta di un intervento strategico di politica attiva del lavoro, che consente di adottare misure di sostegno a carattere non assistenziale, senza aumentare la spesa pubblica.
La creazione di opportunità occupazionali mediante lo strumento degli appalti è partita a Bologna nel 2013, con l’approvazione da parte del Consiglio comunale del Regolamento delle procedure contrattuali per l’inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio. Le ragioni del provvedimento vengono individuate nell’interesse pubblico all’acquisizione di beni o servizi mediante l’appalto e al corrispondente interesse che tale acquisizione avvenga mediante l’inserimento lavorativo di cittadini in condizione di svantaggio. In questo contesto, le clausole sociali sono da considerarsi come un ulteriore obiettivo, esplicitato nel bando di gara, teso a tutelare il principio della libera concorrenza, il mantenimento dei posti di lavoro e l’inserimento lavorativo di persone in situazione di svantaggio.
L’approvazione del Regolamento comunale sull’inserimento delle clausole sociali nelle procedure pubbliche d’appalto ha come obiettivo l’integrazione tra aspetti sociali e condizioni contrattuali, attraverso una politica di appalti pubblici socialmente responsabili. Di fondamentale importanza è una disposizione del Regolamento che prevede di “destinare alla spesa per i contratti di cui all’art. 3 […] una percentuale almeno pari al 5% dell’importo complessivo annuo degli affidamenti” operati dall’amministrazione e che obbliga dunque il Comune di Bologna a destinare tale quota minima, pari al 5% della spesa annua per appalti per le forniture di beni e di servizi, all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Per alcune tipologie di affidamenti, il Comune di Bologna può valutare di inserire un obbligo in capo all’impresa affidataria di eseguire le prestazioni richieste con una percentuale prescritta di lavoratori in situazione di svantaggio sociale. Le imprese potranno fare proposte migliorative e dovranno comunque presentare all’interno della propria offerta anche il piano degli inserimenti lavorativi. Per i contratti di piccolo importo, che non richiedono l’effettuazione di gare, il Comune di Bologna può stipulare convenzioni con cooperative sociali di tipo B che hanno come finalità l’impiego di persone socialmente svantaggiate.
L’esperienza della manutenzione del verde pubblico del Comune di Bologna
La prima applicazione del Regolamento comunale per l’inserimento di soggetti svantaggiati è avvenuta ad aprile 2014, con il bando quinquennale per la manutenzione del verde pubblico, per un valore di circa 33 milioni di euro, che prevedeva l’obbligo, in carico al soggetto affidatario, di impiegare stabilmente persone svantaggiate in numero non inferiore al 10% del numero complessivo dei lavoratori utilizzati per l’esecuzione dei servizi.
L’aggiudicazione definitiva è andata a favore di un raggruppamento temporaneo di impresa (RTI) formato da una grande impresa multiservizi operante sul territorio nazionale con competenza nella fornitura e nella gestione di servizi integrati (ciclo dei rifiuti e altri servizi per l’ambiente, pulizie, parcheggi e trasporti), in collaborazione con cooperative sociali di tipo B che operano nel settore del verde, specializzate nell’inserimento nel mercato del lavoro di persone svantaggiate. L’Appaltatore ha presentato uno specifico programma che riguarda i lavoratori svantaggiati già in organico e i lavoratori di cui si prevede l’inserimento in caso di aggiudicazione dell’appalto. Grazie all’inserimento delle clausole sociali, fra aprile 2014 e dicembre 2017, sono stati impegnati 125 lavoratori in situazione di svantaggio.
La cura del patrimonio pubblico: valorizzare competenze e ridurre pregiudizi
Sempre grazie all’applicazione del nuovo Regolamento comunale di Bologna, che consente di stipulare convenzioni con cooperative sociali di tipo B, è stata fatta la scelta di non selezionare ditte specializzate ma di coinvolgere tre cooperative sociali della città, che da anni lavorano sul territorio anche in ambito edile, per la pulizia da scritte e “graffiti” degli edifici pubblici.
Per l’anno 2014, sono stati resi disponibili 265.000 euro, grazie ad un accordo sul Fondo Anticrisi del luglio 2013, con l’obiettivo di creare occupazione riqualificando il patrimonio monumentale cittadino ed è stato attivato il primo cantiere per la rimozione dei graffiti con interventi su diversi edifici pubblici fra cui l’Archiginnasio e al Teatro Comunale. Nel primo cantiere di ripulitura sono state inserite al lavoro undici persone in situazione di svantaggio.
Nuovo modello di welfare per una città e contesti di vita più inclusivi
Le manutenzioni si sono rivelate una sorprendente occasione per valorizzare tante competenze professionali inutilizzate e per rendere più sicuri e accoglienti i nostri ambienti di vita. Le esperienze descritte, partendo dalla possibilità di dare un indirizzo sociale alla spesa pubblica, coinvolgendo le imprese sociali, i servizi e i lavoratori svantaggiati, suggeriscono esempi di un nuovo modello di sviluppo possibile che supera la logica assistenzialistica.
Il rapporto sull’applicazione del Regolamento conferma finora la positività dei principali indicatori, l’ingresso di nuovi operatori economici, il mutamento delle categorie di svantaggio, la riorganizzazione degli appalti, la differente modalità di applicare la clausola (appalto quinquennale per la manutenzione del verde pubblico e affidamento di pulizia del patrimonio cittadino a cooperative sociali di tipo B).
Viene confermata l’efficacia della scelta del Comune di Bologna che ha favorito l’effettivo inserimento lavorativo di cittadini svantaggiati, a parità di costo: gli appalti con clausola sociale non sono infatti più onerosi di quelli ordinari e non richiedono un aumento della spesa pubblica. L’ampliamento dei beneficiari a tutti i tipi di svantaggio previsti dalle norme nazionali e comunitarie ha consentito l’accesso al mercato del lavoro ad una vasta area del disagio, soprattutto a quella non tutelata da alcuna protezione normativa specifica.
Quali sono le resistenze ancora presenti?
È sicuramente necessario contrastare il pregiudizio sulla presunta scarsa qualità delle prestazioni di tali lavoratori che può andare dal più pragmatico “non sono produttivi” fino al considerarli come un vero e proprio problema. Il pregiudizio ha un ruolo molto forte, afferente al rischio di calo della produttività e al potenziale “disordine” generato dall’inserimento.
Diventa quindi necessaria una attività di mediazione da svolgere all’interno del sistema dei servizi per coniugare i criteri di efficacia ed efficienza nell’erogazione del servizio e della sua specifica missione sociale.
Il nuovo Regolamento comunale deve comportare anche una profonda ristrutturazione del sistema, con affidamenti di maggiore importo e durata e, quindi, migliore stabilità lavorativa, con l’ingresso d’imprese profit e di cooperative sociali di tipo B che possono offrire alle grandi imprese il loro know how per l’inserimento lavorativo. Oggi la maggior parte dei bandi del Comune di Bologna continua ad accordare una preferenza al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con il rischio di premiare il “prezzo più basso”, mentre l’aspetto economico non dovrebbe più essere un fattore determinante per l’assegnazione dei contratti. Per promuovere la qualità e l’innovazione negli appalti pubblici bisognerebbe includere gli aspetti ambientali e sociali(a favore della tutela dell’occupazione e delle condizioni di lavoro nonché a favore dei soggetti svantaggiati), anche per garantire una maggiore professionalizzazione e aumentare la partecipazione delle piccole e medie imprese, incluse le imprese sociali. Inoltre, le attività a maggior contenuto professionale devono comportare la qualificazione dei lavoratori svantaggiati, con la conseguente prospettiva di ampliamento a nuove tipologie di appalti.
I punti di debolezza riguardano anche le difficoltà di bilancio degli enti locali e la difficoltà da parte del mondo profit di attuare i progetti sociali.
Ma i vantaggi sono solo sociali o anche economici?
Può essere sicuramente importante valutare l’impatto economico degli inserimenti lavorativi, provando a quantificare il valore dell’inclusione sociale dei lavoratori.
La clausola sociale genera un valore aggiunto per la comunità, non essendo strumento assistenziale ma mettendo le persone a rischio di esclusione sociale nelle condizioni di diventare produttori di reddito e contribuenti del sistema di welfare. Si tratta di indagare proprio il valore economico dell’attività di inserimento lavorativo, per poter dimostrare con dati oggettivi la ricaduta positiva di questi interventi sull’intera comunità.
L’aspetto economico non può essere ovviamente l’unica chiave di lettura per promuovere l’inserimento lavorativo, altrimenti si corre il rischio di assumere solo un’ottica imprenditoriale che non renderebbe giustizia del lavoro svolto e della funzione sociale di questa politica.
La misurazione del valore economico è comunque opportuna anche per le Pubbliche Amministrazioni, per la valutazione dei programmi e la conseguente allocazione delle risorse nei differenti progetti di sostegno economico per il settore sociale. Un “bilancio sociale di comunità” potrebbe registrare sia il vantaggio economico per ciascun lavoratore svantaggiato inserito che un progetto in grado di misurare la coesione sociale di un territorio.
Per concludere
La politica di un Comune non può limitarsi ad amministrare l’esistente ma deve proporsi come punto di riferimento per orientare la comunità che rappresenta verso scelte e comportamenti di cura delle persone e dei contesti di vita. Vanno ricercate strategie, strumenti e mezzi per mettere tutti e ciascuno su un piano di uguaglianza delle opportunità nella formazione e nella realizzazione professionale. Un modello di società che ha come obiettivo di consentire ai propri cittadini di soddisfare i propri bisogni, valorizzandone le capacità.
Le esperienze documentate provano che le realizzazioni professionali e sociali inclusive costituiscono un vantaggio per tutti. Ciò le fa uscire dal ghetto dell’assistenzialismo e consente loro di proporsi come riferimento per una economia e una società più giusta. Testimoniano la possibilità di vivere come comunità, realizzare concrete occasioni per sperimentare una responsabilità diffusa, basata sulla sussidiarietà, una scelta che contraddice chi teorizza la necessità dell’abdicazione da parte delle Amministrazioni Pubbliche a farsi carico della qualità della vita dei cittadini, attraverso processi di privatizzazione strisciante, finalizzati a risparmi che fanno scivolare verso l’esclusione chi vive già nella difficoltà. Dimostrano infine che fra i servizi territoriali, le imprese profit, a partire da quelle eticamente orientate, le cooperative sociali, l’associazionismo e il volontariato si possono tessere rapporti di collaborazione, generativi di opportunità inclusive. Una Città inclusiva è realizzabile grazie a una rete di soggetti che intrecciano relazioni di condivisione della responsabilità nella reciprocità e coltivano aspirazioni di promozione di una società più giusta. E’ una città che non rinuncia ad essere presidio pubblico dei livelli essenziali di vita e che si fa garante, soprattutto nei confronti dei più deboli, del rischio di iniquità sociale, promuovendo una sussidiarietà che si sviluppa grazie all’apporto delle organizzazioni intermedie della società civile. In quest’ottica, gli Enti locali e i servizi del territorio, realizzando la propria responsabilità politica ed istituzionale, si propongono come cabina di regia di un welfare di comunità, assegnando priorità di spesa e di cura a chi ne ha più bisogno e che vive il rischio di una indigenza umiliante e l’offesa dell’esclusione.
La previsione nei capitolati di appalto di clausole sociali si sta dimostrando un riferimento inclusivo fondamentale che consente di valorizzare le persone, relegate nell’inattività e umiliate dalla mancanza di riconoscimento, collegandone la promozione delle competenze alla valorizzazione di beni comuni (ambientali, culturali e architettonici).
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