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11. Dal fare rete al fare sistema

A cura di Cinzia Tafuro, La Carovana Onlus e Caterina Pozzi, Open Group

Oggi nel mondo del lavoro si utilizza frequentemente la parola innovazione per indicare forse un bisogno di ideare e tracciare percorsi nuovi in grado di fornire risposte diversificate. Spesso però si parla di innovazione di prodotto legando questo passaggio al mondo delle tecnologie e alla loro introduzione nelle varie fasi lavorative e questo fa pensare che l’ambito del sociale ne sia escluso, vuoi per una disabitudine a identificarsi con un prodotto vuoi per preservare la centralità che, nel lavoro in questo settore, rivestono la “persona” e la “comunità”, destinatari principali degli interventi.
Ma innovazione non corrisponde solo a tecnologia. La parola innovare, se utilizzata in ambito socio-educativo, acquista un significato ampio che ne evoca l’imprescindibilità e ne richiama il carattere di sfida che tutta la cooperazione sociale dovrebbe saper cogliere.
La storia di oggi ci impone un’innovazione di sistema intendendo l’insieme di attori che a vario titolo contribuiscono al lavoro sociale e le interrelazioni che tra questi si stabiliscono. Innovare non è solo fare rete ma raccontarsi e agire una visione sistemica di ciò che vogliamo che sia sociale.
Per approdare a questa tappa occorre osare un cambio di paradigma … dal fare rete al fare sistema; un sistema a titolarità pubblica dove le parole committente e gestore si tramutano in responsabile e co-responsabile e il processo dell’accordarsi si basa su una visione comune realmente co-progettata che conduce verso la qualificazione dell’offerta di servizi e non solo. E’ necessario che la cooperazione sociale si chieda cosa significa innovazione di processo in ambito sociale e quali possono essere i modelli di governance da utilizzare sui territori. In che prospettiva la riforma del terzo settore spinge verso l’innovazione? Costruire innovazione significa anche saper essere imprenditivi? Quali sono i bisogni formativi per le realtà sociali? “Quando si parla di innovazione sociale si parla di comunità che si attivano per lavorare sui processi sociali in modo nuovo e innovativo. Poche realtà si stanno muovendo verso questo traguardo, la maggior parte sono ancora all’anno zero – dice Benedetto Linguerri, presidente di Local to YOU – Per poter incidere su una reale innovazione di processo è necessario assumere persone competenti, che abbiano atteggiamenti innovativi e posseggano competenze non solo tecniche ma trasversali, le cosiddette soft skills. Le persone da coinvolgere in questo processo devono possedere una forte capacità di adattamento, avere creatività, essere aperte al cambiamento.
Altrettanto fondamentale è saper utilizzare il digitale in modo preponderante: pervade ogni modello di business e per questa ragione è importante avere un approccio digitale verso la risoluzione dei problemi, basti pensare all’interfaccia con i clienti o all’ambito della promozione”.
“Quello di cui ha bisogno la cooperazione sociale che opera nei vari contesti del disagio, della salute e dell’educazione – sottolinea Tullio Maccarrone, presidente di Anastasis – non è tanto l’innovazione tecnologica tout court (cosa peraltro già in qualche modo praticata), ma la possibilità di disporre di nuovi e sperimentati modelli d’uso delle suddette tecnologie abilitanti, attraverso appositi piani di ricerca e di capitale umano in grado applicare tutto ciò nella propria realtà lavorativa, elevando in maniera significativa la qualità della presa in carico e sfuggendo dalle logiche del massimo ribasso in cui spesso è costretta ad operare”.
“Ci si chiede – prosegue Linguerri – quale formazione può aiutare e sostenere questo processo, ma prima della formazione occorre affrontare il tema del ricambio generazionale nella direzione della cooperazione sociale. Oggi è fondamentale lavorare sulle connessioni, ricavarsi del tempo per approfondire, per poter agire il cambiamento e assumersi la responsabilità del rischio.
La cooperazione crea valore ma la scommessa diventa sapere anche distribuire valore per non rischiare di essere solo semplici erogatori di servizi. Questa è una sfida epocale per tutta la cooperazione sociale e per realizzare questa sfida occorre avere una capacità di investimento molto elevata.
Se pensiamo alle reti da attivare e alle connessioni importanti tra soggetti del territorio, occorre mantenere una matrice cooperativa con una governance che renda snello e chiaro il processo decisionale”.



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