4. Il valore e il senso di appartenenza cooperativo oggi
A cura di Annalisa Brunelli, Giovanna Di Pasquale, Accaparlante Coop. Sociale
Qual è oggi il valore che attribuiamo come cooperatori sociali al senso di appartenenza cooperativo? Trovare oggi una risposta a questa domanda di fondo, implica prendere in considerazione tutte le dimensioni che strutturano valori e identità della cooperazione sociale. Da quella associativa a quella più prettamente aziendale fino alla valenza comunitaria, che va considerata una matrice originaria tra le maggiori anche se spesso latente.
Serve, ora più che mai, un’analisi e riflessione sulla situazione attuale e sul ruolo culturale-politico che la cooperazione, alla luce della propria storia, può svolgere per generare lavoro quanto l’attuale grave disoccupazione richiede e per promuovere e tutelare diritti, ancora e sempre esposti a indebolimento e minacce (basti pensare ai migranti e alle persone più fragili).
Una riflessione che si orienti verso la necessità di fare riemergere e manifestare in modi visibili i caratteri mutualistici e di reciproco appoggio che sono alla base della storia cooperativa, per non spezzare il filo che lega la cooperazione ai suoi valori di fondo, ancor più importanti oggi nell’evitare il rischio di involuzioni, di una mutazione genetica.
E’ un processo riflessivo che va innescato o potenziato, un processo che provi a tenere insieme l’assetto interno con un orizzonte esterno.
Questo significa chiedersi in modo esplicito quanto il senso profondo di appartenenza e le dimensioni relazionali e motivazionali siano presenti nell’esperienza della cooperazione sociale, sia nelle realtà più contenute per dimensione che nei gruppi di lavoro interni delle organizzazioni cooperative più grandi.
E ancora, implica riguardare al patto di coerenza che deve esserci tra la forte coesione fra i soci secondo valori solidali, di reciprocità e mutuo soccorso anche nelle situazioni di difficoltà, e la mission esterna, di sostegno alle persone maggiormente in difficoltà, inclusiva, non speculativa, senza deviazioni strumentali.
Attualizzare le radici
C’è un filo rosso che collega le esperienze cooperative bracciantili di inizio secolo che hanno generato occupazione e maggiori tutele per lavoratori poveri altrimenti sfruttati, con il nascere e lo svilupparsi della cooperazione sociale dagli anni 70, che si è fatta portatrice anch’essa di lavoro per i giovani, con una forte carica propulsiva e di promozione di sé. E questo attraverso la sperimentazione e la proposta di soluzioni nuove e non solo la gestione esternalizzata di molti dei servizi che hanno costruito il nostro sistema di welfare.
Lavorare nella cooperazione sociale è stata, in quel periodo, una scelta di valore culturale, finanche politica, per quanto anche allora, come oggi, ha rappresentato innanzitutto una opportunità di impiego e di un diverso modo di lavorare, pur a condizioni retributive non sempre soddisfacenti.
La cooperazione sociale nel suo percorso storico ha incontrato il tema dell’aziendalizzazione del modello di protezione socio-sanitaria che ha comportato scelte organizzative secondo razionalità aziendale, collocandola spesso nella stretta tra richiesta di servizi, a condizioni economiche progressivamente restrittive, e la necessità di non disperdere il valore professionale e qualitativo del lavoro svolto e dei servizi resi.
Offrire servizi realizzati nel modo migliore possibile ad un costo minore, accessibile, ha certamente comportato un assottigliamento della qualità soggettivamente percepita del lavoro svolto e anche una erosione del senso, del significato dell’impegno reso da tanti co-operatori.
Vi è consapevolezza diffusa tra i lavoratori di questo settore del senso di precarietà e del livello di retribuzione inadeguata legati alla discontinuità delle commesse e alle condizioni spesso penalizzanti dei bandi di gara. Paiono, a questo riguardo, ingenerosi e paradossali i giudizi che vengono espressi nei confronti delle cooperative sociali dalle aree del dissenso sociale, una sorta di pregiudizio che le vede collegate con trattamento privilegiato alle pubbliche amministrazioni e al potere politico, rispetto ad altre espressioni più o meno organizzate dell’associazionismo di base o ad altri soggetti.
Evitare di subire il condizionamento a volte troppo forte delle istituzioni, significa anche non contribuire a creare una nuova categoria di poveri costituita proprio dai lavoratori delle cooperative. Questo stato dei fatti è immediatamente percepibile quando ci sono situazioni di convivenza nei medesimi servizi a parità di professionalità e funzioni svolte di lavoratori del pubblico impiego e di lavoratori delle cooperative a regimi contrattuali e retributivi esageratamente dissimili.
La condizione di fragilità professionale e valoriale è ancora più accentuata e può spezzare quando si assiste:
- ad un uso indiscriminato dei tirocini, sostitutivi di personale regolarmente assunto;
- alla stabilizzazione contrattuale di operatori di sesso maschile, contro la reiterazione di contratti a tempo determinato di operatrici, con evidente discriminazione di genere;
- alla cautela nel partecipare a manifestazioni indette per garantire diritti (di operatori e utenti) per compiacere la pubblica amministrazione di riferimento, dalla quale dipendono le commesse;
- alla sottovalutazione delle competenze progettuali delle cooperative sociali, consegnate ad un ruolo di semplici fornitori di servizi;
E’ necessario allora uno sforzo della cooperazione sociale per riaffermare la propria identità, il proprio valore, le proprie peculiarità nei confronti delle istituzioni preposte e nei confronti delle aggregazioni ed espressioni di società civile, puntando ad una forma di identità aperta, inclusiva, non chiusa, riattivando energie e motivazioni che consentano di riprendere il motto “si può fare”, anche di fronte a sfide difficili.
Il ruolo della cooperazione non può essere subalterno alla pubblica amministrazione; occorre andare oltre all’identificazione come semplice fornitore di prestazioni, per attivare reali coinvolgimenti partecipativi nella progettazione dei servizi, quando invece ci sono le competenze per condividere partenariati con le istituzioni preposte ai servizi di welfare e delle politiche attive del lavoro, assieme alle altre realtà del terzo settore e del profit più socialmente responsabile, in un determinato territorio. Bisogna quindi riaffermare anche il ruolo politico della cooperazione sociale, aprendosi a contaminazioni positive e meticciamenti con le altre espressioni organizzate animate da analoghi valori di riferimento e intendimenti, per dare voce, risposta ai bisogni e ricostruire nelle comunità il tessuto sociale di una convivenza solidale. Il ruolo culturale e politico della cooperazione sociale per un welfare comunitario, interconnesso, di prossimità, comunque vicino e non distante, né burocratico, per chi ha più bisogno.
Ancora, bisogna disporsi ad una progettualità innovativa, e per progettare innovando, bisogna ritrovare o rigenerare il sostrato motivazionale che assieme a contesti cooperativi essi stessi inclusivi, per i co-operatori, possano offrire coesione, appartenenza, identità.
Con una identità forte di cooperatori motivati, che condividono con gli altri membri della compagine associativa un altrettanto forte senso di appartenenza si rendono disponibili le migliori condizioni per confrontarsi anche con compiti gravosi, quasi impossibili e con l’incertezza che è il segno del nostro tempo e della nostra società liquida, senza paura di perdersi.
Si evita cosi, il rischio di essere attratti da falsi miti del profit, diventandone la brutta copia e perdendo il senso del lavoro cooperativo e il suo valore aggiunto, fondamentale quando si opera per e soprattutto con le persone. Offrire una alternativa ad un mondo conformato del lavoro che spesso non valorizza le persone, i lavoratori, in nome del profitto, è ancora un compito importante della cooperazione in generale e di quella sociale in particolare. Anche e soprattutto per i giovani che si avvicinano al nostro mondo abbiamo il dovere di offrire un contenitore con dei valori da condividere, per i quali impegnarsi e realizzarsi.
Su questi aspetti torna evidente la correlazione tra condizioni interne che riguarda il benessere dei co-operatori e la mission solidale in favore dei fruitori esterni.
Quale “carretto” vogliamo avere dietro nel nostro muoverci?
Se si vuole riuscire a reggere la sfida di conciliare l’esigenza di essere sul mercato con l’intento mutualistico e solidale della cooperazione sociale occorre tenere insieme la dimensione della qualità gestionale con quella progettuale e relazionale rendendo espliciti una serie di indicatori di qualità e soddisfazione misurabili e leggibili sia all’interno delle cooperative che dall’esterno.
La ricerca di questi indicatori tiene conto del fatto che la cooperazione sociale ha radici e storia alle spalle ma questo non deve diventare un peso nell’affrontare lo scenario contemporaneo ma una possibilità di rinnovamento e rigenerazione.
La ricerca di questi indicatori ruota attorno ad alcune parole chiave che costituiscono il perimetro delle questioni cruciali intorno a cui si gioca la differenza fra una cooperazione di qualità rispettosa e coerente con i suoi valori fondati ma capace di rigiocarli e rilanciarli per il futuro.
Il rispetto: è il valore essenziale e fondante di ogni possibile modo di declinare e interpretare il lavoro cooperativo.
L’investimento personale e motivazionale: quando il livello dell’investimento personale e motivazionale è carente produce una visione del lavoro cooperativo normalizzata e assimilabile a tanti altri contesti professionali.
La dimensione e il senso di appartenenza: la dimensione è un variabile importante per costruire il senso di appartenenza. La dimensione ridotta rafforza la conoscenza personale e definisce un gruppo investito affettivamente. Quando la dimensione aumenta diventa indispensabile trovare forme di organizzazione per gruppi più piccoli dove si possano recuperare vicinanza e investimento relazionale.
La variabile del tempo: quando le modalità di lavoro interno e/o i rapporti con committenza e clienti impongono tempi troppo scadenzati, pianificati, esiti già predisposti, la ricerca di qualità si affatica e “soffre”.
La selezione del personale: chi viene oggi a lavorare in cooperativa lo fa tenendo conto del fatto che si tratta di un lavoro che deve tenere alto il livello di guardia rispetto alla connotazione umana, relazionale oltre che tecnica. Per mantenere alta la qualità delle azioni occorrono professionalità trasversali, complementari e un giusto mix di mescolanza di profili.
La forte intenzionalità imprenditoriale: significa innanzitutto che la cooperativa sociale deve avere intenzione e consapevolezza del suo essere impresa.
La chiarezza della mission: tenere strettamente unito il “bene” economico con l’etica delle scelte e la cura delle relazioni.
Un bilancio sano: positivo, chiaro, trasparente è indicatore essenziale per la qualità del nostro lavoro.
La tangibilità dei buoni risultati economici: il riscontro è dato dal restituire ai soci lavoratori in modo tangibile e concreto i buoni risultati economici, ovviamente quando ci sono.
Il valore sociale dato dalle persone: è centrale e deve restare tale, la consapevolezza che il nostro valore sociale sono le persone e che per trasmettere il benessere fuori occorre agire per il benessere all’interno.
L’autonomia nelle scelte: è questa autonomia, non contrapposta all’inserimento in reti e accordi, che permette indipendenza di giudizio e celerità nelle scelte.
La curiosità: un indicatore di qualità importante è dato dalla curiosità di fare cose nuove, sperimentarsi in modalità ed ambiti non tradizionali, spezzare gli automatismi e la routinizzazione degli interventi.
L’investimento nella formazione continua: per mantenere e rafforzare un atteggiamento esplorativo, curioso, aperto, l’investimento nella formazione continua si pone come un altro indicatore di qualità del nostro lavoro che deve essere presente.
Il riconoscimento sociale: questo indicatore è sia in indicatore della nostra capacità di essere riconosciuti come “portatori” di qualità che uno degli obiettivi che ci prefiggiamo. Per fare questo è indispensabile sia attivarsi verso l’esterno portando le nostre Cooperative fuori dalle nostre sedi e dai servizi che essere credibili dal punto di vista della proposta culturale che ci caratterizza.
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