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19. Trasferire sensazioni: il metodo Trager

di Luca Manghi, educatore Trager e operatore della relazione d’aiuto/counselor in Gestalt.

Il progetto si è svolto in tre mattinate, a cadenza settimanale, in ottobre e novembre 2014.
È stato utilizzato il metodo Trager, altrimenti detto Integrazione Psicofisica o approccio Trager.
Nel corso di ogni mattinata, l’operatore corporeo/educatore Trager che ha condotto l’attività ha inizialmente offerto dei semplici momenti di trattamento agli educatori, seduti su una sedia. Questi hanno poi a loro volta, coadiuvati dal conduttore, somministrato la stessa esperienza a tutti gli altri operatori, evocando in essi alcune specifiche sensazioni di benessere. Così facendo, tutti gli operatori si sono appropriati delle sensazioni, e poi, opportunamente guidati dai suggerimenti evocativi del conduttore, le hanno trasmesse agli utenti attraverso il contatto attento, rispettoso e dolce delle loro mani sul loro corpo. Sono così passate sensazioni di accoglienza, di alleggerimento, di sentirsi più liberi nel proprio corpo, di rilassamento dei tessuti, di abbandono del sistema nervoso, di scioglimento della tensione cronica, per arrivare fino al rilassamento profondo. Questo, pur in persone in condizione di spasticità cronica.
Chi ha ricevuto è stato posto in una condizione il più possibile rilassata e comoda, di fiducia nell’operatore, in modo da favorire la disponibilità all’aprirsi e l’esperienza passiva. Per tutti, è stato creato l’ambiente adatto a potersi immergere nel presente, in modo da favorire il vuoto mentale. Per chi ha operato, è stato indispensabile il fatto di essere privi di pensieri distraenti, totalmente presenti alla sensazione del proprio corpo, del corpo dell’altro e del silenzioso passaggio di informazione che avviene durante il contatto.
In estrema sintesi: sulla base del metodo Trager, abbiamo trasferito un certo stato di sensazione dall’operatore al ricevente, attraverso le mani dell’operatore che, toccando il soggetto in zone recettive e attraverso particolari modalità, hanno raccontato al corpo/mente del ricevente come sarebbe il suo corpo – o quella parte del suo corpo – se tutto fosse a posto, in condizione ideale. E il ricevente ha accettato il messaggio, lasciando la sua condizione [di tensione, n.d.r.] di partenza per adottarne – temporaneamente – una nuova e migliore. Così descritta sembra una cosa un po’ fantascientifica, ma il messaggio è effettivamente sempre passato: anche se gli operatori non erano degli esperti del contatto corporeo, è passato.
Il metodo Trager, che prende nome dal medico americano che lo ha concepito e poi diffuso in tutto il mondo occidentale, Milton Trager, può essere praticato a livello individuale o in incontri di gruppo. Durante le sedute individuali il soggetto può ricevere l’approccio Trager da seduto, da sdraiato o in movimento, in base alle sue esigenze e alle sue possibilità motorie. Grazie a movimenti leggeri e per nulla invasivi, l’approccio Trager aiuta a sciogliere tensioni fisiche e mentali, portando una sensazione di rilassamento e di profondo benessere e incrementando la mobilità del corpo. Non si occupa della patologia in quanto tale, ma della persona, operando sul tutt’uno corpo/mente, e mobilizzando tessuto, muscoli, ossa e articolazioni, ecc, ma soprattutto indirizzando, attraverso il sistema nervoso, informazioni di cambiamento terapeutico alla mente del paziente. È utile per tutti, trattando efficacemente problemi come cervicale, lombalgia, mal di schiena o dolori articolari; ma è soprattutto osservando i risultati ottenuti sulle persone più gravi che ci si rende conto della profondità della sua efficacia. Impiegato sotto controllo medico e in sinergia con terapie cliniche ha dato risultati positivi anche nel trattamento di sclerosi multipla, morbo di Parkinson, forme spastiche acute, lombalgie e sciatalgie acute e croniche, malattie polmonari croniche come l’asma e l’enfisema.
I messaggi trasmessi dall’educatore sono sempre inviti, mai imposizioni. È la persona che decide di accettare, fare proprie e integrare le sensazioni che percepisce nel proprio percorso.
Lo stato di presenza in cui si trova l’educatore durante la sessione è uno stato rilassato e meditativo di contatto con il proprio Sé, condizione essenziale per stabilire una connessione profonda con l’utente.



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