La scuola, la logopedia, la tecnologia si propongono di accompagnare le persone con un deficit uditivo verso un’autonomia linguistica che deve diventare anche un’autonomia nell’accesso a testi scritti di difficoltà crescente. Questo obiettivo troppo spesso rimane però raggiunto solo in parte e molte persone sorde crescono con un irrimediabile imbarazzo nei confronti dei libri.
Senza dubbio questa situazione è dovuta al deficit, che riduce l’esposizione alla lingua e quindi non ne consente una perfetta acquisizione; spesso, però, ci siamo interrogati se in realtà non ci sia anche qualcosa nel modo in cui proponiamo l’accesso ai libri che, invece di aiutare, radicalizza ancora di più la scarsa passione per i testi scritti (elemento che siamo rassegnati a constatare nei nostri alunni).
Forse alcune cose diverse si potrebbero fare, altre si devono continuare a fare come sempre, ma con una maggiore consapevolezza dei rischi e dei limiti.
Partiamo da questo punto: siamo tutti abituati ad affrontare il problema della scarsa autonomia degli studenti con sordità rispetto al testo, fornendo loro un testo alternativo semplificato da un professionista dell’educazione (insegnanti o educatori). La semplificazione del testo è d’altronde necessaria, sia per affrontare i contenuti, sia per velocizzare i tempi. Certo va fatta con metodi precisi e con una chiara idea di quali siano i punti di maggiore difficoltà nella lingua scritta per le persone sorde: sintassi, morfologia verbale, povertà lessicale, ecc. Alcune indicazioni generali possono essere di usare un lessico univoco e chiaro, ma anche specifico in modo da introdurre parole nuove volta per volta.
Si può utilizzare una sintassi semplice ma corretta, con frasi brevi e poche subordinate, evidenziare le parole chiave e creare eventuali “rubriche” di supporto per la spiegazione dei significati nuovi. Si può inoltre segnalare visivamente gli indicatori spazio-temporali e i nessi causa-effetto e usare sempre quando possibile disegni e supporti grafici, colori, simboli.
Ma dobbiamo stare molto attenti. La semplificazione di un testo può paradossalmente complicarne la comprensione, per il fatto di infrangere le regole che contraddistinguono la testualità; per cui a forza di semplificare si finisce per non avere più un testo ma una somma di frasi. Quando un testo viene manipolato si possono ottenere effetti contrari a quelli attesi: ad esempio un aumento dell’ambiguità come conseguenza della riduzione della ridondanza.
La conseguenza è che lo studente non esposto a testi veri e propri finisce col non acquisire le regole che governano la testualità, e quando infine si trova di fronte a un testo vero si sente spaesato e frustrato. L’elaborazione di un testo adattato deve quindi essere costruita su misura dello studente a cui è destinata e tenere conto delle sue esigenze e risorse, ma non deve sostituire il testo originale, di cui deve costituire invece una sorta di guida alla lettura e allo studio.
Il testo autentico è infatti un forte sostegno alla motivazione alla lettura, mentre un testo non autentico può provocare disinteresse e rifiuto.
Abbiamo usato non a caso il verbo “adattare” e non “semplificare”. Il punto è riuscire davvero a fare un’operazione diversa. Non si tratta di semplificare, che è un procedimento che appiattisce, impoverisce e banalizza. Non è questione di rendere più o meno complesso un testo ma di renderlo compatibile con la capacità di gestione dell’utente, continuando a mantenere gli elementi che stimolano la capacità di elaborazione e crescita della competenza.
E per i più piccoli? È davvero una soluzione far finta che i testi scritti non esistano, dando per scontato il fatto che siano inaccessibili? Noi pensiamo che sia necessaria una precoce esposizione alla lingua scritta e al libro, sin dalla scuola dell’infanzia. I libri devono essere accessibili sia fisicamente, sia nei loro contenuti. Per questo sarebbe bene abolire ogni forma di barriera al libro, a partire da quelle fisiche: la scuola dell’infanzia dovrebbe essere dotata di una biblioteca, a cui i bambini abbiano libero accesso, possano entrarci liberamente, toccare i libri, manipolarli.
Per loro nelle nostre scuole stiamo realizzando un salone-biblioteca concepito proprio in questo modo, e con un’attenzione particolare anche ai contenuti e alle modalità di primo approccio alla testualità.
Tra queste modalità abbiamo individuato per i più piccoli o per quelli più in difficoltà, i racconti in coppia minima fonologica, il cui obiettivo è quello di esporre i bambini, in modo divertente e accattivante, a forme della lingua che normalmente non sono abituati a cogliere. I racconti fonologici sono storie composte da frasi brevi, illustrate da semplici disegni che facilitano l’accesso alla lettura. Le parole non sono scelte a caso, ma secondo un progetto che è nella mente dell’ideatore, che seleziona parole simili foneticamente, ma molto diverse nel significato, creando vere e proprie coppie minime fonologiche (come ad esempio: po-pu-pa-pe). I racconti fonologici creati e sperimentati prima in ambito riabilitativo, e poi da educatori, insegnanti e genitori, si propongono di offrire stimoli nell’attività di discriminazione e identificazione dei fonemi, che sono il primo mattoncino con cui è costruita la lingua; di ampliare il lessico di base; di individuare le sequenze spazio-temporali, i rapporti causa-effetto, i concetti topologici; di allenare la memoria e indurre attenzione al rapporto tra grafema e fonema. I disegni sono in bianco e nero per fare in modo che si possano fotocopiare, così successivamente i bambini possono colorarli a piacere per personalizzare meglio il racconto e farlo proprio. Se si vuole, il disegno stesso può essere realizzato insieme al bambino. Le frasi sono sempre scritte in stampatello maiuscolo per fare in modo che i bambini possano leggere da soli i racconti capendone il significato, per esempio a casa insieme ai genitori. Attraverso quello che a loro sembrerà un gioco, i bambini hanno la possibilità di imparare fonemi nuovi o che pronunciavano con difficoltà, e di consolidare parole già conosciute in contesti diversi, ma soprattutto vivere un primo approccio alla testualità e alla scrittura, in un’età in cui spesso questo non succede.
Per saperne di più:
Continua a leggere:
- Leggere per vivere
- 1. Introduzione
- 2. Ci riguarda, ci appartiene. Leggere in luoghi sensibili
- 3. Le storie curano l’anima
- 4. La differenza non è una sottrazione: disabilità e libri in viaggio
- 5. Libri: linfa e aria per crescere liberi
- 6. L’universo di carta dei bambini sordi
- 7. Alcuni editori raccontano
- 8. Esperienze tattili nella scuola e nell’editoria
- 9. A spasso con le dita
- 10. Libri tattili: belli e utili anche per chi vede
- 11. Testi disadattati e accesso alla lingua scritta (Pagina attuale)
- 12. Pagine amichevoli per “lettori riluttanti”
- 13. Rallentare la pagina per velocizzare la lettura
- 14. I libri senza parole
- 15. I bambini con sordità e la lettura: analisi di un problema
- 16. I libri “su misura”
- 17. Il Centro Ausili Tecnologici e l’accessibilità al libro
- 18. Trovare nelle biblioteche libri per tutti
- 19. Il progetto “Leggi come vuoi e dove vuoi”
- 20. Altri progetti e servizi