Skip to main content

15. I bambini con sordità e la lettura: analisi di un problema

Da più di 10 anni anche in Italia si moltiplicano le iniziative che promuovono la lettura ad alta voce con bambini in età prescolare, nella consapevolezza che questa esperienza, oltre a creare le basi per l’abitudine alla lettura, migliora la relazione tra genitori e bambino e ha un effetto positivo sul suo sviluppo linguistico, favorendo la comprensione della lingua e potenziando la conoscenza lessicale (1). I bambini con sordità, tuttavia, che trarrebbero un grandissimo vantaggio da un’esposizione precoce alla lettura, rischiano spesso di essere esclusi da questa importante esperienza, per ovvie ragioni legate al loro danno uditivo, ma non solo.
Da un lato, infatti, la sordità ostacola o impedisce (a seconda della severità del danno uditivo) la ricezione del segnale acustico, anche di tipo linguistico; l’ascolto di una storia, lungi dal risultare un’esperienza gratificante, naturale e spontanea, si rivela quindi un’operazione difficoltosa e complicata che non permette al bambino sordo di scoprire, ad esempio, che il libro contiene un testo, che questo contiene informazioni e che queste informazioni si ottengono leggendo. In realtà, riconoscendo che per i bambini con deficit dell’udito la lettura è un obiettivo prioritario, per compensare l’impossibilità di vivere l’ascolto di una storia alcune realtà educative favoriscono sistematicamente il rapporto precoce con l’oggetto-libro secondo metodologie innovative ed efficaci.
D’altro canto, l’accessibilità al libro non garantisce quella al testo: se così fosse, ogni ostacolo cadrebbe per incanto nel momento in cui ogni singolo bambino sordo impara a leggere. In assenza di un disturbo specifico rispetto al compito di lettoscrittura, molti bambini imparano a leggere e a scrivere, ma non capiscono quanto leggono, e la comprensione autonoma di un testo resta spesso per loro un obiettivo irraggiungibile. Osserviamo le difficoltà di questa ragazza di 14 anni:

Mara era una bambina piena di paure… Per il suo compleanno la sua madrina le regalò uno scialle rosso ricamato con fili d’oro, dicendole – E’ uno scialle magico, chi lo indossa perde ogni paura!”.

Logogenista: Cosa regala la madrina?
Alunna: La madrina regala uno scialle rosso
Logogenista: Perché la madrina regala lo scialle rosso?
Alunna: Perché c’è il compleanno di Mara
Logogenista: La madrina poteva regalare un libro, una penna, un fiore. Perché sceglie lo scialle?
Alunna: Perché lo scialle è magico
Logogenista: Che magie fa?
Alunna: Fa i fili d’oro

In questo caso, le difficoltà di comprensione vanno ricondotte agli effetti che la sordità preverbale può avere sull’acquisizione della lingua storico-orale, in particolar modo nell’area della morfosintassi. Quando nel bambino il deficit uditivo determina un handicap linguistico, gli è precluso non solo quanto non sente per i limiti del suo apparato uditivo, ma anche quanto non capisce del testo scritto per i limiti della sua competenza linguistica. Avendo ben chiara questa doppia difficoltà, una legata al danno uditivo e l’altra al problema linguistico, Bruna Radelli, ideatrice della Logogenia (2), affermava che il bambino con sordità dovrebbe poter avere sempre a disposizione “un tavolo pieno di libri, da sfogliare, annusare, provare, prendere e lasciare” e rifletteva su come creare testi ad hoc per bambini e ragazzini, molto ricchi nella struttura sintattica e del tutto privi, invece, di figure.
Nel mondo della scuola, invece, spesso si preparano testi ad hoc per il bambino sordo che hanno caratteristiche opposte: ricchi di figure, densi di contenuti scolastici importanti e semplificati, ma impoveriti nella struttura sintattica. In effetti, i ritmi della scuola richiedono agli allievi con sordità uno sforzo maggiore rispetto agli udenti, dato che a loro è richiesto di sapere anche quello che non possono udire né capire attraverso la lettura autonoma. Per l’apprendimento dei contenuti didattici risultano dunque cruciali sia la mediazione linguistica condotta dall’insegnante di sostegno e dall’assistente alla comunicazione sia il loro lavoro di riduzione e semplificazione dei testi, spesso arricchiti di schemi e disegni. La rimozione delle difficoltà linguistiche del testo di fatto ovvia sul momento all’incapacità del bambino di accedervi autonomamente, ma naturalmente non risolve il problema. Col tempo, anzi, questa strategia rischia di consolidare l’idea che si legga per eseguire un compito, per imparare una nozione e non per capire e, soprattutto, mai per il piacere di farlo e di scoprire autonomamente cose nuove, magari lontanissime da quelle insegnate a scuola. Inoltre, il filtro creato dalla mediazione linguistica può generare una sorta di dipendenza che non porterà l’alunno a essere autonomo nella comprensione spontanea di un qualsiasi testo (e quindi, per questo, semplicemente, non leggerà mai nulla).
Le cose non devono tuttavia per forza andare così: il bambino con sordità può essere condotto a un’esperienza personale e non mediata di lettura che ne garantisca il piacere, principale motivazione del continuare a leggere. In logogenia, ad esempio, sviluppiamo percorsi specifici che non rimuovono le difficoltà dal testo, ma offrono ai bambini coinvolti gli strumenti linguistici per superarle: si crea un ponte tra il bambino e il testo, ma il testo viene lasciato così com’è, con le sue luci e le sue ombre, con la sua ricchezza e con la sua complessità. Allo stesso tempo, cerchiamo di diffondere tra gli operatori, con corsi e seminari, una modalità di lavoro che accompagni il bambino alla scoperta delle informazioni del testo, sia quelle esplicite sia quelle che restano implicite per ragioni sintattiche o in quanto frutto di inferenze. Guidato e sostenuto da domande mirate che portano continuamente la sua attenzione al testo, il bambino arriva a capire autonomamente quanto legge e la scoperta stessa di poter capire è una fonte di gratificazione che lo incoraggia a perseverare nel compito. Osserviamo la comprensione e le capacità di inferenza di questa bambina sorda di 10 anni:

“Oh, se è per questo – risponde l’autista – ho anche un elefante sul balcone, ma non so se potrò tenerlo, perché si soffia il naso con le lenzuola della signora Teresa”.

Logogenista: Chi ha un elefante?
Bambina: L’autista
Logogenista: Dove ha un elefante?
Bambina: Ha un elefante sul balcone
Logogenista: Cosa non sa l’autista?
Bambina: Se può tenerlo
Logogenista: Perché l’autista forse non può tenere l’elefante?
Bambina: Perché l’elefante si soffia il naso con le lenzuola della signora Teresa Logogenista: Dove sono le lenzuola della signora Teresa?
Bambina: Non c’è scritto
Logogenista: È vero, non c’è scritto, ma puoi capirlo.
Bambina: Io penso che c’è un’altra casa vicina e con il poggiolo vicino a un altro poggiolo che c’è l’elefante. Le lenzuola della signora Teresa sono sul poggiolo.
Logogenista: Perché le lenzuola della signora Teresa sono sul poggiolo?
Bambina: Perché prima erano bagnate
Logogenista: E dopo?
Bambina: Sono asciutte
Logogenista: Perché si asciugano?
Bambina: Perché c’è un bel sole

 

Il testo e il libro possono dunque rivelarsi un prezioso alleato, possono diventare la sua àncora di salvezza, una via di fuga o una vera patria, insomma possono essere tutto ciò che sono per un udente e probabilmente anche di più, visto che in parte possono sostituire l’esperienza orale della lingua. La lettura infatti, in questo modo, diventa una stimolazione linguistica che compensa i limiti di esposizione agli input imposti dalla sordità, e fa sì che il leggere si trasformi in una meravigliosa esperienza di autonomia e di scoperta.

Per maggiori informazioni:
d.musola@logogenia.ite.franchi@logogenia.itwww.logogenia.it

  1. Musola, La comprensione del testo in Logogenia, in “Disabilità uditiva e scuola nella società globalizzata. Dai bisogni alle strategie di intervento: metodologie a confronto in un’ottica europea”, Atti del 50° Convegno AIES, Siena, Cantagalli, 2005.
    E. Franchi, D. Musola (a cura di), La logogenia come strumento di indagine dell’autonomia linguistica dei sordi in italiano: metodo e primi risultati, Cafoscarina, Venezia (in stampa).

    NOTE
    (1) Dal 1999 anche l’Italia partecipa al progetto Nati per Leggere, a cura dell’Associazione Culturale Pediatri e dell’Associazione Italiana Bibliotecari. Per maggiori informazioni si veda il sito www.natiperleggere.it.
    (2) B. Radelli, Nicola vuole le virgole. Dialoghi con sordi: introduzione alla Logogenia, Bologna, Decibel-Zanichelli, 1998.



Categorie:

naviga: