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Scuola: divieto di inversione a “U” – Superabile, gennaio 2009 – 1

Il dibattito sulla riforma scolastica è ormai da tempo avviato, e sono tante ed autorevoli le voci che hanno espresso opinioni a riguardo, per lo più critiche. Mi è capitato sotto mano, con qualche giorno di ritardo, un bell’articolo di Michele Serra (La Repubblica, 24 settembre 2008), che affrontava il tema, allargandolo ad ogni aspetto della vita culturale, dal punto di vista della “complessità – semplicità”, intesi come modi alternativi di avvicinarsi al mondo e tentarne interpretazioni e rielaborazioni. Il discorso, riferito alla riforma scolastica, in particolare alla reintroduzione del maestro unico, e al di là di questioni strettamente politico-partitiche, regge benissimo e fa emergere spunti piuttosto interessanti.
Serra sostiene che la complessità viene ormai intesa come un lusso che la società, e quindi la scuola, che di essa è parte e spesso specchio, non può più permettersi.
L’editoriale, ovviamente, si articola in modo più compiuto, ma a me interessa integrare alcune riflessioni del giornalista riguardo all’auspicata, da molti, semplicità o semplificabilità del mondo.
Ci sarebbe tanto da dire, questi però mi sembrano aspetti particolarmente paradossali:
– retrocedere ad una visione semplicistica proprio mentre abbiamo a disposizione tutti gli strumenti, anche tecnici, per allargare i nostri orizzonti; e proprio mentre questo allargamento avviene anche a prescindere dalla nostra volontà: è, cioè, un dato di fatto;
– abbracciare un pensiero “semplice” proprio quando l’eterogeneità delle persone, delle loro origini e delle loro culture diventa un elemento vivo e caratterizzante la nostra società;
– fare passi indietro nel riconoscimento dell’inevitabile e irriducibile varietà delle cose dopo che per anni in tanti hanno lavorato perché questo riconoscimento diventasse un sentire diffuso…

Avete presente i segnali di inversione a “U”? Sembra che ci si chieda di intraprendere un cammino di verso contrario rispetto a quello percorso da tanto tempo. Non abbiamo fatto in tempo a ricordare i trent’anni della legge sull’integrazione scolastica; ricorrono i trent’anni della c.d. legge Basaglia…due momenti importanti, per quanto solo aurorali, di un cammino volto anche a mostrare la bellezza delle “cose complicate” e la necessità del complicare per “umanizzare”.
Questo movimento teso al riconoscimento delle differenze, all’integrazione delle diversità, alla complicazione del concetto – contenitore di “umano” non si poteva, non si può realizzare, se alla base c’è un pensiero che semplifica, restringe il campo delle possibilità. Semplificare esclude, tendenzialmente. La semplificazione precede e provoca una perdita.
Non solo, allora, come scrive Serra, gli “strumenti critici (…) rischiano di diventare insopportabili impicci”, ma le persone e le situazioni che creano criticità (e crescita) rischiano di diventarlo.
E’ molto rischioso mettere la scuola nelle condizioni di non poter affrontare questo nodi nella sua proposta educativa, costringendola a ridurre l’insegnamento a trasmissione di nozioni acritica. Proprio perché l’istituzione scolastica sarebbe il primo luogo in cui dovrebbero essere affrontati e discussi.
Mi farebbe piacere che il mio articolo diventasse uno stimolo a segnalarmi tutti i segnali di inversione a “U” che avete già incontrato o, che a vostro avviso, si profilano all’orizzonte. Scrivetemi a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook.

Claudio Imprudente
 




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