ESTRATTO DAL DISCORSO ALLA NAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
“(…) Qui abbiamo accolto anche tante rappresentanze dell’Italia più operosa e generosa. E dell’Italia che soffre, che lotta contro le sofferenze e sostiene l’impegno a combatterle. Mi ha molto colpito l’incontro che abbiamo avuto in Quirinale in occasione della Giornata dedicata alle persone con disabilità: abbiamo visto queste persone non rassegnate, impegnate a esprimere una speranza attiva realizzando al meglio se stesse grazie a una splendida rete di solidarietà. E ciò ci dice che grande è anche il potenziale umano e morale di cui l’Italia dispone (…)”.

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO

Caro Presidente,
La sera dell’Ultimo dell’Anno, mentre ero tutto indaffarato nell’accomodare il mio abito e nell’annodare la cravatta, la TV trasmetteva il suo discorso al Paese. Mi chiedevo se quest’anno avrebbe parlato di disabilità, perché ne avrebbe parlato ed in che modo. Proprio mentre mi stavo ponendo queste domande l’ho sentita ricordare la Giornata della disabilità.
Ed è di questo che vorrei chiacchierare con lei. Innanzitutto mi presento: Il mio nome è Claudio Imprudente. Sono Presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, che da venti anni ormai lavora per una cultura della diversità che possa evidenziare le risorse di ognuno, secondo le inclinazioni e al di là dei limiti personali.
Ho apprezzato il suo discorso, ma trovo necessario che io, in qualità di condottiero di quella “squadra antipregiudizio” che è il CDH, faccia un po’ di chiarezza, riflettendo e giocando con le parole, come faccio di solito nei miei articoli e nelle mie lezioni.
L’accostamento tra sofferenza e disabilità, nel quale è incappato anche lei, è tanto diffuso quanto limitante. Le posso dire per esperienza che quando si è disabili, c’è ben altro da fare oltre ad arrendersi o rassegnarsi alla sofferenza! La vita di un disabile è, un susseguirsi continuo di sfide e ostacoli che impediscono di avvertire quel senso di noia che tanti illustri normodotati da secoli lamentano. I disabili, come e più degli altri, sono chiamati a sfidare la propria condizione, e questa sfida non lascia spazio all’autocommiserazione né d’altra parte al buonismo pietistico.
Innanzitutto vorrei porre un accento sul problema, da lei sfiorato, della realizzazione personale, quale può essere per un disabile, e, se mi permette, vorrei trovare un sinonimo per ciò che lei ha definito “solidarietà”. Cosa serve ad un disabile per realizzarsi? Cerchiamo la formula magica, di cui i politici e gli esperti sono sempre decisi a escludere l’esistenza.
Se esistesse una medicina per auto-realizzarsi, oltre a un componente misterioso, che sarà diverso per ogni mago di sé stesso, normodotato o disabile che sia, non possono mancare due ingredienti che se uniti l’uno all’altro, rendono miracolosa la pozione: comunicazione e relazione! L’identità di ognuno di noi si forma attraverso lo scambio e la relazione con l’altro da sé, perché è questo il solo modo per conoscere e migliorare sé stessi, e nutrirci di emozioni, necessarie al nostro sorriso quanto una succulenta pizza alla mia pancia e l’acqua ai fiori.
Così la formula magica viene ad essere “comunicarelazione”, strana parola che nasce per esprimere la necessità di relazionarsi e comunicare effettivamente dentro una genuina relazione umana. Così la rete solidale di cui parlava lei, si trasforma in questo modo in una rete di relazioni in cui ognuno prende e dona, in cui ci si mette in gioco e si agisce verso gli altri in nome non di una imposta bontà o solidarietà, ma reciprocamente secondo i bisogni e le esigenze di tutti. In questo modo il bisogno di aiuto viene ad essere solo una forma che la relazione tra un disabile e un normodotato acquista, e non più la sola.
E così, crescendo e vivendo all’interno di una fitta rete di rapporti umani, ognuno di noi – e ancor di più chi è portatore di bisogni speciali – costruisce sé stesso, fino a diventare una risorsa utile e cruciale per il contesto in cui vive. E qui nasce, cresce e si valorizza quel “potenziale umano” che lei rintracciava. La disabilità, vissuta con coraggio, con l’intento di mettersi in gioco, di relazionarsi e comunicare, è una sfida, e rappresenta una scommessa vincente per la società che è capace di mettere in condizione i suoi cittadini, disabili e non, di contribuire alla crescita collettiva e al proprio sviluppo sociale, etico, culturale.
Così se quest’anno gli Italiani hanno saputo, anche grazie al suo discorso, che i disabili non sono rassegnati, i prossimi anni potrebbero riconoscere insieme a me e a lei, che se messi in condizione di dare il meglio di sé, possono diventare cruciali per il contesto in cui vivono.
La saluto cordialmente e, che dire?, buon lavoro a Lei e a tutti. Se vuole o volete rispondermi, cliccate su claudio@accaparlante.it
Claudio Imprudente

 

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